sabato 8 marzo 2014

Per favore risparmiateci l'8 Marzo delle Boldrini Il veterofemminismo della presidente della Camera: "Serve la restituzione di genere, se una donna fa il giudice è “la giudice". Ma alla causa non servono simili banalità



Auguri, auguri davvero. Già, tanti auguri. Che sia una straordinaria, felicissima, festa della donna e delle donne. Ma, solo un favore, un piccolo, innocente favore: signore e signorine liberateci dall'8 Marzo delle Boldrini.
Non siate complici, nel giorno della vostra festa, di una serie di banalità.

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Non lanciate anche voi, sempre per favore, naturalmente, vetero inni al vetero femminismo, non sparate anche voi, nel mucchio delle conversazioni, luoghi comuni e incomprensibili arditezze lessicali come quelle che ieri ci ha propinato, all'ora del cappuccino e brioche, dai microfoni di Radio anch'io, la presidente della Camera.Otto-minuti-otto da vera pasionaria delle libertà della donna.
Un intervento che ha raggiunto lo sconcertante apice quando Super Laura ha parlato della, citiamo testualmente, «restituzione di genere». Che cos'è? Lo sapete voi donne, in carriera o no, che oggi celebrate giustamente, magari persino con compostezza, la vostra festa, che cos'è la «restituzione di genere»? Se non lo sapete, se non sapete a quale conquista sociale può realmente portare la «restituzione di genere» vi forniamo, sempre testualmente, il pensiero della presidente della Camera: «Il linguaggio è importante anche quando le donne sono al vertice delle istituzioni o comunque hanno ruoli di primo piano e non viene loro riconosciuto il genere femminile. Se una donna è in Polizia ed è commissario allora è la commissaria di polizia e non il commissario, perché altrimenti non le si concede neanche il genere. Così come se è in Magistratura, è la giudice non è il giudice». Compreso? Ma Laura Boldrini precisa ulteriormente: «Se io attribuissi ad un uomo una connotazione femminile quell'uomo si ribellerebbe. Allora il rispetto passa anche attraverso la restituzione del genere perché, visto che io in aula non mi rivolgo ad un uomo chiamandolo signora deputato, mi aspetterei che ci fosse lo stesso rispetto anche per me e che mi ci si rivolgesse chiamandomi signora presidente o la presidente. Non è una questione semantica è una questione di concetto forse perché le donne sono delle meteore nei posti di vertice». Ci auguriamo che il concetto, semantico o no, adesso sia più chiaro e passiamo al secondo punto maggiormente evidenziato dalla presidente della Camera nella sua conversazione radiofonica.
Nel mirino della Boldrini c'è ancora il linguaggio che, più volte definisce sessista. Ascoltiamola: «Quando c'è un problema con una donna non la si contrasta sui contenuti ma la si insulta con un linguaggio sessista. Le responsabilità sono anche della stampa e dei mezzi di informazione perché il linguaggio e la rappresentazione del femminile che si dà anche a mezzo stampa condiziona moltissimo. Se una donna viene rappresentata, specialmente nella pubblicità come un volano per vendere qualsiasi cosa e il suo corpo viene esposto, la donna diventa come un oggetto e allora uno di un oggetto fa ciò che vuole. Da qui alla violenza il passo è breve».
Per completezza d'informazione va anche ricordato che, calata nel suo ruolo istituzionale, la presidente della Camera ha voluto incontrare le deputate più determinate a scardinare la legge elettorale per renderla più «rosa» e più rispettosa del «genere». La presidente della Camera ha voluto accoglierle così: «Sono qui per ascoltare le vostre precisazioni ed eventualmente le vostre preoccupazioni, per capire in che direzione stiamo andando. Io non sono direttamente coinvolta nelle votazioni, ma è una questione che mi sta cuore». E a farle una sintesi del pensiero di «genere» ha provveduto Titti Di Salvo, di Sinistra ecologia e libertà: «L'attuale testo dell'Italicum, secondo le simulazioni, provocherebbe un peggioramento della presenza delle donne in Parlamento».
ilgiornale.it 

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