Le distanze che il Pd ha preso dall’imbarazzante Filippo Penati mi fanno ricordare quell’uomo politico che alcuni anni orsono fu “beccato” mentre faceva salire in auto un trans. Anche lui ebbe il trattamento di forzato all’anonimato e trasformato in un signor nessuno. Vuoi nascondere un albero? Mettilo in una foresta. Elena, ilgiorno.it
MI È VENUTA in mente una pagina della «Ragazza di Bube», il romanzo di Carlo Cassola, quella in cui descrive l’amarezza del giovane partigiano mandato in galera e abbandonato dal partito, il Pci, da cui si aspettava protezione, essendosi reso colpevole di un grave reato. Si sfoga Bube con la sua ragazza: «Sono stati loro a rovinarmi. Ho capito che la mia colpa non era niente in confronto a quella degli altri. Dimmi un po’, Mara: non è forse vero che mi hanno spinto a fare quello che ho fatto? C’è stato forse qualcuno che mi ha fermato? (...) Li odio, non voglio più saperne. Perché sono più colpevoli di me e se ne stanno liberi a godersi la vita». Storie ed epoche diverse ma che hanno forse in comune una concezione quasi sacra del partito, che va difeso anche calpestando i crediti dei più fedeli.
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