sabato 8 dicembre 2012

La spesa? Si farà con il «Lombard» Ecco la moneta che affianca l'euro



Andare a fare la spesa e pagare in «Lombard». A fine mese prendere lo stipendio e trovarsene una parte in «Lombard». Comprare il biglietto per il treno spendendo «Lombard». Potrebbe succedere in Lombardia, come già accade in Sardegna (col Sardex), o in Svizzera (col Wir), ma anche in Inghilterra (Bristol Pound), presto in Francia (Nantò) e la lista - sorprendentemente lunga - potrebbe continuare con i 23 circuiti complementari in Germania, i 40 giapponesi e le esperienze (in corso) in America. È allo studio anche in Lombardia l'adozione della moneta «complementare» - che potrebbe essere chiamata «Lombard» - da affiancare all'Euro con l'obiettivo di facilitare la ripresa economica nella Regione. Detto così pare una trovata folcloristica nella quale sfugge il senso reale. Ne è consapevole Andrea Gibelli, leghista vice presidente della Regione e assessore alle attività produttive che proprio per non lasciare aperti spiragli di fraintendimento, ieri ha promosso un rigoroso convegno scientifico nel quale non ha semplicemente presentato la proposta, ma accompagnato da studiosi del Politecnico e della Bocconi ha portato i casi reali di moneta complementare già avviati in altri paesi. Esempi concreti con risultati concreti e quantificabili in soldoni. 
«La moneta complementare che noi stiamo studiando non è un attacco agli istituti di credito alle banche e all'euro - ha tenuto a precisare - È un'operazione territoriale di natura “complementare“ che Regione Lombardia deve avviare per avviare le imprese paralizzate dal blocco del credito, credit crunch, operato proprio dagli stessi istituti di credito», ha spiegato Gibelli. Come? Il meccanismo funziona come un baratto. Per avere accesso ai «Lombard» imprese o soggetti singoli, privati o pubblici, devono iscriversi al «circuito di credito» nel quale ci sarà un istituto di garanzia - qui potrebbe essere Finlombarda - predisposto per l'emissione. Il «Lombard» non sarebbe carta né moneta sonante, ma denaro “virtuale“ che verrebbe caricato su un “borsellino digitale“, una sorta di conto collegato con la Carta regionale dei Servizi. Il principio poi è quello dello scambio: ne prendi tanto quanto ne devi spendere. «Si crea e si distrugge nella transazione», precisa Gibelli. Dunque non si accumula, non si converte in euro, non fa ricchezza. «È una camera di compensazione tra debiti e crediti tra imprese non in moneta corrente che riduce l'esposizione bancaria, viene emessa senza interessi bancari e favorisce il pagamento a breve termine», spiega Gibelli. Gli esempi. In Svizzera il Wir affianca il franco svizzero dal 1934, lo utilizza un impresa su 4 e muove il 2 per cento dell'economia con 75mila imprese iscritte al circuito. In Sardegna attivo dal 2009, il Sardex è partito con 200 imprese per un giro di affari di 350mila euro. Oggi coinvolge 80mila imprese per 4 milioni di euro con un trend di crescita del 300 per cento. Ma non è «moneta» di scambio solo tra imprese. Ad esempio il sindaco di Bristol si è fatto pagare l'intero emolumento in «Bristol puond» per non pesare sull'economia», racconta Gibelli. La moneta infatti «facilita gli scambi quando la moneta ufficiale scarseggia». Il governatore Formigoni ha sottolineato che il convegno è stata un'iniziativa ufficiale della Regione».

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