sabato 15 giugno 2013

La crisi colpisce anche Unicef Chiude il negozio delle Pigotte


La città dei bambini e delle Bambine. Il titolo onorifico di Cinisello Balsamo rischia di rimanere un ricordo del passato
di Rosario Palazzolo
Il negozio Unicef di Cinisello Balsamo (Spf)
Il negozio Unicef di Cinisello Balsamo (Spf)

Cinisello Balsamo, 15 giugno 2013 - La città dei bambini e delle Bambine. Il titolo onorifico di Cinisello Balsamo rischia di rimanere un ricordo del passato. Con la fine del mese di giugno, in via Garibaldi,chiuderà il negozio Unicef, unico shop nazionale aperto 12 anni fa dall’organo Onu per la tutela dei diritti dei bambini. Un modello che doveva diffondersi in tutta Italia, e che invece si sta spegnendo sotto il peso della crisi economica e dell’indifferenza.
Nel 1986, a Cinisello, la «pasionaria» italo-americana Joe Carceau aveva dato vita alla prima «Pigotta», la bambola di pezza che è diventata simbolo di tutte le più importanti campagne Unicef e che, partendo dalle scuole e dai centri anziani di Cinisello, è diventata un simbolo mondiale di carità e unità tra i popoli. Oggi quel negozio che spedisce le «Pigotte» in tutto il mondo, chiude perché Unicef ha deciso di cambiare strategia, di alleggerire il suo impegno sui territori. Insomma, di ridurre i costi. Il presidio Unicef, che raccoglieva fondi vendendo gadget ad aziende, associazioni e scuole, era più di un semplice negozio.
Il sigillo dell’impegno delle istituzioni per migliorare la condizione dei bambini in una città dove soltanto 20 anni fa erano oltre 400 quelli affidati ai servizi sociali. E dove oggi si fanno i conti con la difficile integrazione dei bambini che arrivano dai Paesi del terzo mondo.
Insomma, la decisione di chiudere una vetrina che ai tempi d’oro raccoglieva oltre 200mila euro l’anno, forse avrebbe potuto essere condivisa con le istituzioni che invece ne sono state informate a fatto compiuto. Rammaricata Jo Garceau, che ha lavorato per Unicef fino al mese scorso nel negozio e che ora, all’età di 76 anni, ha deciso di lasciare.

«È il fallimento di un modello che ha dimostrato di essere buono», racconta Jo con la mente che va alle origini, quando Unicef era riuscita ad entrare in tutte le scuole e a trasmettere l’idea e gli stimoli per realizzare una città più vicina alle esigenze dei bambini. Immigrata di Springfield nel Massachussets, Jo ricorda col suo inconfondibile accento americano la nascita della Pigotta. «Grab dol si chiama – tiene a sottolineare -. Ricordo che mi trovavo in montagna con un amico e gli chiesi: “Come chiamate voi le Grap Dol, le bambole di pezza?”. Lui mi disse: in italiano non lo so, ma in milanese si dice Pigotta».
Jo realizzò le prime insieme agli allievi delle scuole elementari di Cinisello. Poi la passione per queste bambole si diffuse a macchia d’olio. I cinisellesi le costruivano e le compravano reciprocamente. Nel giro di qualche anno la moda si diffuse a livello nazionale. Ancora oggi la Pigotta permette a Unicef Italia di incassare donazioni per circa 2 milioni di euro l’anno, dicono i volontari cinisellesi.
rosario.palazzolo@ilgiorno.net

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