Mentre in Africa si contrasta la barbarie, in Italia si dubita se la mutilazione sia reato. E poi si parla di violenza sulle donne…
di Souad Sbai
5 dic – «Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l’escissione (…) (…) e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo. Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro».
Leggete bene queste righe, cuore della Legge 7/2006 a firma di Giuseppe Consolo, perché da oggi, dopo la sentenza della seconda sezione della Corte d’Appello del Tribunale di Venezia, sono carta straccia. Il dispositivo emesso dalla Corte, grazie al quale vengono assolti i due genitori nigeriani che hanno sottoposto le due figlie a infibulazione, certifica che nonostante vi sia una legge che la vieta, essa «non costituisce reato».
Al peggio non c’è fine, anzi, ci dobbiamo rassegnare a dover sprofondare sempre più nell’abisso della vergogna. Se davanti all’esistenza di una legge, chiara e precisa come la 7/2006, si può ancora dubitare che l’infibulazione sia reato, credo che sia allora il sistema ad essere inquinato. O forse, più propriamente, marcio. Emorragia, infezione, morte, dolori lancinanti durante il parto, depressione, suicidio, sterilità, lacerazioni sanguinose, morte. Ecco cosa provoca il «non reato» dell’infibulazione in una bimba che diventerà, domani, una donna mutilata. Nel corpo e nell’anima, nella mente e nell’integrità fisica.
Ma questo, in Italia, nonostante ci sia una legge, non è reato. E allora, mi chiedo io, cos’è reato? Esiste un reato leggero e uno pesante? Chi decide se il reato è leggero o pesante? Mutilare i genitali di una bambina o di una donna è un’orrenda violazione di ogni diritto umano e di libertà. Oggi tante parole verranno spese per pontificare sui diritti della donna e contro la violenza, ma la vergogna di fatti come questo non si cancella.
Con quale coraggio si riesce ancora a fare squallide marchette sulla pelle delle donne, quando due bambine vengono umiliate per l’ennesima volta dopo che è stata loro strappata la dignità di essere donne? Chi si prende la responsabilità di creare un precedente di questo genere? Con quale cuore potremmo chiedere al Governo di sospendere i rapporti con quei paesi in cui l’infibulazione si pratica ancora nel silenzio mondiale? Ma il paradosso più grave è che mentre in Africa si sta lavorando per combattere il fenomeno e molte donne e uomini finiscono in carcere, qui l’estremismo ha vinto ancora una volta, grazie alla visione vergognosa del multiculturalismo che impera in questo Paese.
Quella visione che vide alcune parti politiche osteggiare la legge Consolo e i cui esponenti oggi forse staranno brindando allo stupro fisico, mentale e umano cui quelle bimbe furono sottoposte. Ho una sensazione di rigetto, totale e ineluttabile verso le interpretazioni e le congetture che possono, in un modo o nell’altro, giustificare un simile abominio. L’Europa ci ha spesso redarguito perché da noi i diritti delle donne sono calpestati, ma non mi pare che lo scandalo di questa sentenza abbia invaso le segrete stanze dei palazzi di Bruxelles.
Il sangue di queste e altre bambine viene calpestato ogni giorno, senza ritegno né remora, dimenticando quelle urla strazianti di dolore, mentre la lametta taglia la carne e l’anima scappa via, per non vedere la terra che man mano si impregna del rosso acceso del sangue di un’innocente.
Souad Sbai
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