Quarantasette euro per due toast, un caffè e un'aranciata, 4.700 euro a uno studio fotografico per due "ritratti istituzionali" in maniche di camicia e cravatta
Ha speso 47 euro per due toast, un caffè e un’aranciata in un lussuosissimo hotel milanese. Ha sganciato oltre 4.700 euro a uno studio fotografico per «due ritratti istituzionali in maniche di camicia e cravatta».
Filippo Penati
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Più volte s’è seduto ai tavoli dei ristoranti più «in» di Roma per pranzare con gli amici a ostriche e Morellino di Scansano. E spendendo sempre tra i 130 e i 260 euro. Insomma, un bel pugno nello stomaco della crisi, per lui che per anni ha guidato dalla poltrona di primo cittadino la Stalingrado d’Italia, la rossissima Sesto San Giovanni.
Perché di Filippo Penati, finito mesi fa sotto inchiesta dalla procura di Monza per corruzione e finanziamento illecito ai partiti, tutto si può dire tranne che abbia il cosiddetto braccino: come tanti altri della «democratica» cerchia di amici, anche il buon Filippo ha dimostrato di avere a sinistra solamente il cuore. E il portafogli? No, quello sta altrove...
Come riportava l’edizione di ieri del quotidiano genovese il Secolo XIX, l’ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani aveva trovato un modo tutto sommato brillante per godere a pieno dei piaceri della tavola: non pagare. O meglio, farsi rimborsare pranzi, spuntini, aperitivi e cene dalla sua fondazione Fare Metropoli.
Nata del 2008 come associazione culturale senza scopo di lucro, Fare Metropoli è stata uno dei canali attraverso cui l’ex vicepresidente del consiglio regionale lombardo ha ricevuto finanziamenti da privati per decine e decine di migliaia di euro: l’associazione è entrata nell’inchiesta della Procura di Monza nell’agosto del 2011, quando il pm Walter Mapelli ha firmato il decreto di perquisizione con cui la Guardia di Finanza si è presentata negli uffici del commercialista dell’associazione e nella sede milanese in via Galilei sequestrando estratti conti, ricevute di versamenti in contanti, copie di bonifici, elenchi di finanziatori e tutta la documentazione relativa ai trasferimenti economici tra l’associazione e i comitati elettorali di Penati per le Provinciali del 2008 e per le Regionali del 2010. Due settimane fa, parallelamente alla chiusura delle indagini, sono spuntati anche gli scontrini che fotografano la dolce vita di Penati: negli atti depositati a Monza si legge che l’ex primo cittadino ha incassato dalla fondazione 21.502,34 euro in 17 mesi, dal luglio del 2009 al novembre del 2010, somma giustificata dal rimborso di spese di viaggio, alberghi e consumazioni di pasti. Allo stesso modo sono finiti 6.419 euro di rimborsi a Rita Dileo, moglie di Penati, e 12.847 euro al portavoce Franco Maggi.
Nata del 2008 come associazione culturale senza scopo di lucro, Fare Metropoli è stata uno dei canali attraverso cui l’ex vicepresidente del consiglio regionale lombardo ha ricevuto finanziamenti da privati per decine e decine di migliaia di euro: l’associazione è entrata nell’inchiesta della Procura di Monza nell’agosto del 2011, quando il pm Walter Mapelli ha firmato il decreto di perquisizione con cui la Guardia di Finanza si è presentata negli uffici del commercialista dell’associazione e nella sede milanese in via Galilei sequestrando estratti conti, ricevute di versamenti in contanti, copie di bonifici, elenchi di finanziatori e tutta la documentazione relativa ai trasferimenti economici tra l’associazione e i comitati elettorali di Penati per le Provinciali del 2008 e per le Regionali del 2010. Due settimane fa, parallelamente alla chiusura delle indagini, sono spuntati anche gli scontrini che fotografano la dolce vita di Penati: negli atti depositati a Monza si legge che l’ex primo cittadino ha incassato dalla fondazione 21.502,34 euro in 17 mesi, dal luglio del 2009 al novembre del 2010, somma giustificata dal rimborso di spese di viaggio, alberghi e consumazioni di pasti. Allo stesso modo sono finiti 6.419 euro di rimborsi a Rita Dileo, moglie di Penati, e 12.847 euro al portavoce Franco Maggi.
Ed è proprio spulciando tra i rimborsi pubblicati ieri dal Secolo che si possono ricostruire le «imprese» culinarie e non di Penati. Proprio così: vere e proprie imprese. Perché per pagare 47 euro due toast, un caffè e un’aranciata bisogna mettersi d’impegno. E pazienza se alla fine a saldare il conto era qualcun altro. Come non facile deve essere stato sganciare 4.740 euro per due-dicasi-due fotografie. Certo. Sono «ritratti istituzionali» e avranno fatto risaltare al massimo il sorriso pacioso e bonario del buon Filippo: però sono sempre oltre otto milioni delle vecchie lire per due poster... Dai rimborsi della fondazione, poi, salta fuori che Penati, ex uomo forte del Pd lombardo, è spesso di stanza a Roma. E della Capitale dimostra di conoscere più i ristoranti che i sacri palazzi della politica: gli scontrini raccontano di pranzi e cene al Bolognese di piazza del Popolo (specialità cucina regionale, conto di 220 euro); in più di un’occasione Penati si presenta al Sapore di Mare, pieno centro della Capitale, dove ordina ostriche e crostacei, bagnati da abbondante Morellino di Scansano. Costo delle (ripetute) spedizioni? Tra i 130 e i 260 euro a «seduta».
Tutto puntualmente rimborsato da Fare Metropoli, che a seconda dell’occasione Penati trasforma in Fare Cassa, Fare il pieno o Fare botta e ribotta, giusto per scomodare i luculliani pranzi di Giosuè Carducci.
Penati è quindi avvistato al Raw Fish Cafè di Milano, specialità crudità di pesce, o alla Buganvillea di Sabbioneta dove per un menu fisso paga un conto di 100 euro.
A pancia piena si ragiona meglio. Se poi a pagare è qualcun altro...
A pancia piena si ragiona meglio. Se poi a pagare è qualcun altro...
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