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a telenovela sulla morte di Mussolini si arricchisce di un nuovo capitolo: l’ennesimo, per la verità. A scriverlo è un esperto di medicina legale, il professor Giovanni Pierucci, il quale, sulla base di un incrocio tra l’esame delle traiettorie dei colpi sparati sul Duce e quello svolto sui reperti autoptici eseguiti sul cadavere, avrebbe stabilito che il capo del fascismo sarebbe morto alcune ore prima di quanto affermato dalla cosiddetta “versione ufficiale” consegnata alla storia dagli esecutori materiali. Cioè alle 16.10 del 28 aprile 1945, davanti al cancello di Villa Belmonte, a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como, per mano di un "commando" inviato dal leader del Pci Luigi Longo e formato da agenti di provata fede comunista, come il colonnello “Valerio”, alias Walter Audisio, e Aldo Lampredi, “Guido”, uomo del Comintern allevato alla scuola leninista di Mosca.Il nuovo studio, reso possibile dai nuovi e sofisticati strumenti di analisi offerti dalle tecnologie informatiche, è rivelato in un dvd curato dal giornalista Fabio Andriola, esperto "dongologo" e direttore di Storia in Rete. Lo scenario che emergerebbe dalla ricostruzione del perito non è peraltro nuovo e riferisce che Mussolini sarebbe stato ucciso ben prima delle 16 di quel fatidico 28 aprile; ma vi si aggiunge tuttavia un elemento nuovo: la colluttazione. Cioè, si sarebbe trattato di tutt'altra cosa che di una rituale e "normale" esecuzione, introdotta - secondo la vulgata storiografica finora dominante - dalla formula "in nome del popolo italiano".
In attesa di apprendere i particolari di questo studio, che in ogni caso non avrebbe un valore probatorio assoluto, in assenza di nuovi documenti, non è azzardato affermare che il contributo scientifico offerto all’opinione pubblica riporta in primo piano la questione della serrata competizione (per non dire lotta) che ebbe luogo tra le varie correnti della Resistenza per gestire le operazioni riguardanti la sorte del dittatore. Se, infatti, i comunisti premevano per la eliminazione sommaria del Duce, le forze moderate del Cln erano notoriamente inclini a una soluzione diversa, che prevedeva la consegna di Mussolini agli americani e la sua futura deposizione in un processo sul genere di Norimberga. Gli interessi dei comunisti, coi loro stretti alleati azionisti e socialisti, erano in questo senso convergenti con gli obiettivi dei britannici, per i quali il Duce vivo (con i documenti a portata di mano, come è il caso del famoso carteggio con Winston Churchill) avrebbe significato uno smacco intollerabile, a causa di quanto avrebbe potuto svelare sui segreti maneggi che portarono all’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940.
In ogni caso, la querelle sulla morte del Duce appare destinata a non avere termine, finché non sarà prodotto il documento inoppugnabile che taglierebbe la testa al toro: la sequenza filmata della fucilazione, che probabilmente neppure esiste, nonostante qualche fanfaluca circolata in proposito anche in anni recenti. Dopo la drammatica e macabra esposizione dei cadaveri di Dongo a Piazzale Loreto, il 29 aprile ’45, il sipario non solo non è mai calato sull’intera vicenda, ma è iniziata la ridda delle ipotesi, delle testimonianze e delle rivelazioni su ciò che è senza dubbio uno dei più appassionanti gialli del nostro tempo. Perciò, ancora una volta, non resta che affidarsi alle parole con le quali un grande maestro di giornalismo, Tommaso Besozzi, aveva raccontato l’enigma della morte del bandito Giuliano: "Di sicuro si sa solo che è morto".
di Roberto Festorazzi
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