venerdì 13 aprile 2012

Il WSJ si ravvede: “Su Monti c’eravamo sbagliati”. E adesso persino FT e Bocconi scaricano il prof

Quando Monti fu nominato presidente del consiglio il Wall Street Journal, il quotidiano di economia e finanza largamente ritenuto il più informato ed autorevole del mondo, si lasciò andare a sperticate lodi del prof varesino, indicato come l’uomo giusto per risollevare le sorti non solo dell’Italia, ma anche dell’Europa e della sua traballante moneta, con ciò recando sollievo anche all’economia americana e del resto del mondo. Ma già dopo il varo delle norme per la recrudescenza della stretta fiscale, non accompagnate da adeguate misure per la crescita, affiorarono le prime perplessità. Al punto che l’antagonista per antonomasia del WSJ, lo schizofrenico quotidiano londinese Financial Times, che auspicando anche lui l’avvento di Monti era arrivato a titolare a caratteri cubitali “In Nome di Dio, Berlusconi, vattene!”, già ad una decina di giorni dal suo insediamento prese le distanze dal premier italiano titolando con enfasi: “Se Monti è questo, chiediamo scusa a Berlusconi”. Ma il WSJ, nonostante tutto, continuava ad appoggiare la politica di Monti nella speranza che questo attuasse le riforme promesse. Neanche la delusione per i pacchetti di misure sulle liberalizzazioni e quelle di semplificazione, ritenute blande e contradditorie, fece cambiare idea sul prof al quotidiano di Manhattan che puntò tutto sull’epocale riforma del lavoro annunciata da Monti.
E quando il premier rivelò il contenuto di tale riforma avvertendo le parti sociali “Questa è, che vi piaccia o no, e non accetteremo cambiamenti”, ecco che il WSJ vide nell’ex rettore della Bocconi una moderna reincarnazione di Margareth Thatcher. Il paragone era suggerito dal famoso braccio di ferro che si svolse tra la cancelliere inglese e le Trade Unions, in particolare quello con i minatori, che si protrasse per un anno, al termine del quale i lavoratori dovettero capitolare e cedere alla Lady di Ferro senza condizioni. Quando Iron Lady lasciò il potere, il Sole 24Ore scrisse nel 1990 : “Nel momento in cui la signora Thatcher lascia il suo incarico, sentiamo il bisogno di esprimerle la nostra profonda riconoscenza perché ha liberato il suo Paese, parte importante della nostra grande Europa, da un sindacalismo irresponsabile, supportato da leggi che davano alla Trade Unions un potere distruttivo. Perché ha fatto le privatizzazioni sul serio e ci ha insegnato come farle, anche se, ahinoi, qui in Italia non abbiamo imparato nulla.” Però, un paio di giorni fa, dopo il cedimento di Monti e Fornero alla CGIL, il WSJ è tornato sui suoi passi ed in un editoriale dal titolo “Surrender, Italian Style”, (Resa all’italiana) s’è di fatto scusato per aver sostenuto una persona non degna di esserlo. Un j’accuse sprezzante quello del WSJ, che con quel “all’italiana” un po’ xenofobeggiante quasi sembra voler rievocare sinistre ed ignominose pagine dell’italica storia, da Caporetto all’8 Settembre, dall’abbandono dell’Istria e degli istriani al loro destino, alla codardia rosso-partigiana delle Fosse Ardeatine, fino agli Anni di Piombo e Schettino. La cosa non è andata giù al professore che, presi carta e penna, ha assunto un’iniziativa che non ha riscontro in Occidente a memoria d’uomo: per difendere la propria riformetta ha scritto una lettera al WSJ, che l’ha pubblicata esponendolo al pubblico ludibrio.
Tempo sprecato.
Chi spera di convincere il Prof, se quando parla con la CGIL ed il PD afferma che l’ex art.18, ora art. 14, prevede il reintegro dei licenziati per motivi economici non legittimi, se poi alla Confindustria ed al PdL racconta che questo, in pratica, non è vero, che è solo un trucchetto? A giudicare dai sorrisi compiaciuti di Bersani e Camusso e l’incavolatura della Marcegaglia la versione più attendibile ed aderente alla verità sembra la prima, piuttosto che la seconda. Ed è questo che ha scatenato le ire del quotidiano newyorkese che scrive testuale: “Il dietrofront del governo sul lavoro, rinunciando a eliminare tout court il reintegro nel caso di licenziamento economico illegittimo, è una resa a coloro che vorrebbero portare l’Italia vicina all’abisso della Grecia”.
Tra l’altro, il WSJ sottolinea con sarcasmo che se il dato ufficiale della disoccupazione in Italia è del 9,3 %, il tasso di impiego è solo del 57 %, contro il 73 % della Germania ed addirittura il 65 % del Portogallo, ovvero che c’è un 43 % di potenziali lavoratori permanentemente esclusi dal mercato del lavoro in Italia. Figuriamoci, quindi, se questa era una manovra da edulcorare. Ma le critiche a Monti non arrivano solo da oltre Atlantico o dal di là della Manica. Sentite che ne pensa della riformetta Monti-Fornero il prof. Maurizio Del Conte, docente di Diritto del lavoro presso l’Università Bocconi di Milano, uno al quale converrebbe osservare un religioso silenzio sul tema visto che tra qualche mese il permalosissimo e vendicativo Monti tornerà ad essere il suo capo come rettore dell’università milanese. “L’idea di fondo, afferma partendo dalle partite Iva, è quella di disincentivarle, perché si presume nascondano rapporti di lavoro subordinato. L’intento, di certo, è lodevole. Tuttavia, si potrebbe determinare un’aurea di illegittimità su tutto il lavoro autonomo (cioè fare di tutta l’erba un fascio, ndr). Abbiamo, infatti, un enorme serbatoio di lavoro autonomo, anche qualificato, che sarebbe un gravissimo errore criminalizzare. Dobbiamo prendere atto del fatto che il mondo e il modo di lavorare sono cambiati, e che ci sono molte possibilità al di là della subordinazione che non vanno guardate necessariamente con sospetto. La riforma, quindi, rischia di omologare tutto e di affossare la competitività del nostro sistema, mettendo sullo stesso piano elementi virtuosi e distorsioni abusive”. Poi l’affondo sull’art.18, ora 14, e sulla nuova disciplina dei licenziamenti: “Sfido chiunque a leggere il nuovo articolo 18, afferma, e trovarlo un norma chiara, che semplifica la precedente normativa”. Secondo Del Conte, in particolare, “il fatto che si sia reintrodotta la reintegra per il licenziamento oggettivo ci restituisce, di fatto, la situazione precedente. Il licenziamento non coperto dalla reintegrazione, con la nuova formulazione, è un’ipotesi residuale (ovvero non si verifica mai in pratica e saranno tutti reintegrati, ndr). Vorrei sapere, infatti, come sarà possibile discernere realmente, tra insussistenza, assoluta insussistenza, o inconfigurabilità del motivo oggettivo: andrà a finire che un giudice, di fronte ad ipotesi del genere, non avrà difficoltà ad affermare, semplicemente, che il motivo è insussistente ed a ordinare la reintegra”.
Ecco fatto, ipse dixit, uno studioso della parrocchia di Monti. Noi questo lo abbiamo scritto e riscritto e ci torneremo sopra quando avranno deciso come ulteriormente svilire e deformare questa bozza di riforma. Ma cresce il timore fondato che se prima il mercato del lavoro era “ingessato”, adesso sta per essere sepolto sotto una gettata di cemento a presa rapida. Nessuno snellimento della burocrazia, niente facilitazioni di credito, nessun incentivo ad investire e ad creare occupazione, tutta la gestione delle uscite in mano ai rosso-togati, costi del lavoro accresciuti.

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