Tipico del nostro Paese. Anche sugli esodati nessuno è in grado di proporre conti più o meno simili: per il governo sono 65.000, per l’Inps 130.000 e per i sindacati addirittura 350.000; ma quale è il numero esatto? E come è possibile che ci siano tre valutazioni così diverse? Stima del sindacato a parte, stupisce che Governo e Inps non riescano a fornire la stessa cifra: anzi, una è il doppio dell’altra.
Ieri la Fornero ha annunciato di aver concluso i suoi conti:
“Il numero degli esodati è di circa 65mila e pertanto l’importo finanziario individuato dalla riforma delle pensioni, attuata col decreto Salva Italia, è adeguato a corrispondere a tutte le esigenze senza dover ricorrere a risorse aggiuntive”
Che sarebbe, questa, una bella notizia. Ma i conti non tornano. Durante l’audizione alla Camera il direttore generale dell’Inps, Mauro Nori, ha parlato di 130mila lavoratori: 45mila quelli in mobilità, altri 13-15mila inseriti nel fondo di solidarietà del credito e 70mila quelli usciti dal lavoro sulla base di accordi volontari.
Per i sindacati, che oggi scendono in piazza, gli esodati sarebbero 350.000; chiaramente c’è qualcosa che non va. Intanto, vale la pena ricordarlo, si tratta di persone, di uomini e donne, che si trovano in una situazione disperata. Invece sembra si tratti solo di numeri. Di calcoli. Di matematica.
Una cosa dovrebbe essere certa: chi ha sbagliato i conti deve vergognarsi e andare a casa. Se la Fornero ha sbagliato si dimetta immediatamente, perchè se gli esodati saranno molti di più bisognerà trovare ulteriori risorse, e l’errore enorme è della sua riforma (che a questo punto diventerebbe completamente inutile). Se ha sbagliato l’Inps, il suo direttore Mastrapasqua se ne vada immediatamente: tanto non dovrebbe avere problemi di tempo libero. Stesso discorso per i sindacati.
Oppure, caso ancora più grave: c’è chi gioca con i numeri. Se il governo, con un trucchetto contabile, abbassa il numero degli esodati allora la situazione è preoccupante e intollerabile.
Ma scommettiamo che non sapremo mai quanto sono realmente gli esodati? E’ l’Italia.
CHI SONO GLI ESODATI?
Gli esodati sono tutti quei lavoratori che dopo la Riforma della pensione rischiano di restare di fatto senza lavoro e senza stipendio. Come mai? Perché con l’innalzamento dei requisiti per accedere alla pensione si trovano in una terra di nessuno: capita magari a chi ha lasciato, con incentivi, il posto di lavoro in attesa della pensione, che sarebbe arrivata in poco tempo. Ora, con la riforma, quel “poco” tempo diventa drammaticamente un periodo molto lungo: si tratta di due, tre anni, o forse più.
AGGIORNAMENTO 14-4-2012
Il Ministro Fornero scrive al Sole24Ore e ammette che i 65.000 sono soltanto “i primi”. Per gli altri? Cercheranno una soluzione…
fonteCaro direttore,
una questione di metodo e una di merito. Con riferimento all’articolo di Salvatore Padula, pubblicato ieri sul Sole 24 Ore, mi preme fornire alcuni elementi di chiarimento a proposito della vicenda dei cosiddetti ‘salvaguardati’.Anzitutto, il «balletto delle cifre». Non ritengo che si possa accusare il ministro, né il ministero, della varietà di stime e quantificazioni di diversa provenienza che ha caratterizzato le ultime settimane alimentando, oltre all’ansia, la legittima preoccupazione delle persone.Nè sarebbe stato appropriato, in attesa della valutazione ufficiale, correggere le cifre di volta in volta apparse sui giornali.Né sarebbe stato appropriato, in attesa della valutazione ufficiale, correggere le cifre di volta in volta apparse sui giornali. Ricordo anche che nessuno sarà toccato dagli effetti della riforma previdenziale nel corso del 2012 e che il «salva Italia» ha fissato al 30 giugno il termine entro il quale emanare il decreto interministeriale per la precisa individuazione delle persone portatrici del diritto soggettivo al pensionamento, secondo la normativa in vigore prima della riforma.Di tale individuazione, non immediata per la varietà delle situazioni coperte, è stato incaricato un tavolo tecnico, istituito presso il ministero, di cui lo stesso Inps era parte. Il tavolo giovedì ha fornito la cifra, sia nel suo complesso sia nella sua articolazione per categorie di ‘salvaguardati’. La cifra complessiva, 65mila, è apparsa sia in contraddizione con quanto dichiarato il giorno precedente dal direttore dell’Inps in commissione Lavoro della Camera, sia assurdamente inferiore proprio alle stime precedentemente divulgate dalla stampa. Rispetto a queste ultime, non conoscendone l’origine, non intervengo. Rispetto a quelle fornite dall’Inps posso invece affermare che non vi è necessariamente contraddizione, essendo differenti l’oggetto e le finalità delle stime.A quanto mi risulta, la risposta del direttore generale dell’Inps riguardava una platea potenziale riferita anche ad accordi che esplicheranno i loro effetti, con l’uscita effettiva dei lavoratori dall’impresa, nell’arco dei prossimi quattro anni, mentre l’individuazione del tavolo tecnico ne delimitava il numero, nonché la ripartizione nelle diverse tipologie, in base a quanto indicato dal decreto «salva Italia» e dai successivi emendamenti parlamentari in sede di conversione in legge del decreto milleproroghe.
Sul piano del merito, proprio la consapevolezza di una platea non coperta da un’interpretazione stretta dei criteri individuati nella riforma delle pensioni, mi ha indotta ad assumere un impegno ulteriore circa l’adozione di provvedimenti normativi che possano ricomprendere situazioni analoghe scaturenti da accordi collettivi, stipulati in sede governativa, entro il 2011, ma non ancora perfezionati quanto a interruzione del rapporto di lavoro.Il numero di questi ulteriori lavoratori, peraltro, non è al momento stimabile in modo preciso giacché il perfezionamento dell’accordo richiede, in molti casi, che il lavoratore aderisca all’intesa.
Incompetenti ed incapaci, un esempio dell'Italia da cambiare
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