lunedì 18 luglio 2011

Ideologica e divisa: la sinistra torna ai suoi vizi storici

di Salvatore Scarpino

Le fibrillazioni che agitano Giuliano Pisapia e la sua scompaginata compagine al vertice di Milano sono il frutto delle disarmonie che momentaneamente segnano il centrosinistra, ma soprattutto costituiscono il frutto della litigiosità guardinga propria della sinistra comunista

Le fibrillazioni che agitano Giuliano Pisapia e la sua scompaginata compagine al vertice di Milano sono il frutto delle disarmonie che momentaneamente segnano il centrosinistra, ma soprattutto costituiscono il frutto della litigiosità guardinga propria della sinistra comunista. C’è una tradizione di occhiuta sfiducia interna. Sin dai tempi di Stalin certa sinistra, prima ancora di concentrarsi sui pericoli e sui nemici esterni, ha indugiato nel valutare il dna sociale e politico dei suoi compagni, pronta a coglierne le deviazioni e le mancanze nei confronti della ortodossia. Le ricorrenti purghe nell’Urss dei decenni precedenti la seconda guerra mondiale sono un segno tragico e illuminante della follia connessa alla ricerca della purezza ideologica.
Grazie al Pci e alle sue alleanze questa deformazione ideologica si è trasmessa a tutta la sinistra, Partito democratico compreso che consuma le sue evanescenti lidearship nazionali e locali nel gioco assurdo del “chi è più puro”.
La questione non era limitata all’Urss ma tramite l’infezione dei partiti fratelli si è sparsa in tutto il mondo.
Nell’Italia degli anni trenta quando un nuovo detenuto antifascista arrivava a Ventotene subito si riuniva la commissione disciplina del Pci e fino a quando non arrivava il verdetto positivo sul nuovo arrivato, questi non poteva ricevere neanche il conforto di un “buon giorno” dai compagni di pena. Restava sospeso nel limbo degli antifascisti senza il dio-partito e detenuti comunisti giocavano così alla rivoluzione.
Chi ha detto che tutte le ideologie sono morte? Talune vivono in una prassi politica quotidiana e invincibile. Basta guardare alle beghe interne del Pd nella nuova giunta per capire che da talune malattie non si guarisce mai. Prendete Giuliano Pisapia, presentato come esponente di una sinistra moderna e anche un po’ moderata. Ebbene per il buon Pisapia i militari impiegati per ridare sicurezza ai cittadini sono una bestemmia contro i dogmi dell’Ottocento e del fronte popolare così, l’avvocato sinistro e moderno prima ha detto sì all’impiego dei militari in città, poi di fatto ha detto no. L’ideologia è salva anche se i cittadini continuano ad aver paura.
Maledetta ideologia. Anni fa la città visse lo scontro di una sinistra che considerava il tram popolare e la metropolitana borghese, sicché si mobilitò per scompaginare il piano trasporti della Metropoli.
Sempre l’ideologia. Di recente Pisapia ha bloccato i piani di realizzazione edilizia che, secondo le previsioni della Moratti avrebbero dovuto garantire trentamila nuovi occupati all’anno nel settore. In questo momento l’edilizia a Milano langue e i disoccupati crescono giorno per giorno. Ma cosa volete che tutto questo importi a una giunta di sinistra: per questa parte ideologica il cemento è impastato direttamente dal diavolo e non contano l’amarissimo pane della mobilità e le sofferenze della disoccupazione. Quel che conta è il trionfo della purezza ideologica.
Milano non meritava questo salto all’indietro, non meritava un governo cittadino che emulasse per litigiosità l’infelice esperimento di Romano Prodi. L’unica speranza è che Pisapia faccia la stessa fine del Professore, travolto dalle beghe che non è riuscito a disinnescare.

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