Un miliardo e mezzo solo per Montecitorio e Palazzo Madama. Al capo dello Stato 228 milioni in dotazione e un assegno di 260mila euro. E poi rimborsi elettorali, indennità, altre dotazioni, auto blu fanno aumentare i costi della Casta
Ed eccoci arrivati alla «casta», ormai da qualche anno individuata come la causa principale dei mali della Repubblica, come la madre di tutti gli sprechi. Ogni manovra finanziaria che si rispetti cerca di limitare i privilegi della politica limando quanto più possibile i benefit e le prebende sebbene tutte le innovazioni siano rimandate sempre alla legislatura o alla consiliatura successive. E così ogni anno lo stato di previsione del ministero dell’Economia si ritrova ad aver a che fare con oltre 3 miliardi di euro da destinare agli organi a rilevanza costituzionale che naturalmente includono Camera, Senato e Presidenza del Consiglio.
Eppure la prima spesa che si incontra è forse quella più inaspettata. Si tratta della retribuzione del primo cittadino d’Italia, l’unico politico del quale conosciamo esattamente lo stipendio. È il presidente della Repubblica, del quale la legge 372 del 1985 ha fissato in 200 milioni e in 2,5 miliardi di vecchie lire l’assegno e la dotazioni. Di rivalutazione in rivalutazione per il 2011 la previsione dell’Istat dei due capitoli a carico del Tesoro è rispettivamente di 259.513 euro (Irap inclusa) e di 228 milioni di euro.
Seguono Senato (527 milioni circa) e Camera (992,8 milioni). Dei due rami del Parlamento non c’è spesa che non sia stata messa in discussione. A puro titolo esemplificativo si può sottolineare come a fronte di 94,5 milioni di indennità dei deputati vi siano circa 72,7 milioni di rimborsi spese nelle previsioni 2011. Così come certo non fa piacere che per i rimborsi delle spese di viaggio agli ex «frequentatori» di Montecitorio siano stanziati 800mila euro che saranno azzerati dalla manovra estiva. Una cifra analoga a quella che il Senato nel preventivo 2010 aveva stanziato per il noleggio di auto blu (796mila euro). Analogamente non fa piacere che Palazzo Madama destinasse 38 milioni ai gruppi parlamentari.
È la democrazia, bellezza! Forse i nostri rappresentanti ci avranno marciato sopra, ma rappresentare la sovranità popolare e la separazione dei poteri ha un costo: oltre 3 miliardi di euro. Che, a ben vedere, sono inferiori ai 5,2 che i ministeri spendono per agenzie, Authority, commissioni, comitati. I parlamentari, però, sono sotto gli occhi di tutti e la loro inefficienza è direttamente misurabile e proporzionale al tempo passato tra il Transatlantico e i vari talk-show televisivi.
Ma in quei tre miliardi ci sono tanti costi sui quali lo Stato effettivamente può e deve intervenire in virtù della trasparenza delle amministrazioni. Ma diminuire queste spese non può e non deve rappresentare un alibi per sorvolare su altri tipi di costi che nelle prime puntate dell’inchiesta abbiamo osservato, a partire dalle inefficienze della previdenza e dell’assistenza.
Assodato questo, non si può trascurare che 182,3 milioni per i rimborsi delle spese elettorali sono troppi. Si tratta di oltre 3 euro per ogni cittadino italiano e, come si vede ogni anno dai rendiconti dei partiti, non corrispondono alle spese effettivamente sostenute per le consultazioni, di molto inferiori. Si risolvono, perciò, in un contributo per mantenere strutture organizzative più o meno grandi. Nell’epoca di internet bisognerà riflettere sulla permanenza di organismi ottocenteschi.
Ma 180 milioni sono meno della metà dei 400 milioni che il tesoro stanzia per lo svolgimento di elezioni e referendum. La manovra prevede l’election day di modo che non si debbano duplicare costi com’è accaduto quest’anno per Amministrative e referendum.
Quanto costino gli uffici elettorali lo rivela il ministero della Giustizia che per il 2011 ha destinato 173mila euro a presidenti e componenti e 100mila euro per procedure di nomina e funzionamento.Eppure la prima spesa che si incontra è forse quella più inaspettata. Si tratta della retribuzione del primo cittadino d’Italia, l’unico politico del quale conosciamo esattamente lo stipendio. È il presidente della Repubblica, del quale la legge 372 del 1985 ha fissato in 200 milioni e in 2,5 miliardi di vecchie lire l’assegno e la dotazioni. Di rivalutazione in rivalutazione per il 2011 la previsione dell’Istat dei due capitoli a carico del Tesoro è rispettivamente di 259.513 euro (Irap inclusa) e di 228 milioni di euro.
Seguono Senato (527 milioni circa) e Camera (992,8 milioni). Dei due rami del Parlamento non c’è spesa che non sia stata messa in discussione. A puro titolo esemplificativo si può sottolineare come a fronte di 94,5 milioni di indennità dei deputati vi siano circa 72,7 milioni di rimborsi spese nelle previsioni 2011. Così come certo non fa piacere che per i rimborsi delle spese di viaggio agli ex «frequentatori» di Montecitorio siano stanziati 800mila euro che saranno azzerati dalla manovra estiva. Una cifra analoga a quella che il Senato nel preventivo 2010 aveva stanziato per il noleggio di auto blu (796mila euro). Analogamente non fa piacere che Palazzo Madama destinasse 38 milioni ai gruppi parlamentari.
È la democrazia, bellezza! Forse i nostri rappresentanti ci avranno marciato sopra, ma rappresentare la sovranità popolare e la separazione dei poteri ha un costo: oltre 3 miliardi di euro. Che, a ben vedere, sono inferiori ai 5,2 che i ministeri spendono per agenzie, Authority, commissioni, comitati. I parlamentari, però, sono sotto gli occhi di tutti e la loro inefficienza è direttamente misurabile e proporzionale al tempo passato tra il Transatlantico e i vari talk-show televisivi.
Ma in quei tre miliardi ci sono tanti costi sui quali lo Stato effettivamente può e deve intervenire in virtù della trasparenza delle amministrazioni. Ma diminuire queste spese non può e non deve rappresentare un alibi per sorvolare su altri tipi di costi che nelle prime puntate dell’inchiesta abbiamo osservato, a partire dalle inefficienze della previdenza e dell’assistenza.
Assodato questo, non si può trascurare che 182,3 milioni per i rimborsi delle spese elettorali sono troppi. Si tratta di oltre 3 euro per ogni cittadino italiano e, come si vede ogni anno dai rendiconti dei partiti, non corrispondono alle spese effettivamente sostenute per le consultazioni, di molto inferiori. Si risolvono, perciò, in un contributo per mantenere strutture organizzative più o meno grandi. Nell’epoca di internet bisognerà riflettere sulla permanenza di organismi ottocenteschi.
Ma 180 milioni sono meno della metà dei 400 milioni che il tesoro stanzia per lo svolgimento di elezioni e referendum. La manovra prevede l’election day di modo che non si debbano duplicare costi com’è accaduto quest’anno per Amministrative e referendum.
Sono molti? Sono pochi? Su tutto si può opinare.
Sicuramente, sono un po’ ridondanti i tre milioni destinati alle indennità e ai rimborsi delle spese di viaggio dei nostri europarlamentari. E 180 milioni che vanno ai partiti sono la metà dei circa 364 milioni destinati alle spese di funzionamento e obbligatorie della Presidenza del Consiglio. Sono i costi della struttura giacché gli interventi relativi ai singoli dipartimenti senza portafoglio sono a carico degli altri ministeri.
Bisogna inoltre ricordare che sulla somma di 3,1 miliardi impattano per circa 400,5 milioni gli altri organi costituzionali. Avete mai sentito qualcuno lamentarsi per i 52,7 milioni della Corte costituzionale? E lo sapevate che il Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno di giudici e pm, costa 35,3 milioni? In totale fanno 88 milioni ma in pochi ci fanno caso. È altrettanto difficile notare il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro voluto dai padri costituenti perché politica, sindacati, imprese e lavoratori potessero incontrarsi e supportare l’attività legislativa. Oggi si occupa soprattutto di studi e analisi giacché - giusto per fare un esempio - Confindustria e sindacati parlano direttamente con ministri e premier. Il Cnel costa 18,2 milioni nello stato di previsione del Tesoro ai quali si aggiungono 101mila euro del ministero del Lavoro per integrarne la composizione con membri designati dagli Osservatori del volontariato e dell’associazionismo.
La Corte dei Conti, infine, prevede uno stanziamento complessivo di 294,2 milioni di euro. Non si può rinunciare alla magistratura contabile alla quale spetta la sorveglianza sui bilanci di tutto ciò che riguarda le pubbliche amministrazioni (a partire dal Rendiconto dello Stato). Senza la Corte dei Conti non si potrebbe avere nemmeno quel tipo di giustizia che quantifica i danni eventualmente arrecati all’Erario. Ma su quasi 300 milioni chiedere un po’ di sacrificio forse non è un sacrilegio.
Nessun commento:
Posta un commento