martedì 27 marzo 2012

Crisi, il Portogallo ora recita lo stesso copione di Atene


di Micaela Osella 

Avviso ai naviganti. L’emergenza sovrana non è finita. In Europa sono sparse qua e là tante piccole Atene, pronte a divampare. Mentre in Ucraina continua il braccio di ferro con il Fondo monetario internazionale per ottenere nuovi aiuti, è ilPortogallo a ritagliarsi il ruolo clou. È sulle tristi note del fado che rivive l’incubo di un fallimento. E sempre più analisti sono convinti che la Grecia non resterà un caso isolato.

Presto la seguirà Lisbona: potrebbe aver bisogno di ristrutturare il suo debito su livelli ormai insostenibili. Meglio ancora guardarsi le spalle anche da Spagna, Italia e Francia. Perché come dice John Mauldin, esperto americano e guru dei mercati, ilcontagio è tra noi.

Atene è salva o, come dice Standard&Poor’s è in “fallimento parziale”. Di certo per gli addetti ai lavori questa non è la fine della storia. L’Europa non ha voltato pagina. La crisi del debito cambia volto, non sostanza. Dall’Egeo si è spostata a Kiev. E lì in Ucraina che si sta giocando la partita delicata legata ai nuovi aiuti. Per il momento i soldi dal Fondo monetario internazionale agli oligarchi non ci saranno. Leggendo tra le pieghe delle profezie per l’Eurozona sarà però il Portogallo il prossimo fronte a infiammarsi.


Con lo spread dei titoli lusitani schizzato a oltre 1.200 punti, che costringe il governo del premier Pedro Passos Coelho a pagare tassi al 14%, la paura ha ripreso quota. Temono i governi dell’Euro di dover riaprire i cordoni del fondo salva-Stati per la seconda volta, come successo già con la Grecia. Lo ha detto senza troppi sussulti Mohamed El-Erian, amministratore delegato di Pimco, il più grande fondo obbligazionario al mondo. Lo ha segnalato anche l’ex consigliere esecutivo della Bce, Lorenzo Bini Smaghi.

Con quel “Al Portogallo serviranno nuovi aiuti per 100 miliardi di euro se non riuscirà a finanziarsi sul mercato fino al 2016 e all’Irlanda altri fondi per 80 miliardi” ha dato forma ai pensieri degli analisti. Non è un mistero: Lisbona convive con undebito pubblico al 107% del Pil, anche se a ben vedere è quello privato a quota 280% a ingarbugliare la situazione.

Il problema, dicono in molti, è che in Portogallo ogni settore – dall’amministrazione pubblica a quello delle famiglie, dalle aziende alle banche - è indebitato. E con 31 miliardi di euro di prestiti che le imprese dovranno restituire entro l’anno, e il credito sempre meno accessibile, il rischio che si vada verso un’ondata di fallimenti si respira nell’aria. Il primo piano salva-Lisbona, 78 miliardi di euro fino al 2013, rischia di non essere abbastanza. Arrivederci e grazie.
Eppure nonostante tutto, Bruxelles ha deciso: terrà un profilo basso. Per John Mauldin, esperto americano e guru dei mercati invece c’è poco da stare a guardare: il contagio è tra noi. “Il Portogallo sta marciando sulla stessa strada che ha spinto la Grecia nel burrone”, ha scritto in una recente analisi, portando a favore della sua tesi “il rendimento dei titoli di lusitani a cinque anni che ha raggiunto tassi del 20% quando un anno fa erano al 6%”.

In pratica è lo stesso copione calcato da Atene. Fin qui sarebbe ancora poca cosa. Mauldin chiama, infatti, in causa tutti. “Il mondo – ammette l’esperto – sta cercando di difendersi dalla crisi del debito come mai prima”. Riconosce che l’Italia si è chiamata fuori dall’emergenza, ma a suo avviso avrà bisogno dell’aiuto della Bce.
E si chiede se lo stesso impegno di Francoforte sarà ripetuto per Spagna e Portogallo in quanto le loro economie stanno peggiorando sempre di più. E anche la Francia non sarà immune.

Da Oltreoceano l’esperto indica due soluzioni per uscire dal pantano: la prima è quella di tornare a crescere, la seconda porta invece a contrastare in maniera incisiva la piaga del deficit. Con un punto fermo per entrambe: “I processi di austerità renderanno il ritorno alla crescita ancora meno improbabile, a meno che la Bce non sia pronta a stampare moneta per salvare il Sud Europa, nonostante i diktat dei Paesi nordici”.

L’algida Germania tace: continua a rigettare sconti, l’idea di un aumento del firewall, ossia la rete di protezione dal contagio della crisi del debito, e gli Eurobond. Fra Lisbona e i mercati la partita è quindi ad alta gradazione di incertezza, con un sapore da disfida fra Davide e Golia. E in questa settimana, c’è da scommetterci, entrerà di nuovo nel vivo.


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