Un bambino che soffre, fortemente condizionato da una malattia che lo limita fin dalla nascita, addirittura col rischio di morte prematura, oltre all’aspetto che lo riguarda personalmente, oltre alla sofferenza che ne scaturisce, l’ingiustizia di un destino e di una natura che si accaniscono senza spiegazioni – sentimenti legittimi (da parte di chi è coinvolto), che però devono indurre unicamente alla tenerezza, all’ascolto, alla comprensione, all’amore senza schemi, alla compassione (nel senso etimologico, del patire insieme) - è anche paradigmatico di un problema molto più profondo.
Mette in discussione i cardini della nuova religione che si sta affermando in Europa e da noi: relativista a livello ideologico (non ci sono verità che ci superano, ma solo opinioni), assolutista nella sostanza (guai a contraddire i suoi dogmi rovesciati); mette in discussione l’idea di felicità anestetizzata, edonista, consumistica, materialistica e fisiologica. Ci ricorda che siamo limitati, che la nostra vita può subire cambiamenti improvvisi (che sfuggono al nostro controllo) e che tutto è appeso ad un filo. Ci ricorda che non siamo onnipotenti e che dobbiamo vivere come se fosse un dono. Una pia illusione in una società come l’attuale, dove modernità fa rima con infantilismo, io-assoluto e narcisismo. Disvalori che non prevedono il dolore, la sofferenza, i problemi, che vengono scientificamente macchiettizzati, deformati, demonizzati, rimossi, banalizzati o enfatizzati per offrirli sull’altare del sentimentalismo.
I cattolici, ad esempio, vengono dipinti come cultori della flagellazione, dei doveri, come mistici del sacrificio.
E allora, di fronte a bambini “condannati” dalla scienza medica, cosa si fa? Meglio sopprimerli con l’eutanasia di Stato, come potrebbe accadere in Olanda (dove l’eutanasia è una consolidata “conquista civile”): l’associazione dei medici ha chiesto qualche giorno fa di far varare un regolamento secondo il quale la si possa applicare anche ai bambini “affetti da malformazioni mortali”. Una proposta che fa il paio con un’uguale iniziativa in Belgio: un progetto di legge di eutanasia da estendere ai minori in condizioni terminali “non in grado di decidere ragionevolmente dei propri interessi”.
Una morte data e procurata, “ovviamente, nell’interesse, per il bene dei diretti interessati”. Non è un omicidio (chiamiamo le cose per nome), ma un regalo. Per evitare che i bimbi “soffrano troppo” e “facciano soffrire” (altro aspetto non secondario) i loro congiunti.
Ecco dove porta la logica laicistica, materialistica che sia qualcun altro, un soggetto terzo (la famiglia, il giudice, lo Stato), a dirci se dobbiamo vivere o morire; che sia qualcun altro a decidere i parametri qualitativi della vita (secondo schemi culturali, ideologici o razionali, “ragionevoli”, si pensi alle posizioni del padre della Englaro).
Ci porta dritti-dritti alla morte di Stato per il nostro bene. La logica opposta che ha spinto Chiara Corbellaa dare la propria vita per mettere al mondo la vita (dopo due figli partoriti ugualmente, nonostante fossero condannati da malattie mortali).
In fondo Hitler ha solo anticipato i tempi: voleva una razza di uomini perfetti, ariani, senza malattie e scelti dallo Stato. La società moderna, la tendenza di certe famiglie è di essere figli di Hitler e del Mulino Bianco: l’etnia giusta e la felicità da quattro soldi, l’assenza di problemi, la rimozione del male (e quindi della vita, che è un mix di gioie e dolori). Tutto nel segno della scienza e del progresso democratico.
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