martedì 30 novembre 2010

Targhe e fiori per quel 1980 di sangue Trent'anni dopo si commemora la morte di Manfredo Mazzanti, dirigente della Falck. Fu trucidato dalla colonna Alasia delle Brigate Rosse il 28 novembre del 1980


br un volantino di rivendicazione
br un volantino di rivendicazione
Sesto San Giovanni, 30 novembre 2010 - La sua condanna fu una fotografia pubblicata sul giornale di fabbrica. Più facile da identificare, Manfredo Mazzanti fu scelto così dalle Br-colonna Walter Alasia come «nemico da colpire», all’interno di una rosa di dirigenti della Falck. Mazzanti, toscano d’origine, ingegnere di 54 anni esperto di qualità, era a capo dello stabilimento Unione di Sesto San Giovanni.
Come tutte le mattine, quel 28 novembre del 1980 salutò la moglie Adele e il figlio Mario e, alle 7.30, uscì di casa per andare al lavoro. Prima passò dall’edicola all’angolo, per acquistare i giornali. Due brigatisti lo avvicinarono e gli spararono, urlando «Abbiamo ucciso un servo dei padroni» prima di fuggire a piedi e poi in bicicletta. Mazzanti, con i quotidiani sotto il braccio, cadde sull’asfalto in via Orseolo. Ed è lì che l’altra mattina si sono aperte le celebrazioni in suo ricordo. A trent’anni dalla sua morte, il Comune di Milano ha posato una targa di commemorazione.
Un’ora e mezza dopo, con un’altra targa alle ex Falck, è stata Sesto San Giovanni a rendere omaggio a una delle «sue» vittime del terrorismo, caduta diciotto giorni dopo il direttore della Ercole Marelli, Renato Briano, ancora per mano della colonna Walter Alasia delle Brigate Rosse. Alle cerimonie erano presenti, tra gli altri, il figlio Mario, il vicesindaco milanese Riccardo De Corato, il presidente del Consiglio comunale sestese Felice Cagliani, Federico Falck, nonché altri ex dirigenti e sindacalisti delle vecchie acciaierie, rappresentanti dell’Anpi e di diverse associazioni combattentistiche.
«Via Orseolo è in una zona della città di Milano che già sei mesi prima aveva assistito sgomenta all’uccisione del giornalista Walter Tobagi, in via Salaino, a 200 metri di distanza — ha ricordato Antonio Iosa, coordinatore lombardo dell’Associazione vittime del terrorismo e presidente della Fondazione Perini —. Quel 1980 fu un anno tragico, in cui si contarono ben nove delitti e 15 ferimenti».
Oltre a Briano e Mazzanti, in quel terribile novembre morì anche Ezio Lucarelli, un carabiniere che abitava a Cusano Milanino e che fu ucciso dai Nar in un’azione di controllo ad un garage-carrozzeria di Lambrate. «Gli obiettivi della Walter Alasia, che proprio in quel periodo si stacca definitivamente dalla direzione strategica nazionale delle Br, erano spesso dirigenti di società in cui la lotta operaia era forte», ricorda Iosa.
Mazzanti non era impegnato direttamente nelle trattative sindacali. Ma aveva un grosso torto: gioviale come tutti i toscani, quando entrava in mensa non andava mai nella saletta dei dirigenti, ma si sedeva ai tavoli con i lavoratori. «Sono grato ai Comuni di Milano e Sesto San Giovanni che rendono onore a un padre di famiglia, barbaramente trucidato mentre si recava al lavoro — ha sottolineato Iosa —. Oggi si corre il rischio di far scomparire ogni traccia di archeologia industriale della civiltà del lavoro e anche questa è una battaglia da vincere».
di Patrizia Longo

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