Di Stefano Di Francesco
Risulta spesso difficile riuscire determinare le cause per cui il debito nelle società moderne risulti così troppo spesso fuori controllo e necessiti di misure straordinarie quanto inefficienti per essere riportato a dimensioni più rassicuranti.
Oggi si discute molto delle cure necessarie per intervenire sull’indebitamento, sulle politiche di riduzione della spesa pubblica, vendita di asset da parte degli stati, elevazione dell’età pensionabile, sganciamento dei salari dalle dinamiche inflazionistiche e via dicendo.
Quasi mai però ci si chiede come mai sia stato possibile arrivare a questo punto, con debiti colossali e che riguardano tutti i paesi del mondo.
Osservando con attenzione il seguente grafico, credo si possa riuscire ad intuire da cosa ha avuto origine la dinamica fuori controllo del debito americano:
fonte: www.cobraf.com
Dal grafico del debito federale degli Stati Uniti si nota che fino ai primi anni ’70, l’ammontare di questo era ben inferiore ai 5 miliardi di dollari, mentre dal 1971-73 la sua entità ha incominciato ha crescere a dismisura, sino a raggiungere e superare oggi i 20 miliardi di dollari ( 10 volte il nostro debito pubblico!!)
Cosa ha potuto determinare un incremento del debito così consistente in neppure 40 anni, visto che nei quasi 40 anni precedenti era si cresciuto, ma nulla di paragonabile agli incrementi attuali?
Esistono almeno tre ordini di cause che han determinato questa crescita:
1 – l’abolizione degli accordi di Bretton Woods del 15 agosto 1971 con cui si cancellò la convertibilità del dollaro in oro; da allora l’intera emissione e creazione monetaria è basata sul nulla, risultando essere un puro fatto contabile;
2 – dal 1979 in poi, l’allora governatore della FED, Paul Volcker (nominato presidente della Federal Reserve nell’agosto 1979 dal presidente Jimmy Carter e riconfermato nel 1983 dal presidente Ronald Reagan), alzò i tassi d’interesse negli USA dal 5 al 16% come evidenziato dal grafico seguente, creando le premesse per una crescita fuori controllo dei debiti federali (che puntualmente si ebbe).
Inoltre,in quegli anni sventurati, Guido Carli e Beniamino Andreatta sancirono il divorzio tra la Banca d’Italia ed il Tesoro, obbligando di fatto lo Stato italiano a pagare interessi sul debito dell’ordine del 15% ( ovvero in 6 anni il debito sarebbe raddoppiato) facendolo esplodere in termini sia assoluti che relativi. Il grafico che segue mostra l’andamento dei tassi d’interesse pagati sul debito (linea rossa) confrontati con l’inflazione dal 1958 al 2012:
E’ interessante notare come prima del 1981, i tassi praticati sul debito fossero inferiori all’inflazione, mentre dopo quella data sono restati sempre ben al di sopra di questa, offrendo talvolta guadagni a doppia cifra. Di questa irresponsabile gestione del debito pubblico protagonista fù,assieme all’intera classe politica connivente, Carlo Azelio Ciampi, Governatore della Banca d’Italia, che ebbe il merito, durante il suo mandato, di portare il debito pubblico dal 62 al 118,4% del Pil. Ovviamente, tale prodezza venne in seguito premiata con riconoscimenti politici ed una carriera folgorante (Presidente del Consiglio, Superministro dell’economia, Presidente della Repubblica);
3 – dagli anni ’90, la graduale cancellazione dei dazi nei confronti della Cina, India e delle Tigri dell’Est, la nascita del WTO con la conseguente eliminazione delle barriere commerciali, hanno prodotto enormi deficit commerciali nei paesi occidentali (Italia compresa) con conseguente progressiva perdita di moneta circolante. Infatti, mentre fino alla fine degli anni ’80, pur tra mille difficoltà, eravamo un Paese ricco che “produceva ed esportava”, a seguito delle politiche di folle liberismo degli anni ’90 siamo stai consegnati inerti e disarmati al cospetto del mercato, trasformandoci in una nazione di “consumatori ed importatori”.
Queste considerazioni fin qui fatte attengono forse più alla sfera finanziaria che a quella economica, ma se volessimo sintetizzare gli effetti mostruosi dell’esasperato ricorso alla moneta –debito e della globalizzazione senza regole, potremmo senza ombra di dubbio osservare il grafico che segue, nel quale viene mostrato come, gli effetti della finanza abbiano trovato immediato riscontro nella vita di tutti noi, andando ad incidere in modo drammatico sulla creazione di posti di lavoro.
A partire dagli anni 90, quella che era stata la crescita annua media di occupazione intorno al 2,1% nelle economie occidentali, ha subito una drastica flessione sin quasi azzerarsi,con le conseguenze che noi tutti oggi constatiamo.
Un ultimo pensiero è per coloro che ancora oggi si dicono convinti che occorrano orde di migranti per lavorare in Italia e più generale nelle economie occidentali; dal grafico si vede chiaramente che posti di lavoro nuovi non se ne sono creati più a partire dagli anni ‘90, perlomeno in maniera tale da necessitare di manodopera d’importazione.
L’unico tangibile effetto che ha prodotto la massiccia immigrazione in Italia è stato il livellamento verso il basso dei salari, che di fatto ha spiazzato una enorme massa di giovani italiani confinandoli ai margini del sistema economico. Senza tale immigrazione, fuori controllo fin dall’origine, le imprese avrebbero dovuto pagare il giusto per il lavoro delle nuove leve che certo, avrebbe aumentato i loro costi nell’immediato, ma avrebbe anche indotto un incremento della domanda e dei consumi, quindi, in ultima istanza dei loro ricavi.
In sintesi, ora sappiamo alcuni dei nomi e cognomi di coloro che hanno contribuito in modo così irresponsabile alla distruzione di una generazione, alla disgregazione del tessuto sociale, alla perdita di speranza, all’inaridimento dell’umanità. Ricordiamocelo quando ci chiederanno di nuovo il voto per continuare a distruggere quel che resta di un Grande Paese.
fonte: ioamolitalia.it
Vedi anche: Bellissimo articolo su signoraggio, sovranità monetarie ed eurocrazia pubblicato da Magdi Allam su "Il Giornale"
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