di DANIELE VITTORIO COMERO
Sono passati da poco vent’anni dall’esplosione di tangentopoli
che si è arrivati a toccare con mano un altro sistema, peggiore del
precedente, che ha preso il nome dalla città dove il caso è emerso con
chiarezza – Sesto San Giovanni – ma avrebbe potuto chiamarsi
tranquillamente “sistema Roma”. In che cosa consiste è presto detto. Nel
1994 Filippo Penati diventa sindaco di Sesto e si
ritrova a gestire il risultato della chiusura di parecchi stabilimenti,
come la Falk e la Magneti Marelli, con il ritorno sul mercato
immobiliare di enormi aree urbane, da regolamentare tramite piano
regolatore. Da sindaco a gestore il passo è breve, come ha messo in
evidenza uno dei protagonisti di quel periodo, Piero Di Caterina,
che alla fine si è ribellato alla “gestione” familistica della cosa
pubblica da parte di gruppi di potere, che utilizzano i partiti per fare
affari personali. Di Caterina tre anni fa ha iniziato a raccontare del
sistema di gestione del Comune di Sesto e la procura di Monza ha svolto
delle accurate indagini individuando tutta la “banda” del sistema Sesto.
Una squadra assortita capitanata da Filippo Penati, nel 2009 è arrivato
fino a Roma, a controllare il PD, nel periodo della segreteria Bersani,
come braccio destro dell’ex-segretario.
Settimana scorsa, giovedì 8 maggio, quasi in contemporanea sono scoppiate quattro bombe giudiziarie: l’arresto del forzista Scajola,
presunto ponte tra ndrangheta e centro destra, l’EXPO con sette arresti
nel sottobosco politico legato agli appalti, poi sette arresti nel
mondo della finanza con i fratelli Magnoni (quelli del
famoso conto coperto “Quercia”) per il crack SOPAF, infine altri quattro
arresti tra Novara e Milano sulla materia ambientale e dei rifiuti con
un nome pesante per la politica milanese. Tutti i giornali e le
televisioni hanno parlato ampiamente del ritorno di due protagonisti di
tangentopoli, Frigerio e Greganti, democristiano e
comunista, ora forzista e democratico, ancora attivi a Milano nel
condizionare appalti, nomine e carriere. In questo terremoto, in mezzo
al polverone c’è anche il significativo caso dell’avv. Antonino Princiotta (nella foto),
arrestato con altri tre, a Novara, per aver preso una presunta tangente
di 60mila euro. Il nome non dice molto al grande pubblico, perché è un
uomo ombra, che non appare, se non quando sono i giudici a chiamarlo per
fargli domande specifiche. In questi ultimi anni è comparso a Monza nel
processo alla banda del cosiddetto “Sistema Sesto” che, forse, è un po’
il filo conduttore di tutti questi casi.
Il Princiotta è uno dei pezzi più importanti del gruppo, per il fatto di essere laureato – Penati e Franco Maggi,
già capo della TV del PD, non lo sono – e svolge una funzione pubblica
di grande delicatezza come quella di segretario comunale e provinciale.
L’unione fa la forza per loro, in questo modo le due figure che per
legge sono distinte, quella di decisore politico e amministrativo, si
sono sovrapposte in un pericoloso intreccio. Quanto sia stata pericolosa
questa commistione è fin troppo evidente.
A Novara il Princiotta era giunto alla fine del 2009, proveniente da
Milano, per l’esattezza dalla Provincia, dove da pochi mesi aveva preso
il comando Guido Podestà, il quale non ci aveva messo
molto a capire la pericolosità dell’ingombrante residuo dell’epoca
penatiana. Nel giro di pochi mesi, come la legge gli concede, gli ha
messo in mano il foglio di via al termine del periodo di prova. Il fatto
curioso è che, messo alla porta dal coordinatore PDL a Milano, è
accolto a braccia aperte dallo stesso partito in Piemonte, per un bel
incarico multiplo alla Provincia di Novara. Infatti, al primo incarico
se ne aggiungeranno molti altri, da quello di direttore generale a
consulente e dirigente ad interim del settore ambiente, dove poi ci
lascia la zampina.
Dopo l’arresto del direttore-segretario, il presidente della Provincia di Novara Diego Sozzani, già PDL ora Forza Italia, convoca una conferenza stampa per ribadire: “Mi sento tradito da Princiotta”.
Ai giornalisti sbigottiti, che conoscevano di fama il soggetto, non
resta altro che chiedere conto della scelta. Sozzani risponde: ”Aveva
un bel curriculum ed esperienza in un ente più grande, proveniva da una
amministrazione di colore politico opposta alla mia. Mi sembrava che
offrisse ampie garanzie”. Sul sito web della Provincia è ancora
visibile il curriculum dell’ex-segretario, composto da una paginetta
scarsa, mezza vuota, dove l’unica cosa che colpisce è il fatto di essere
“cultore della materia” in diritto pubblico. Sozzani ora ha cambiato
idea sul Princiotta, certo che sarebbe bastato guardarlo bene in faccia,
al più fare qualche telefonata per sapere che il funzionario non era
solo un vecchio tesserato Pci-Pds-Ds confluito nel PD ai massimi
livelli, ma un perno di un sistema che i giudici di Monza stanno
evidenziando, a partire dal caso delle azioni della Milano-Serravalle,
strapagate con un operazione che ha messo in ginocchio l’ente di Milano.
Subito dopo l’arresto anche il PD novarese ha convocato una conferenza stampa per chiedere le dimissioni di Sozzani e della giunta. Pure la Lega, per bocca di Luca Bona reagisce a muso duro: “Non
siamo intervenuti sulle ultime vicende riguardati l’ex segretario
generale della Provincia in quanto, come è noto, abbiamo sempre
sostenuto l’inopportunità di alcune scelte operate in passato, che
comunque sono di esclusiva competenza del Presidente della Provincia.
Sono il PD, partito di riferimento di Penati e del cosiddetto ‘sistema
Sesto’, e Forza Italia che hanno portato a Novara il suddetto
funzionario.”
Al lettore interessato ad approfondire gli intrecci e capire l’intera
vicenda, delle larghe intese politiche da sinistra a destra, si segnala
un articolo sul giornale on-line torinese LoSpiffero.com, che riporta uno spaccato dei legami politici tra Milano, Novara, Tortona e Genova. Di come la sede della Provincia di Novara sia diventata epicentro accogliendo l’alto funzionario di cui si è sempre sussurrato: “Quello? Non lo smuovono neppure le cannonate”.
Giovedì scorso a smuovere, letteralmente, di casa il Princiotta, sono stati i carabinieri per portarlo a San Vittore.
Il problema è che questo lavoro doveva essere fatto dalla politica,
non dai giudici. Cinque anni fa avrebbero dovuto entrare in funzione gli
anticorpi per evitare la diffusione totale del sistema Sesto, come il
caso Expo sta dimostrando. Non è successo ed è un grosso guaio.
Se un dirigente pubblico viene lautamente retribuito (Antonino
Princiotta nel 2012 ha incassato un totale di 214.842 euro, compresi
56mila euro di premio di risultato) per degli incarichi di
responsabilità importanti, solo in forza di un rapporto fiduciario,
quindi per cooptazione di gruppo, allora ci deve essere un
bilanciamento, con una responsabilità politica oggettiva che colpisce il
politico che ha operato la scelta.
Il giudizio sui politici e sul loro operato nel nostro ordinamento costituzionale compete solo agli elettori,
non ai giudici. Sarebbe auspicabile un lavoro preventivo da parte dei
partiti, ma un po’ tutti appaiono dominati da gruppi poco inclini al
senso critico, come sta dimostrando Matteo Renzi. Ha
ragione Sozzani a temere gli elettori novaresi, ad avere paura di
perdere il treno per Torino, nel prossimo voto per le regionali del
Piemonte, l’ultimo a sua disposizione.
Rimane da capire a chi gli elettori faranno pagare il conto politico,
delle cattive scelte operate nella gestione del progetto Expo
(prontamente segnalate dalla magistratura), alle prossime elezioni
europee del 25 maggio.
Blog:
http://danielevittoriocomero.blogspot.it/
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