Sangue, sesso, soldi. È questo il titolo che
Giampaolo Pansa ha dato al suo nuovo libro, in libreria da mercoledì
prossimo per i tipi di Rizzoli (pagg. 450, euro 19). A partire da queste
tre «S» poco edificanti il giornalista racconta quella che, a partire
dal sottotitolo dell'opera, potremmo definire una «controstoria d'Italia
dal 1946 a oggi». E nella narrazione si parte proprio dal sangue,
perché Pansa, proseguendo un filone di cui è il capostipite, continua a
svelare, liberandole da quel velo di omertà che le copre da sempre, le
stragi seguite al 25 aprile. Ma non solo, Pansa forte di decenni
trascorsi come inviato di razza segue la scia di violenza che si dipana
sino ai nostri giorni. Passando per il terrorismo - di cui un pezzo
della borghesia italiana, spostata a sinistra, si è rifiutata di voler
ammettere l'esistenza - e per le vicende della mafia. Poi è dato largo
spazio anche al sesso, diventato fissa nazionale e trasformato in arma
politica, e al denaro, quasi sempre sporco («gli anni di Tangentopoli...
ci hanno svelato un'Italia ributtante»).
Pansa ha scelto una
narrazione in prima persona, antiaccademica. Mette sempre in primo piano
personaggi grandi e piccoli che ha incontrato. Una sorta di Tableau
vivant per raccontare una nazione. C'è da aspettarsi che non mancherà la
polemica. E Pansa se lo aspetta. Così nell'introduzione: «Siamo su un
terreno che spingerà molti a rinfacciarmi di aver scritto un libro di
destra. Voglio subito dire che l'etichetta non mi spaventa. Anzi, la
considero una medaglia se per destra si intende l'opposto di una
sinistra culturale marmorea e bugiarda che per anni ha spacciato una
lettura della storia d'Italia inquinata dal partito preso».
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