venerdì 6 settembre 2013

Perché gli italiani non si ribellano

 Di Danilo Campanella

Ci si chiede spesso come mai gli italiani non si impegnino in risoluzioni più energiche, rispetto alla lamentela o al banale sciopero. Definisco i nostri scioperi banali, non solo per il numero basso di partecipanti, ma anche perché vengono indetti il lunedi o il venerdi, cosi da fare « ponte » con il sabato e la domenica. Veramente una bella classe di scioperanti…
L’italiano « medio » di fronte all’assenza di scatti di lavoro, la pensione miseranda del nonno, l’avvenire incognito dei figli, i servizi pubblici inadeguati, e lo strapotere dei « ricchi » nel qual calderone ci mettono un po’ tutti tra politici, dirigenti e imprenditori, come cantava De’ André « si indigna, si indegna, poi getta la spugna con gran dignità ».  Di fronte a pessimi esempi politici (deputate che presenziano a 2 sole sedute su 1043, condannati in via definitiva presenti  in Parlamento, cambi di casacca e di partito, semi analfabetismo di alcuni senatori, leggi elettorali incostituzionali, sprechi a più non posso e, contemporaneamente, soprusi di ogni tipo su malati, studenti, vecchi e lavoratori precari, l’italiano medio non si scuote più di tanto. Sempre guardingo, diffidente, indipendente, non é affatto pronto a « stringersi a coorte » né tantomeno « alla morte » ; su 60 milioni di abitanti, 4 milioni di stranieri immigrati, 3 milioni di disoccupati (come mangia un simile esercito ?!). 
La maggioranza degli italiani percepisce, per le agenzie statali circa 3 mila euro al mese (fanno la media degli stipendi totali) ma in verità sono circa 830 euro al mese. Quesi italiani si ritengono ancora appartenenti al « ceto » della media borghesia ; e’ questa parola romantica, borghesia, a trarre in inganno. In realtà coloro che spendono l’85 percento del loro stipendio per mantenere il proprio tenore di vita « rispettabile » (casa, mutuo o affitto, bollette, auto e moto, cellulare, internet, pacchetto TV a pagamento, condominio, cibo, qualche uscita tanto per non essere da meno degli altri …) farebbero meglio a ritenersi quello che sono : poveri, e al limite della miseria. Povero per definizione canonica é colui che ha mezzi limitati di sussistenza, ma dignitosamente ce la fa a tirare avanti. Miserando é colui il quale non ha i più elementari mezzi di sussistenza, e questi sono gli straccioni e i nullatenenti a carico di terzi (famiglia, genitori, coniuge). Di questi 60 milioni di abitanti, almeno 38 milioni sono a oggi poveri a tutti gli effetti, poiché spendono tutto o quasi il loro salario per mantenere in piedi se stessi e la famiglia, senza possibilità di mettere molto da parte, investire, istruirsi. Dietro alla viltà di non riconoscersi poveri e l’ipocrisia di sentirsi borghesi gli italiani costruiscono il loro piccolo mondo dorato, fatto di pause caffé con i colleghi di lavoro, pettegolezzi, giornali (letti per lo piu’ su internet) e gare di MotoGP (viste per TV), critiche sul governo, sul proprio capo e sulla polizia, pranzi della domenica, programmi in prima serata, gite fuori porta e ferie a basso costo (spesso da altri parenti o amici a cui poi restituire il favore). La prospettiva di lavorare per 37 anni percependo il 37 percento dell’ultimo stipendio (media 1200, quindi circa 550 euro con gli interessi maturati) in una società che, all’epoca, sarà ridotta allo stremo, non sembra tubare questi « borghesi » coraggiosi. L’italiano medio non ci pensa, si divaga, si trastulla, incapace di riconoscere il suo status e fronteggiare i problemi sociali. Al massimo qualcuno si suicida, o picchia la moglie. 
Cosa significa ? 
E’ evidente che da questo non nascerà mai un elettorato consapevole, una falange compatta, un popolo unito, degli statisti e dei gruppi « di programma ». La cosa che gli italiani devono riconoscere, é di essere caduti in povertà. Provare vergogna del nostro esser « poveri » soltanto perché prima non lo eravamo, né rispetto alla Lira, né rispetto al tenore di vita di genitori e nonni. Il primo passo per evitare la miseria, é riconoscere la propria povertà. 
Quando mi riconosco povero, tendo a impegnarmi per riprendermi cio’ di cui ho bisogno. Cio’ che mi é stato preso ingiustamente. Noi non siamo più piccolo-borgesi. Siamo poveri. 


Danilo Campanella - Presidente associazione Filomati 

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