di Antonio Castro
«Repetito il nome di Dio per tribunale sedenti in questi scritti diciamo pronunciamo sententiamo, e dichiariamo come appresso cioè Armenio di Alessandro Melari sopra infrascritto trovato colpevole, e di ragione punibile stante la sua contumacia havuta per vera, e legittima confessione, oltre alli riscontrj, e giustificationi, che pienamente contro di lui appariscono nel processo lo condenniamo e per condennato haver vogliamo in pena e bando delle forche, in modo che l’effetto sia, che venendo nelle mani della Giustitia sia appiccato per la gola tanto che muoia su le forche, et lo condenniamo ancora à rifare al Monte tutti li danni patiti dà esso per detti rubamenti e trasgressioni, e nella confiscatione di tutti li suoi beni, con taglia à chi ammazzerà detto Armenio, e che ne dia sicuro contrassegno di scudi dugento, et à chi lo dia vivo nelle mani della Giustitia nelli stati di S.A.S. di scudi quattrocento; stando non di meno sempre ferma al Monte ogni facultà e ragione che se li competa di procedere contro le promesse di detto Armenio respettivamente conforme alle loro obligationi per l’indennità di detto Monte, e contro qualsivoglia debitore del medesimo Armenio per qualsivoglia causa».
Correva l’anno Domini 1629, quando il 29 ottobre venne emessa la sentenza a morte contro il camerlengo (o meglio l’ex) del Monte, tale Armenio Melari. Il camerlengo oggi sarebbe l’amministratore delegato, trovato colpevole di aver sottratto al Monte la ragguardevole somma «di 40mila scudi». Una fortuna per l’epoca e anche oggi, stando agli stessi conteggi attualizzati del Monte dei Paschi: si tratta di un bottino di oltre 2 milioni di euro.
La cosa sorprendente è che a dicembre Mps ha fatto dono a personalità e clienti illustri, di un doppio tomo (“I secoli del Monte”) che tra l’altro riporta le pene le corporali contro i dipendenti e gli amministratori che rubavano al Monte. Il caso più eclatante è certo quello dell’ex camerlengo, ma scorrendo il volume - come segnalato ieri da Italia Oggi - si scopre che i dipendenti infedeli, in quasi 5 secoli, non sono stati pochi.
In una conferenza dell’ottobre 2009 l’allora “Head of Operational Risk Management” di Mps, Giorgio Aprile, spiegava ad attoniti colleghi ungheresi che sì «il Monte è la banca più antica del mondo», ma forse anche la prima ad aver subito una frode interna tanto rilevante da parte proprio degli amministratori. Ricordando proprio il caso del camerlengo per assicurare che oggi non sarebbe più possibile truffare la banca grazie ai nuovi sistemi di protezione.
Considerando che gli amministratori truffati a inizio Seicento promettevano, a chi avesse ammazzato l’infedele Armenio, la fantastica ricompensa di “scudi dugento” (400 a chi lo riconsegnava alla giustizia vivo), si comprende anche l’entità della frode. C’era chi veniva impiccato, chi torturato, chi ancora subiva lo schiacciamento dei piedi. La fantasia era sfrenata: per recuperare il malloppo e far confessare il truffatore. Una segnalazione. Pare che lo scaltro Melari non venne mai impiccato. Si rifugiò in un convento e gli storici ne persero le tracce. Così come gli azionisti truffati del Monte...
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