di Matthias Pfaender
Dopo la denuncia del "Giornale", interviene l’associazione nazionale: "Chi in Val di Susa ha sfruttato i simboli del nostro corpo ne risponderà"
«Scene come quella dell’altra mattina a Susa, con dimostranti che issano la bandiera “No Tav” sul monumento ai caduti, là dove deve esserci il solo tricolore, fanno rabbrividire. E nessun vero alpino vuole avere a che fare con gli autori di gesti simili ».Cesare Lavizzari, consigliere e portavoce dell’Associazione nazionale alpini ( Ana). Eppure molte delle penne nere che domenica scorsa hanno partecipato ai cortei in Val di Susa rivendicano il loro diritto a portare il cappello quando vogliono e a partecipare a manifestazioni come quelle dei «No Tav» in qualità di alpini.
«Intendiamoci: chiunque abbia servito nelle truppe alpine, in servizio di leva o come volontario, ha diritto di indossare il cappello. Ma essere un alpino non si riduce a portare un copricapo. Per noi essere alpino vuol dire molto altro. È una questione di spirito, di animo, di rispetto».
Quindi?
«Quindi nessun vero iscritto all’Ana, e tra i manifestanti in Val di Susa ce n’erano pochissimi, meno di dieci, porterebbe mai, per rispetto al corpo e ai commilitoni, il cappello a un evento simile, consapevole che per forza di cose trascinerebbe tutti gli alpini in una polemica assurda».
C’è chi dice che la vera assurdità sia stata portare 150 militari della Taurinense a Chiomonte per presidiare il cantiere. Si è parlato di tradimento, li hanno chiamati «mercenari», «forze di occupazione».
«Un attacco ai nostri ragazzi inaccettabile. Ma stiamo scherzando? Un reparto in armi non può far altro che obbedire e fare ciò che è stato comandato. Un rifiuto a un ordine, quello sì che sarebbe un attentato alla democrazia. Fermo restando che personalmente ritengo sia stato poco saggio mandare proprio gli alpini in Val di Susa».
Perché?
«Beh, era ben prevedibile che in un territorio montuoso, abitato da moltissimi ex appartenenti al corpo, si sarebbe creato questo tipo di tensione. C’è da dire comunque che se le manifestazioni fossero pacifiche non ci sarebbe il bisogno di inviare alcun soldato a presidiare i lavori».
Ma qual è la posizione ufficiale dell’Ana in tutta questa vicenda?
«Assolutamente nessuna. Non entriamo nel merito e non diamo indicazioni di alcun tipo ai nostri iscritti, che possono manifestare, sempre pacificamente e in modo decoroso, il loro sostegno a qualsiasi causa. Solo ribadiamo che in queste occasioni non possono indossare il cappello con la penna nera».
Eppure c’è chi l’ha fatto .
«E sarà chiamato a risponderne».
A cosa vanno incontro?
«Dipende. Ogni caso è a sé, e sarà esaminato singolarmente. Comunque, le sanzioni dell’associazione vanno dalla semplice censura all’espulsione ».
Alpini che insultano alpini, provvedimenti disciplinari, polemiche. Siamo di fronte alla rottura dello spirito di unità del corpo?
«Assolutamente no,tutt’altro,penso che episodi come questi ci compattino ancor di più. Il portale dell’associazione e la nostra pagina Facebook stanno ricevendo moltissimi messaggi sia da parte di commilitoni che semplici cittadini. Esprimono solidarietà a noi e ai ragazzi schierati a difesa del cantiere e sdegno per la visione delle penne nere tra i fumogeni.
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