Gli stati debitori dell'Europa meridionale devono offrire le loro riserve auree e le ricchezze nazionali come garanzia per un piano di stabilizzazione da 2300 miliardi di euro che inizia a concretizzarsi in Germania.
Il progetto tedesco – noto sotto il nome di Patto di Redenzione Europeo – propone una specie di “Eurobond Light” che sia compatibile con la costituzione e sblocchi l'attuale impasse politico. È una via d'uscita dalla crisi del debito molto creativa, ma non è una scelta facile per Italia, Spagna, Portogallo e altri paesi in difficoltà.
Il piano è stato abbozzato dal Consiglio Tedesco di Esperti Economici e ispirato dal Sinking Fund [1] statunitense di Alexander Hamilton – creato nel 1790 per sistemare il caos di debiti lasciato dalla Rivoluzione. La prospera Virginia di quel tempo si può paragonare alla Germania di oggi.
Lo scorso novembre il Cancelliere Angela Merkel aveva rifiutato la proposta, definendola “completamente impossibile”, ma da allora la crisi europea si è inasprita, e il partito Cristiano-Democratico ha continuato a subire brucianti sconfitte nelle elezioni locali.
L'opposizione socialdemocratica è invece favorevole all'idea. I Verdi dicono che bloccheranno la ratifica del Fiscal Compact europeo al Bundesrat, a meno che la signora Merkel non si dia una calmata.
“Questo 'Patto di Redenzione' unisce brillantemente i vantaggi dei bassi tassi di interesse (ottenuti tramite un prestito congiunto europeo) con la riduzione del debito,” dice il leader dei Verdi Jürgen Trittin. “Le passività complessive sarebbero limitate nel tempo e ridotte di dimensioni.”
Il piano prevede una suddivisione del debito pubblico degli stati dell'Unione Monetaria Europea. Tutto quello che si trova al di sotto del limite stabilito a Maastricht (60% del PIL) rimane competenza dei singoli stati, tutto quello che eccede questo limite verrebbe trasferito gradualmente nel fondo “di redenzione”, che verrebbe poi coperto da titoli emessi congiuntamente [dagli stati dell'UME].
L'Italia permuterebbe 958 miliardi di euro, la Germania 578, la Francia 498, e così via. Attenendosi ai dati di novembre, il totale sarebbe di 2326 miliardi, ma l'influenza negativa del declino europeo sulle dinamiche del debito lo spinge sempre più in alto. Il fondo di accantonamento riassorbirebbe il debito nel lasso di una ventina d'anni, utilizzando imposte ad hoc del tipo del “contributo di solidarietà” tedesco [2].
In realtà la Germania dovrebbe condividere la sua carta di credito per tagliare i costi del debito di Italia, Spagna e altri ancora. E sarebbe l'esatto contrario di un'unione fiscale. Mentre gli eurobond spingerebbero sulla strada del federalismo, questo tipo di fondo sarebbe temporaneo e auto-estinguente. “Il fondo costituisce un ritorno alla disciplina di Maastricht con in più un controllo degli stati sovrani sui bilanci,” ha detto il dottor Benjamin Eigert, segretario generale del Consiglio di Esperti.
Si tratta di un astuto stratagemma per aggirare la Corte Costituzionale tedesca, che in settembre ha decretato che la gestione del bilancio da parte del Bundestag non può essere alienata a favore di alcuna istituzione europea, cosa contraria alla Legge Fondamentale – il documento fondante della prospera democrazia tedesca del dopoguerra [3]. La corte ha ammonito che le passività a tasso variabile sono incostituzionali. Il Bundestag non può mettere in atto “procedure permanenti da cui derivi l'assunzione di responsabilità per le decisioni volontarie di altri stati, in particolar modo se tali procedure avessero conseguenze il cui impatto sarebbe di difficile valutazione”.
Il presidente della Corte Costituzionale, Andreas Vosskuhle ha dichiarato che ogni ulteriore passo nella direzione di un'unione fiscale europea renderebbe necessaria “una nuova costituzione” e un referendum.
Il fondo richiederebbe da parte della Germania un grosso sacrificio. Gli interessi su un debito congiunto sarebbe molto più alto del tranquillo 3,7% degli attuali Bund decennali. La divisione investimenti a reddito fisso del gruppo bancario Jefferies stima che il piano costerebbe alla Germania lo 0,6% annuale del PIL. Il Consiglio di Esperti – alias 'i Cinque Saggi' – sostiene che questa sarebbe una entità modesta, rispetto alla potente spinta alla crescita data da una rinnovata unione monetaria.
Comunque non si tratterebbe nemmeno di beneficenza. Un addetto ai lavori afferma che un buon motivo [di appoggiare il piano] sarebbe quello di sollevare la BCE dai suoi doveri di sistema antincendio. “Dobbiamo separare la BCE dalla funzione di distributore di moneta, e separare la politica fiscale da quella monetaria. La Germania possiede solo due voti all'interno del consiglio della BCE e non ha modo di controllare il consolidamento [del debito],” ha detto.
La Germania avrebbe uno stretto controllo del fondo, in modo da imporre la disciplina. Ogni stato dovrebbe offrire come garanzia il 20% del proprio debito. “Le risorse potrebbero provenire dalle riserve valutarie interne e da quelle auree. Le garanzie in questione verrebbero utilizzate solo se un paese non rispettasse gli obblighi di pagamento,” dice la proposta.
Una simile imposizione potrebbe scatenare polemiche in Italia e Portogallo. Entrambi gli stati si sono tenuti stretti i loro lingotti, opponendosi alle insistenze a vendere di Gran Bretagna e altri. L'Italia possiede 2451 tonnellate di oro, valutabili (a marzo) 98 miliardi di euro.
Alessandro di Carpegna Brivio, esperto del settore della società di intermediazione mobiliare Camperio, afferma che l'Italia dovrebbe considerare simili proposte con estrema cautela. “Tutto quello che si fa a livello europeo è negli interessi della Germania e della Francia, per salvare le loro banche. Non è negli interessi dell'Italia,” ha detto.
“Dovremmo utilizzare il nostro oro per occuparci del nostro debito, garantendo i titoli che vanno oltre il 100% del PIL. Questa sarebbe un'iniziativa più mirata”.
David Marsh, autore di libri sull'euro e sulla Bundesbank, dice che la Germania non è ancora pronta per il fondo di redenzione. “I tedeschi sono obbligati ad agire, ma non credo che lo faranno prima delle elezioni dell'anno prossimo. Nel frattempo la Spagna dovrà vedersela molto brutta,” ha detto.
In definitiva, un fondo di accantonamento non può affrontare le cause fondamentali della crisi europea. Può imporre un tetto ai costi del debito, ma non tocca le discrepanze valutarie interne all'UME, tra Nord e Sud Europa, e non può aiutare i paesi latini a ridurre il divario nella competitività sul lavoro.
Il Sud dovrà ancora vedersela col calvario di una “svalutazione interna” [4] – cioè una deflazione salariale [5] – tuttavia il Patto di Redenzione sarebbe almeno il primo passo per uscire dal Purgatorio.
Ambrose Evans-Pritchard
Fonte: www.telegraph.co.uk
Traduzione per comedonchisciotte.org a cura di Domenico D'amico
fonte
Note del traduttore
[1] Sinking Fund: “Nel linguaggio finanziario, accantonamento periodico di moneta o altre attività mobiliari che, investite, permetteranno in seguito il riscatto di obbligazioni o altri titoli.” [ Treccani]
[2] “un’addizionale del 5,5% a titolo di “contributo di solidarietà” (Solidaritätszuschlag), introdotto nel 1995 con una legge ad hoc per finanziare i costi della riunificazione tedesca.” [ Ambasciata d'Italia a Berlino]
[3] “Costituzione tedesca” e “Legge Fondamentale” sono sinonimi
[4] Svalutazione interna: il recupero di competitività non attraverso la svalutazione della propria valuta (che gli stati dell'Euro non hanno più), ma attraverso la riduzione di salari, pensioni e quant'altro. [ www.repubblica.it/economia]
[5] “Portogallo, Italia e Spagna hanno bisogno di una 'svalutazione interna' di circa il 20% per riportare la competitività all’interno dell’UEM. Questo significa tagli salariali draconiani anno dopo anno.(...) La strategia dell’UEM di deflazione salariale in mezza Europa semplicemente non è fattibile. Fu tentata nei primi anni ’30, con risultati orribili.” [ InvestireOggi]
Nessun commento:
Posta un commento