Questi i passaggi salienti del messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
UN ANNO DIFFICILE E INQUIETO: L’anno che sta per terminare è stato tra i più pesanti e inquieti che l’Italia ha vissuto da quando è diventata Repubblica. Tra i più pesanti sul piano sociale, tra i più inquieti sul piano politico e istituzionale. L'anno che sta per iniziare può e deve essere diverso e migliore, per il paese e specialmente per quanti hanno sofferto duramente le conseguenze della crisi. Una crisi dalla quale in Europa si comincia a uscire e più decisamente si potrà uscire se si porterà fino in fondo un’azione comune per il rilancio della crescita economica e dell’occupazione.
LE LETTERE AL COLLE: Vincenzo, che mi scrive da un piccolo centro industriale delle Marche, ha ormai 61 anni e sa bene quanto sia difficile per lui recuperare una posizione lavorativa. "Sono stato" - mi dice - "imprenditore fino al 2001 (un calzaturificio con 15 dipendenti) ed in seguito alla sua chiusura sono stato impiegato presso altri calzaturifici. Attualmente sono disoccupato... Di sacrifici ne ho fatti molti, e sono disposto a farne ancora. Questo non spaventa nè me nè i nostri figli.". Ma aggiunge : "Non può essere che solo noi "semplici cittadini" siamo chiamati a fare sacrifici. facciamoli insieme. Che comincino anche i politici.". Mi sembra un proposito e un appello giusto, cui peraltro cercano di corrispondere le misure recenti all’esame del Parlamento in materia di province e di finanziamento pubblico dei partiti. Daniela, dalla provincia di Como, mi racconta il caso del suo fidanzato che a 44 anni - iscrittosi "allo sportello lavoro del paese" - attende invano di essere chiamato, e resta, per riprendere le sue drammatiche parole, "giovane per la pensione, già vecchio per lavorare". Una forte denuncia della condizione degli "esodati" mi è stata indirizzata da Marco, della provincia di Torino, che mi chiede di citare la gravità di tale questione, in quanto comune a tanti, nel messaggio di questa sera, e lo faccio. Mi hanno scritto in questo periodo persone che alla denuncia delle loro difficoltà uniscono l’espressione di un naturale senso della Nazione e delle istituzioni. Lo si coglie chiaramente, ad esempio, nel travaglio di un padre di famiglia, titolare di un modesto stipendio pubblico, che mi scrive : "Questo mese devo decidere se pagare alcune tasse o comprare il minimo per la sopravvivenza dei miei due figli...". E mi dice di vergognarsi per questo angoscioso dilemma, pensando al patto sottoscritto con le istituzioni, al "giuramento di pagare le tasse sempre e comunque".
CORAGGIO, ITALIANI: Il coraggio degli italiani è in questo momento l’ingrediente decisivo per far scattare nel 2014 quella ripresa di cui l’Italia ha così acuto bisogno. Coraggio di rialzarsi, di risalire la china. Coraggio di praticare la solidarietà : come già si pratica in tante occasioni, attraverso una fitta rete di associazioni e iniziative benefiche, o attraverso gesti, azioni eloquenti ed efficaci - dinanzi alle emergenze - da parte di operatori pubblici, di volontari, di comuni cittadini, basti citare l'esempio di Lampedusa. Coraggio infine di intraprendere e innovare : quello che mostrano creando imprese più donne, più giovani, più immigrati che nel passato. Alla crisi di questi anni ha reagito col coraggio dell’innovazione una parte importante dell’industria italiana, indebolitasi, già molto prima, in produzioni di base certamente rilevanti, ma affermatasi in nuove specializzazioni. Quella parte dell’industria ha così guadagnato competitività nelle esportazioni, ed esibito eccellenze tecnologiche, come dimostrano i non pochi primati della nostra manifattura nelle classifiche mondiali. ORA SCELTE LUNGIMIRANTI: Sirichiedono però lungimiranti e continuative scelte di governo, con le quali debbono misurarsi le forze politiche e sociali e le assemblee rappresentative, prima di tutto il Parlamento, oggi più che mai bisognoso di nuove regole per riguadagnare il suo ruolo centrale.
BASTA VIOLENZA VERBALE E TENDENZE DISTRUTTIVE: La sola preoccupazione che ho il dovere di esprimere è per il diffondersi di tendenze distruttive nel confronto politico e nel dibattito pubblico - tendenze all’esasperazione, anche con espressioni violente, di ogni polemica e divergenza, fino a innescare un "tutti contro tutti" che lacera il tessuto istituzionale e la coesione sociale. Penso ai pericoli, nel corso del 2013, di un vuoto di governo e di un vuoto al vertice dello Stato : pericoli che non erano immaginari e che potevano tradursi in un fatale colpo per la credibilità dell’Italia e per la tenuta non solo della sua finanza pubblica ma del suo sistema democratico. Quei pericoli sono stati scongiurati nel 2013, sul piano finanziario con risultati come il risparmio di oltre 5 miliardi sugli interessi da pagare sul nostro debito pubblico. Sarebbe dissennato disperdere i benefici del difficile cammino compiuto. I rischi già corsi si potrebbero riprodurre nel prossimo futuro, ed è interesse comune scongiurarli ancora. La nostra democrazia, che ha rischiato e può rischiare una destabilizzazione, va rinnovata e rafforzata attraverso riforme obbligate e urgenti.
ORA LE RIFORME: Entrambe le Camere approvarono nel maggio scorso a grande maggioranza una mozione che indicava temi e grandi linee di revisione costituzionale. Compreso quel che è da riformare - come proprio nei giorni scorsi è apparso chiaro in Parlamento - nella formazione delle leggi, ponendo termine a un abnorme ricorso, in atto da non pochi anni, alla decretazione d’urgenza e a votazioni di fiducia su maxiemendamenti. Ma garantendo ciò con modifiche costituzionali e regolamentari, confronti lineari e "tempi certi in Parlamento per l’approvazione di leggi di attuazione del programma di governo". Anche se molto è cambiato negli ultimi mesi nel campo politico e le procedure da seguire per le riforme costituzionali sono rimaste quelle originarie, queste riforme restano una priorità. Una priorità indicata al Parlamento già dai miei predecessori e riconosciuta via via da un arco di forze politiche rappresentate in Parlamento ben più ampio di quelle che sostengono l’attuale governo. E mi riferisco a riforme che soprattutto sono i cittadini stessi a sollecitare. Alle forze parlamentari tocca in pari tempo dare soluzione - sulla base di un’intesa che anch’io auspico possa essere la più larga - al problema della riforma elettorale, divenuta ancor più indispensabile e urgente dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Dobbiamo tutti augurarci che il 2014 ci veda raggiungere risultati apprezzabili in queste direzioni.
NON MI FACCIO CONDIZIONARE DA CALUNNIE E MINACCE:Conosco i limiti dei miei poteri e delle mie possibilità anche nello sviluppare un’azione - al pari di tutti i miei predecessori - di persuasione morale. Nessuno può credere alla ridicola storia delle mie pretese di strapotere personale. Sono attento a considerare ogni critica o riserva, obbiettiva e rispettosa, circa il mio operato. Ma in assoluta tranquillità di coscienza dico che non mi lascerò condizionare da campagne calunniose, da ingiurie e minacce. Tutti sanno - anche se qualcuno finge di non ricordare - che il 20 aprile scorso, di fronte alla pressione esercitata su di me da diverse ed opposte forze politiche perchè dessi la mia disponibilità a una rielezione a Presidente, sentii di non potermi sottrarre a un’ulteriore assunzione di responsabilità verso la Nazione in un momento di allarmante paralisi istituzionale.
NON INTENDO RESTARE A LUNGO: Sono oggi ancora qui dinanzi a voi ribadendo quel che dissi poi al Parlamento e ai rappresentanti regionali che mi avevano eletto col 72 per cento dei voti. Resterò Presidente fino a quando "la situazione del paese e delle istituzioni" me lo farà ritenere necessario e possibile, "e fino a quando le forze me lo consentiranno". Fino ad allora e non un giorno di più ; e dunque di certo solo per un tempo non lungo. Confido, così facendo, nella comprensione e nel consenso di molti di voi. Spero di poter vedere nel 2014 decisamente avviato un nuovo percorso di crescita, di lavoro e di giustizia per l’Italia e almeno iniziata un’incisiva riforma delle istituzioni repubblicane.
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