Con gran dolore dei bambini, dei nonni e della Brambilla, quest'anno sono stati espulsi dal presepe il bue e l'asinello. Il Papa ha detto che la loro presenza nella grotta è abusiva, storicamente infondata. Resteranno negli spogliatoi, senza permesso di soggiorno, o al più ripescati in platea, mescolati nella folla. Non so come vivranno la grottesca cacciata, se si appelleranno alle organizzazioni animaliste o accetteranno muti, come è loro costume, con cristiana rassegnazione. Però non è giusto. Furono il primo termosifone dell'umanità, i primi radiatori viventi; hanno resistito per secoli nei presepi, da San Francesco animalista a oggi, nel ruolo di attori di spalla e testimoni degli sposi. Anche per Giuseppe e Maria erano un fiato.
Restano gli angeli, appesi a fili precari, che cadono in continuazione facendo strage di pastori e papere. Restano i Re Magi, di grandezza diseguale, uno nano sul cammello, l'altro moro a piedi, il terzo col loden che sembra appena sceso da un taxi. Tre Re su una popolazione di una decina di pastori, la stessa proporzione tra dirigenti e dipendenti alla Regione siciliana. Resta san Giuseppe deformato dall'artrosi e la Madonna di cui una è titolare e due mimetizzate sono di riserva (insieme, le tre marie fanno un panettone). E resta lui, un bambinello gigantesco rispetto al presepe, un pupone nascosto a fatica nella mangiatoia fino al 24. Ma al presepe non vale il rigore né la meritocrazia: non bocciate gli asini e non tagliate i buoi in esubero. Su, Papa Ratzinger, non faccia la Merkel.
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