di Marcello Veneziani
Ricorderanno oggi a Napoli, il presidente Napolitano e gli altri relatori ufficiali, a sessant'anni giusti dalla sua morte, che Benedetto Croce era un conservatore prima che un liberale e un liberale prima che un democratico? Ricorderanno che diffidava del parlamentarismo, presiedette nel '14 il Fascio d'Ordine e il suo liberalismo esigeva uno Stato forte, autorevole e in casi estremi autoritario? Ricorderanno che Croce era nemico dei regimi totalitari a partire dal comunismo e non fu solo antifascista?
Anzi ricorderanno che prima di diventare il padre nobile dell'antifascismo, don Benedetto sostenne inizialmente il fascismo, lo votò in Parlamento anche subito dopo il delitto Matteotti, ritenne che ci volessero le sue maniere forti per affrontare la crisi e la minaccia bolscevica? Ricorderanno che fu Croce a suggerire a Mussolini di chiamare Gentile a proseguire la sua riforma della scuola? Diranno che Croce non era un liberal ma un fautore dello Stato etico hegeliano, tradotto dalla Destra storica e da Silvio Spaventa?
Ricorderanno che Croce veicolò in Italia autori come Georges Sorel, teorico della violenza e principale ispiratore di Mussolini e del sindacalismo rivoluzionario e fece pubblicare da Laterza autori scomodi come Julius Evola? No, non lo ricorderanno. Diranno di Croce liberale, antifascista ed europeista, grande filosofo e grand'uomo di lettere, anche in senso epistolare, e padre costituente. Che è vero. Ma la verità dimezzata non si addice al filosofo. E in quanto dimezzata ha le gambe corte, come la bugia.
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