giovedì 3 ottobre 2013

RE TENTENNA


RE TENTENNA
Non mi è piaciuto, mi dispiace, ma proprio non mi è andata giù la sceneggiata che si è svolta ieri al Senato.
Forse la coerenza non è più di moda, ma personalmente non sono mai andato dietro le voglie degli altri e non comincerò certo oggi... Neppure sono mai stato discepolo del detto (maoista mi pare) secondo cui “se non puoi combattere il nemico, unisciti a lui” - pare che l'italiano oltretutto sia bravo in questo, la storia insegna -... Tralasciando il cui prodest, materia di argomento di tanti, a me interessa tratteggiare la vicenda umana di un leader, di un imprenditore che venti anni fa si è dato alla politica, asserendo pur tuttavia di non fare parte di quel mondo. Un grande imprenditore che ha dato lavoro alle migliaia di operai delle sue aziende e che, come Cesare Ragazzi aveva una grande idea in testa. La sua era quella di “scendere in campo” per risolvere tutti i problemi economici di un paese che era in crisi già prima dell'attuale crisi, una crisi d'identità. Bisogna convenire che tanti ci hanno creduto, si sono lasciati avvincere dal suo ottimismo, dalla sua simpatia, dalla sua verve. E scendendo in campo ci ha condotto in un'interminabile partita di calcio tra la sua squadra e quella dei sinistri. Va bene tutto, ma piano piano il nostro mondo si è trasformato e perfino l'avversario, per adeguarsi e limitare le perdite ha adottato le sue strategie ed i suoi programmi, cosicché destra e sinistra continuano a presentarsi agli elettori senza troppe variazioni in contrapposizione e forse è proprio questo la vera presa per i fondelli verso il popolo. Non ho mai votato Berlusconi, anche se a volte ho solidarizzato con lui, in quanto perseguitato dalla giustizia fin dagli esordi. Non ho votato lui, in quanto le mie idee non comprendono il liberalismo (altrimenti, come detto prima, avrei avuto difficoltà tra scegliere lui o gli altri, ma essendo lui l'originale e gli altri la fotocopia avrei deciso alla fine), e non comprendono neppure un liberalismo mascherato da finta risoluzione di problemi sociali ed un esercito, quello suo composto in prevalenza da ex democristiani desiderosi di rivincita, da ex liberali quasi estinti e perfino da comunisti rinnegati e da ex magistrati che ai loro tempi avevano la mano pesante nei confronti di una precisa parte ideologica (il riferimento all'avvocato Pecorella è puramente casuale).
Chiarito questo punto torniamo al personaggio... Grande, l'ha definito ieri il Presidente del Consiglio ed io non sono tanto convinto, a differenza di altri, che vi fosse ironia. Grande sì, interpretando l'utilitarismo, la volontà di salvare il salvabile, quello che ne rimane... Considerate come volete, il povero Silvio, ma non definitelo stratega, a meno che non riconosciate storicamente come stratega alla stregua di Alessandro, Cesare e Napoleone il Maresciallo Badoglio nell'atto specifico dell'8 settembre del '43... Chiusa parentesi storica. Mi auguro che sia solo colpa dell'età avanzata ma, o non cominciava neppure la sua opera di sgretolamento del governo, oppure la doveva continuare fino in fondo, costi quel che costi, anche la sconfitta. Perché, mica si sarà messo in testa di avere vinto, per caso, no?!? Difficilmente potrà rialzarsi: anche la forza di volontà ha i suoi limiti, specie se è quotidianamente messa a dura prova dai suoi quasi amici, dai beneficiati invidiosi, dalle serpi in seno e da tutti gli altri... Dimenticavo la ciliegina sulla torta: la Spada di Damocle del voto della giunta sulla sua decadenza da senatore. E' la fine, la sua fine... Oppure no?

 

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