La "discontinuità" promessa da Matteo Renzi è un bello slogan destinato forse a schiantarsi contro gli scogli della realpolitik. Cambiare passo, cambiare direzione rispetto al governo di Enrico Letta
si dovrebbe tradurre con programmi più coraggiosi, più rischiosi, in
una parola meno ligi ai diktat dell'Europa. Per esempio, il segretario
del Pd e futuro premier starebbe già studiando il modo di aggirare il
vincolo del 3% del rapporto deficit-Pil, per trovare risorse da far
ricadere su imprese e famiglie. Ossigeno puro, anche perché nel
frattempo la palude in cui era caduto l'esecutivo dimissionato, anche
per colpa delle manovre di Renzi e Pd, ha impedito all'Italia di
presentare a Bruxelles un piano dettagliato sulla spending review, su
cui il commissario Cottarelli lavora da mesi. Entro il
25 febbraio il Ministero dell'Economia deve presentare all'Ue numeri e
obiettivi precisi, altrimenti salta la clausola che avrebbe fatto
incassare a Roma 3 miliardi di euro. Un bel guaio.
L'ultima parola a Napolitano - Dalle consultazioni al Quirinale di sabato è emerso uno scenario ancora impastoiato. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha consigliato a Renzi di stare sereno, di non essere impaziente. Bisogna fare in fretta, ma senza esagerare. Di fronte alle frenate di Ncd e Angelino Alfano, il Colle ha capito che di dubbi sul tappeto ce ne sono ancora tanti. A cominciare dai ministeri-chiave. Ed è qui che calerà probabilmente la mano di Napolitano, Bruxelles e Banca centrale europea. Non è un caso che, come scrive il quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda, su certi ministeri quella "discontinuità" non potrà tradursi in un cambio di segno. In altre parole: al di là dei nomi, delle caselle da assegnare ai partiti, occorrerà "rispettare gli impegni presi" cone i vertici europei. Breda cita poi il secondo comma dell'articolo 92 della Costituzione, secondo il quale il capo dello Stato "nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri".
I ministeri "sotto giudizio" - Un pizzino inviato a Renzi e a chi sa leggere le sfumature della politica: sui ministri l'ultima parola spetterà a Napolitano, che non farà mancare i suoi "consigli". Se il futuro premier vorrà forzare la mano, dal Quirinale non mancheranno veti e interdizioni. Nel mirino ruoli chiave come quelli di Economia, Esteri, Giustizia. Soprattutto per il primo caso, saranno decisivi i "pareri" e gli "orientamenti" di Unione europea e Mario Draghi, capo della Bce e principale garante della tenuta dell'eurozona. "Chi ricoprirà tale incarico - scrive Breda, riferendo di fatto il parere di Napolitano - dovrà essere riconosciuto competente, autorevole e credibil" da Bruxelles e Francoforte.
fonte
L'ultima parola a Napolitano - Dalle consultazioni al Quirinale di sabato è emerso uno scenario ancora impastoiato. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha consigliato a Renzi di stare sereno, di non essere impaziente. Bisogna fare in fretta, ma senza esagerare. Di fronte alle frenate di Ncd e Angelino Alfano, il Colle ha capito che di dubbi sul tappeto ce ne sono ancora tanti. A cominciare dai ministeri-chiave. Ed è qui che calerà probabilmente la mano di Napolitano, Bruxelles e Banca centrale europea. Non è un caso che, come scrive il quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda, su certi ministeri quella "discontinuità" non potrà tradursi in un cambio di segno. In altre parole: al di là dei nomi, delle caselle da assegnare ai partiti, occorrerà "rispettare gli impegni presi" cone i vertici europei. Breda cita poi il secondo comma dell'articolo 92 della Costituzione, secondo il quale il capo dello Stato "nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri".
I ministeri "sotto giudizio" - Un pizzino inviato a Renzi e a chi sa leggere le sfumature della politica: sui ministri l'ultima parola spetterà a Napolitano, che non farà mancare i suoi "consigli". Se il futuro premier vorrà forzare la mano, dal Quirinale non mancheranno veti e interdizioni. Nel mirino ruoli chiave come quelli di Economia, Esteri, Giustizia. Soprattutto per il primo caso, saranno decisivi i "pareri" e gli "orientamenti" di Unione europea e Mario Draghi, capo della Bce e principale garante della tenuta dell'eurozona. "Chi ricoprirà tale incarico - scrive Breda, riferendo di fatto il parere di Napolitano - dovrà essere riconosciuto competente, autorevole e credibil" da Bruxelles e Francoforte.
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