mercoledì 30 aprile 2014

1 maggio 2014 festa dei lavoratori

1 maggio 2014 festa dei lavoratori


 
     1 MAGGIO 2014 FESTA DEL LAVORO E DEI LAVORATORI                                       
1 Maggio 2014 strana festa del lavoro in un paese che va
a grandi falcate verso l'abisso e dove si ringrazia chi 
direttamente,vedi euro,e,indirettamente,vedi bce,lo sta spingendo verso il sopracitato abisso.
In compenso domani le piazze saranno piene di concerti per il primo maggio e la mattina occupate dai sindacati per il solito discorso che ormai si ripete anno dopo anno e che l 'unica cosa che cambia e al massimo l'oratore.
1 maggio festa dei lavoratori dove:
-i lavoratori dl commercio saranno quasi tutti sul posto di lavoro,visto le aperture selvagge dei negozi,chi obbligato per i nuovi contratti e chi per paura che l'anno dopo festeggi la festività da disoccupato;
-i mezzi di trasporti cittadini la mattina dovranno circolare per portare i manifestanti per i comizi sindacali in piazza e per tornare a casa finiti questi
-gli statali e della pubblica amministrazione locale non lavorano che tranne la polizia,che deve mantenere l'ordine per il solito tram tran quotidiano dovranno presenziare i sopracitati comizi sindacali
- i precari lavoreranno perché sperano in un assunzione a tempo determinato,anche se qualcuno considera i contratti a tempo e terminati noiosi,in modo di aver qualche possibilità in più di poter costruire un futuro,una casa e una famiglia mica cose assurde credo io
- infine non per ultimo i disoccupati e chi è in cerca di prima occupazione abbiano penso che avranno poca voglia di festeggiare
In piazza nei comizi dei sindacati avremmo forse la claque che ogni oratore si porta dietro e i vari sindacalisti della piramide organizzativa cominciando dal sindacalista che opera sul posto di lavoro fino al capoccia che farà il suo discorsetto per poi tornarsene nella sua bambagia d'oro.
Perché non ho sentito nessuno della triplice,e da altri sindacati dichiarare di voler almeno dimezzare il contributo che ogni lavoratore  o pensionato che sia iscritto da mensilmente a secondo della propria busta paga.
Mentre in piazza per i concerti oltre ai cantanti e gruppi musicali,che come cantava Bennato in "sono solo canzonette".
Gli impresari di partito 
mi hanno fatto un altro invito 
e hanno detto che finisce male 
se non vado pure io 
al raduno generale 
della grande festa nazionale! 
hanno detto che non posso 
rifiutarmi proprio adesso 
che anche a loro devo il mio successo, 
che son pazzo ed incosciente 
sono un irriconoscente 
un sovversivo, un mezzo criminale 
Tornando ai vari concerti in piazza per il 1 Maggio grandi o piccoli che siano,teletrasmesse da canali pubblici italiani,rai,saranno le piazze piene di giovani per la maggioranza,che oggi studiano e che non sanno cosa gli aspetta il domani che vedendo come si sta evolvendo non si presenta tanto roseo.


                   




lunedì 28 aprile 2014

Malato d’amianto, carattere di ferro: "Sono un sopravvissuto allafabbrica"




venerdì 25 aprile 2014

Una controstoria d'Italia raccontata in prima persona Dai massacri partigiani alla crisi di oggi

Sangue, sesso, soldi. È questo il titolo che Giampaolo Pansa ha dato al suo nuovo libro, in libreria da mercoledì prossimo per i tipi di Rizzoli (pagg. 450, euro 19). A partire da queste tre «S» poco edificanti il giornalista racconta quella che, a partire dal sottotitolo dell'opera, potremmo definire una «controstoria d'Italia dal 1946 a oggi». E nella narrazione si parte proprio dal sangue, perché Pansa, proseguendo un filone di cui è il capostipite, continua a svelare, liberandole da quel velo di omertà che le copre da sempre, le stragi seguite al 25 aprile. Ma non solo, Pansa forte di decenni trascorsi come inviato di razza segue la scia di violenza che si dipana sino ai nostri giorni. Passando per il terrorismo - di cui un pezzo della borghesia italiana, spostata a sinistra, si è rifiutata di voler ammettere l'esistenza - e per le vicende della mafia. Poi è dato largo spazio anche al sesso, diventato fissa nazionale e trasformato in arma politica, e al denaro, quasi sempre sporco («gli anni di Tangentopoli... ci hanno svelato un'Italia ributtante»).
Pansa ha scelto una narrazione in prima persona, antiaccademica. Mette sempre in primo piano personaggi grandi e piccoli che ha incontrato. Una sorta di Tableau vivant per raccontare una nazione. C'è da aspettarsi che non mancherà la polemica. E Pansa se lo aspetta. Così nell'introduzione: «Siamo su un terreno che spingerà molti a rinfacciarmi di aver scritto un libro di destra. Voglio subito dire che l'etichetta non mi spaventa. Anzi, la considero una medaglia se per destra si intende l'opposto di una sinistra culturale marmorea e bugiarda che per anni ha spacciato una lettura della storia d'Italia inquinata dal partito preso». 

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giovedì 24 aprile 2014

Dopo aver de-industrializzato l'Italia, distruggiamo pure il turismo!


A cura di Alessandro Raffa per nocensura.com
 
Il "belpaese" potrebbe vivere di turismo, ma tra disservizi, prezzi salati e non ultimo le "trappole per turisti" - con i prezzi che gonfiano talvolta in modo criminale, come i numerosi casi registrati in diversi luoghi della penisola dove per due coppe gelato, oppure qualche caffè e cappuccini vengono presentati conti assurdispesso ai turisti giapponesi, ma non solo - stiamo facendo di tutto per allontanare i turisti. Fino a qualche lustro fa la costa della Toscana era invasa dai tedeschi, ora sempre meno: preferiscono altri lidi, la Croazia, la Spagna, dove nessuno chiede 8 o anche 10 euro per una pizza.

È qualcosa di assurdo quello che è capitato a 1900 turisti per lo più francesi (non 2-3 o 10, ma 1900!) la giornata di Pasquetta: sono sbarcati a Portoferraio (Isola d'Elba) con una mini crociera della che sul sito della compagnia di navigazione, in francese, era pubblicizzata così: "una mini crociera sull'isola d'Elba per il bicentenario dell'esilio di Napoleone" e sapendo che sull'Isola ci sono le due residenze del celebre imperatore francese, molti partecipanti avrebbero voluto visitarle: oltretutto, pur non menzionando le residenze napoleoniche, la mini-crociera faceva comunque riferimento al bicentenario,quindi presumibilmente, i partecipanti avrebbero avuto facoltà di visitarle;

MA QUANDO SONO SBARCATI SULL'ISOLA HANNO TROVATO CHIUSE LE DUEVILLE ELBANE DI NAPOLEONE. Sono arrivati ai cancelli di Villa San Martino e hanno trovato chiuso!

Ovviamente si sono inferociti, visto che molti di questi si erano recati all'isola d'Elba appositamente per visitare le residenze dell'imperatore francese in occasione del pubblicizzato (sopratutto in Francia) bicentenario.

Chi ha organizzato la mini crociera evidentemente non si è premurato di organizzare niente, ne di consultare gli orari delle ville, e lo ripetiamo: non avrebbero dovuto farlo per 4 gatti ma per un'orda di quasi 2000 francesi.
UNA EPICA FIGURA DI CACCA PER L'ITALIA E PER L'ISOLA D'ELBA, NELL'ANNO DELLE CELEBRAZIONI DEL BICENTENARIO CHE POTREBBERO ATTIRARE SULL'ISOLA MOLTISSIMI FRANCESI.

I turisti delusi si sono sfogati ui social network, e c'è da capirli. Se all'estero ci criticano e ci deridono hanno pienamente ragione. 
Quei 1900 francesi sarebbero potuti tornare in Patria con un bel ricordo, pubblicizzando con i loro amici la bellezza dell'Isola d'Elba, delle ville napoleoniche, il buon cibo toscano/italiano... invece ci dipingeranno in modo ben diverso. Hanno buttato via soldi e tempo



(Vedi l'articolo de Il Tirreno sulla vicenda)

In questo periodo di crisi i turisti che portano soldi in Italia dovremmo trattarli con i guanti gialli, dovremmo impegnarci per dare una buona immagine e per soddisfare chi ci affida le proprie vacanze, invece non perdiamo occasione per fare figure barbine.

Il turismo è una risorsa immensa, garantisce posti di lavoro a centinaia di migliaia di persone e potrebbe garantirne di più se solo ci fosse maggiore serietà e senso di responsabilità, da parte di tutti: dello Stato, degli operatori turistici, e anche dei pubblici esercizi.

CHI HA ORGANIZZATO QUESTA MINI CROCIERA A MIO AVVISO DOVREBBE RIMBORSARE I TURISTI DELUSI, OPPURE DOVREBBE ORGANIZZARE UN NUOVO VIAGGIO GRATIS (che poi, comunque, i partecipanti spenderebbero denaro per mangiare, per i souvenirs, i biglietti dei musei etc)

IN GENERALE, CHI DANNEGGIA L'IMMAGINE DELL'ITALIA CON DISSERVIZI MA ANCHE PRESENTANDO AI TURISTI CONTI SPROPOSITAMENTE ASSURDIDOVREBBE ESSERE PUNITO.
Oppure finiamo di distruggere anche il settore turistico, dopo aver distrutto (ma questa non è colpa dei cittadini) quello industriale...
NON C'È LIMITE AL PEGGIO! 
SE UN CITTADINO, MAGARI ARRABBIATO, SI SFOGA ESCLAMANDO "SIAMO UN PAESE DI MERDAVIENE PROCESSATO PER VILIPENDIO ALLA NAZIONE...  CHI RENDE L'ITALIA TALE, O COMUNQUE NE DANNEGGIA IMMAGINE E REPUTAZIONE INVECE TALVOLTA VIENE PREMIATO...


COMPLIMENTI VIVISSIMI!


Alessandro Raffa per nocensura.com

PS: Di seguito un servizio sui gondolieri di Venezia, dopo l'ennesimo servizio di Striscia la notizia, e un servizio sui prezzi esosi a Roma: ma in altre località la situazione non è migliore. Basta una breve ricerca su google per trovare decine, centinaia di casi: sempre a Venezia una cena può costare 600€, mentre a Rimini2 spritz ai turisti costano persino 40€, a Firenze 2 gelati 30€, come a Roma a qualcuno 4 gelati sono costati 64€; da nord a sud turisti spennati ovunque: aPortofino alcuni commercianti sono stati denunciati, e questo non accade solo nelle località più prestigiose e rinomate: c'è chi viene spennato anche in luoghi meno gettonati dal turismo di massa, come Gallipoli. Fate qualche ricerca su Google ("turisti spennati" - "turisti truffati" - "prezzi cari turisti" etc) per rendervi conto di quanto sia diffuso il malcostume di stangare i turisti che scelgono di passare le vacanze nel "belpaese"... 

mercoledì 23 aprile 2014

Under 19 Geas basket e Libertas volley: le atlete che fanno il vanto diSesto


Under 19 Geas basket e Libertas volley: le atlete che fanno il vanto di Sesto



Due vittorie memorabili. I complimenti del presidente della Consulta dello sport Nossa
La formazione della Libertas volley
La formazione della Libertas volley
Due grandi soddisfazioni dalle società sportive sestesi. Al femminile. Le rossonere del Geas basket under 19 di coach Cinzia Zanotti battono in finale la Reyer Venezia col punteggio di 60-46, compiendo una perfetta rivincita proprio sulle lagunari, campioni lo scorso anno proprio a scapito del Geas. Il trionfo arriva a due anni di distanza dall’ultimo titolo conquistato dall’U19 geassina, con la società sestese che si conferma al top del basket giovanile italiano. Questo è infatti il 16° titolo giovanile per il Geas, un record! 
Danno bella prova anche le Libertas girls, che hanno in questi giorni centrato l’obiettivo di riconquistare la serie D dopo due soli anni, in una stagione che le ha viste vincenti 24 partite su 25: ne manca ancora una alla fine del campionato, ma è pura formalità.
La città tutta è orgogliosa delle sue atlete e Moreno Nossa, presidente della Consulta dello sport sestese esprime la gratitudine alle squadre e alle società che tengono alti i colori della città: "Alle ragazze della libertas vanno le felicitazioni mie e di tutta la Consulta dello sport per le grandi soddisfazioni che ancora sapranno darci con passione e tenacia nel campionato regionale della prossima stagione. Brave Girls, Sesto San Giovanni è orgogliosa di voi!". Anche per il team rossonero parole d'incoraggiamento, la prima squadra, infatti, non ha agguantato per quest'anno la serie A1.
"Le ragazze del Geas basket non andranno in A1 la prossima stagione, sconfitte dal Torino che nelle ultime due partite ha meritato di andare in finale giocandosela con Trieste. Sconfitte, ma non dome! Ci sarà tempo per le analisi, ma quello che rimane di questa stagione sono queste giovanissime giocatrici tutte selezionate dal vivaio GEAS, che ci hanno messo cuore e muscoli regalandoci vittorie incredibili e ridato entusiasmo per riprovarci il prossimo anno con determinazione. Voglio fare i complimenti, anche a nome della Consulta dello Sport, al vanto sestese del GEAS Basket e ... Forza ragazze, sarà sicuramente per l’anno prossimo!".


sabato 19 aprile 2014

Un museo del fascismo nella città del Duce

Un museo del fascismo nella città del Duce

Il sindaco (renziano) progetta una esposizione permanente nella diroccata Casa del Fascio, per anni simbolo di un passato da dimenticare. Ma ora è tempo di capire e storicizzare


Chi era Benito, prima di diventare Mussolini? E com'era l'Italia, quando Mussolini era Duce? E cosa rimase, quando cadde il Duce Benito Mussolini? Soprattutto: quale città può, meglio di tutte, raccontare questa Storia?
A Predappio, città dove tutto nacque e dove tutto silenziosamente continua, ci arrivi portato da una strada maestosa, già viale Mussolini e ora, per catarsi toponomastica, viale Matteotti.
È costeggiato, a destra e a sinistra, da meravigliosi e fascistissimi edifici, voluti dal Duce e disegnati da Florestano di Fausto, l'architetto che negli anni Venti trasformò la località di Dovia, che aveva dato i natali a Mussolini, nella Predappio «Nuova» che doveva celebrare il mito delle origini del Duce. Fu detto, in sfregio alla verità e in omaggio al Condottiero, che la Predappio vecchia, in collina - la Predappio Alta di oggi - stava crollando per una frana, e attorno al casone dove il 29 luglio 1883 era nato, da un fabbro e da una maestra, Benito Mussolini, si costruì una città ex novo. Questa.
Di qua e di là dal vialone, sfilano, razionali e massicci, l'edificio delle Poste, l'esedra del mercato, il teatro, la Casa per i dirigenti dell'Aeronautica Caproni (dell'immensa fabbrica, su in collina, rimane solo una grande M di mattoni romani), la caserma dei Carabinieri, l'asilo comunale gestito, oggi come allora, caso unico in Italia, da suore... Tutti gli edifici hanno ancora le piastrelle originali in ceramica col numero civico, da cui è stato staccato il fascio littorio... E, in fondo, prima della grande piazza centrale - sproporzionata, come le ambizioni del Duce - proprio sotto Palazzo Varano dove per vent'anni risiedettero i Mussolini, e che oggi è sede del Comune, troneggia la monumentale Casa del Fascio, un tempo magnifica, oggi in completo abbandono: tre piani, 2400 metri quadrati, marmi che profumano di regime e una grande Storia da narrare. Diventerà - se le cose andranno come devono - la sede del primo museo del Fascismo. Voluto da un sindaco di sinistra.
Il sindaco di sinistra si chiama Giorgio Frassineti, ha cinquant'anni, renziano, post-ideologico, sangue romagnolo e mascella volitiva. È geologo e la propria terra la conosce molto bene. Ricandidato per le prossime elezioni amministrative del 25 maggio, ha molte probabilità di vincerle. E se ciò accadrà, con altri cinque anni davanti, farà qualcosa di rivoluzionario per queste parti: «Basta con la Predappio del turismo in camicia nera. La città non deve celebrare, né sopportare il fascismo. Lo deve conoscere, in modo completo. E per farlo, deve sapere cosa è stato il fascismo, come è nato e come è caduto: occorre raccontarlo, senza paure. Occorre un museo. A Predappio c'è anche il luogo adatto...».
Pedagogica e propagandistica, la Casa del Fascio di Predappio fu costruita fra il '34 e il '37, un parallelepipedo fluido ed eclettico: cotto romano, travertino e torre littoria. Scalone monumentale, vetrate immense, marmi e uno sfarzoso salone delle feste. All'epoca ospitava gli uffici del Partito ed era il centro della vita politica e sociale della città. Oggi è invasa da colombi che nidificano nella torre, mobili sfasciati, muffa, vetri rotti, ed è il simbolo della colpa primigenia cittadina. Architettonicamente ancora splendida, la Casa del Fascio oggi è in degrado.
Trasformarla in museo avrebbe un costo economico alto, ma con gli aiuti europei o dei privati, accessibile. Ma trasformarla in un museo del Fascismo, avrebbe costi politici ancora maggiori. La città lo accetterebbe? E la sinistra locale? E quella nazionale? Gli storici cosa direbbero? E i nostalgici? E le vestali della Resistenza?
Il sindaco Frassineti, seduto nel suo studio a Palazzo Varano, dietro la grande scrivania in rovere che arriva dalla Rocca delle Caminate, il castello sulla collina di Predappio che fu residenza estiva di Benito Mussolini negli anni Trenta («quando arrivava Lui, accendevano un faro con il fascio tricolore che aveva 60 chilometri di raggio, illuminava mezza Romagna...»), una risposta ce l'ha. È la storia che ci racconta: «Questo palazzo fu la seconda casa dei Mussolini, si trasferirono qui perché l'edificio ospitava, al primo piano, la scuola dove insegnava la mamma, Rosa Maltoni. Il mio ufficio è la stanza dove dormiva il piccolo Benito. Proprio lì, dov'è seduto lei. È comodo?».
Fare il sindaco è già difficile. Fare il sindaco di Predappio, ancora di più. Fare il sindaco di sinistra a Predappio, dev'essere scomodissimo. Il primo del dopoguerra, un comunista, si chiamava Partisani, e di nome faceva Benito... «Se nel Ventennio Predappio fu la meta ideale di ogni italiano, la Galilea di tutti noi come diceva Starace, quando si spostavano addirittura le fonti del Tevere perché tutto nascesse qui, dopo il '45, sulla città cadde la damnatio memoriae. Nessuno ci venne più. Solo silenzio e disonore». Fino al 1957, quando divenne presidente del Consiglio Adele Zoli, «un democristiano bacchettone, non proprio bellissimo, e infatti lo chiamavano Odone... Però era di Predappio, unica città d'Italia, finora, che ha dato i natali a due premier, neppure Roma... Comunque, Zoli fece quello che nessuno aveva osato prima. Riportò qui, da Cerro Maggiore, su un'auto americana, in una cassa di sapone, la salma di Mussolini. Fu un gesto di pietà cristiana, e di saggezza politica. Anche Montanelli e Biagi scrissero che era giusto così...». Bisognava liberare lo Stato da un cadavere in esilio che lo teneva in ostaggio da anni. E da quel momento tutto cambiò. «Quel giorno nel cimitero di Predappio, sulla tomba di famiglia dei Mussolini, il libro delle firme, primo di una lunga serie, raccolse 400 nomi». Iniziava il pellegrinaggio della memoria. «Per lungo tempo fu un pellegrinaggio silenzioso. Poi nel 1983, il giorno del centenario della nascita del Duce, 29 luglio, arrivarono venti-trentamila persone, chi lo sa? Polizia schierata, il sindaco - ancora del Pci - che temeva gli scontri, tensioni. Ma non accadde nulla... Veniva sdoganata la fascisteria nostalgica. Fino a quando, nel 1994, per la prima volta l'amministrazione comunale, Pds, concede l'autorizzazione ad aprire tre negozi di souvenir...». Paccottiglia, che prima veniva venduta sottobanco: busti, fasci, vino del Camerata... «Fu un errore: da allora Mussolini viene gestito da un gruppo di commercianti invece che dalla comunità». L'ha detto tante volte il sindaco Frassineti: «Raduni e fascisteria sono i nemici di Predappio. Non ci permettono di pensare al futuro, ci relegano al passato, fuori dalla storia. Bisogna ribaltare tutto: non celebrare il Duce degli italiani, ma capire il fascismo e Mussolini». E cosa meglio di un grande museo?
Intanto, per preparare la strada, che sarà lunga, costosa e scivolosa, il sindaco ha tracciato il solco. Con una decisione storica, pochi mesi fa, ha aperto la Casa natale di Mussolini, il «vecchio» casone sopra l'esedra del mercato - da sempre meta di pellegrinaggio, insieme alla cripta nel cimitero in fondo al paese - per ospitare una mostra su Il giovane Mussolini: lettere, cartoline, fotografie, giornali, ritratti che raccontano gli anni dell'adolescenza e la formazione politica dell'Uomo nuovo venuto dalla Terra del nulla... La mostra, per nulla celebrativa, con un comitato scientifico composto da storici di sinistra, è aperta solo nel weekend e stacca un centinaio di biglietti al giorno. Nessun neofascista, tutta gente normale.
Fa impressione, arrivando davanti alla vecchia casa del fabbro, incrociare gli occhi di un giovane Benito Mussolini, baffi e finanziera, nella gigantografia 6 metri per 6 che campeggia sulla facciata. Eppure, anche se una cosa del genere era impensabile fino a pochi anni fa, in una Predappio che certe cose preferisce non vederle, o che sopporta con fastidio, non c'è stata la minima polemica. «A riprova che la mostra è stata fatta con attenzione - è la spiegazione che si dà con orgoglio Franco Moschi, che ha concesso il materiale esposto, 200 pezzi su una collezione personale di oltre 35mila, probabilmente la più grande esistente sul fascismo -. Niente di politico o di politicizzato, perché non c'è niente da negare o da celebrare. Solo capire le radici di una vita che ha segnato il Novecento».
Predappiese («Ma per anni ho detto che ero di Forlì..., essere di qui non è facile, mi creda»), 53 anni, imparentato alla lontana coi Mussolini («Il mio bisnonno e Benito erano cognati, Romano è stato per me un secondo padre e Donna Rachele mi regalò i primi libri...»), Franco Moschi conosce bene il fascismo, e ancora meglio Predappio. «Non abbiamo bisogno di elmetti e gagliardetti. Ma di mostre e di studi».
In Italia si contano circa 55 Istituti storici della Resistenza. Molte le mostre e le manifestazioni per ricordare ciò che accadde alla «fine» o «dopo» il Ventennio. Nulla su ciò che fu «all'inizio» o «durante».
Predappio, dove tutto cominciò, centotrent'anni fa, sarebbe perfetta per la prima museificazione del Fascismo. C'è una splendida Casa del Fascio da recuperare, un sindaco di sinistra che ci crede, una città che vuole uscire dal silenzio e abbattere i sensi di colpa. Ben più resistenti, purtroppo, dei fasci littori di marmo.

venerdì 18 aprile 2014

E vogliono la patrimoniale Anm, taglio agli stipendi: "Non toccate quelli dei magistrati"

Anm, taglio agli stipendi: "Non toccate quelli dei magistrati"Al tempo del governo Renzi, impegnato a trovare i soldi per "offrire" gli ormai famigerati 80 euro in busta paga, si vocifera di tagli un po' per tutti: manager pubblici (questi ci saranno), manager privati, docenti e professori, gerarchie militari e anche pensionati. In mattinata Repubblica ha diffuso un'indiscrezione, non smentita, ossia che la scure dell'uomo da Pontassieve possa abbattersi anche sui magistrati, allineando il loro compenso massimo lordo a 260mila euro, quanto percepito dal presidente della Repubblica. Una cifra comprensiva di Irpef e contributi previdenziali.
La rivolta togata - Apriti cielo. Basta una voce a innescare la rivolta togata. A prendere carta e penna è l'Associazione nazionale magistrati, che scrive della "gravità di una eventuale iniziativa unilaterale del governo che, senza alcun confronto con le categorie interessate e in via d'urgenza", potrebbe procedere "a una riduzione strutturale delle retribuzioni". La magistratura, aggiunge il sindacato delle toghe, "consapevole delle forti difficoltà che investono vasti strati della popolazione, non vole sottrarsi all'impegno di solidarietà", ma "la redistribuzione delle risorse deve avvenire in modo equo". Che tradotto dal linguaggio dei magistrati - "in modo equo" - significa: tagli a tutti, ma non a loro.
"Patrimoniale" - Per le toghe l'eventuale taglio dovrebbe avvenire "a parità di capacità contributiva, e dunque con strumenti di natura fiscale, e non con soluzioni inaccettabili, che incidono unicamente su una parte del pubblico impiego senza colpire gli evasori, le grandi rendite e le retribuzioni del settore privato". I magistrati, dunque, oltre a respingere sdegnati l'ipotesi di un taglio che li riguardi, suggeriscono la strada al governo: tassare le "grandi rendite" (magari con una patrimoniale?) e le retribuzioni del settore privato.
Gli "intoccabili" - Ma tant'è. Ora, nel mirino del governo Renzi, ci sono pure i magistrati. Gli "intoccabili" sono almeno trenta, e sono quelli il cui stipendio supera di gran lunga il tetto fissato per i manager pubblici. Il più pagato di tutti è Gaetano Silvestri, primo magistrato di Cassazione che si mette in tasca qualcosa come 1.490 euro al giorno che in un anno fanno 545.900 euro che arriveranno a 560 mila quest'anno. A ruota lo segue il segretario generale della Camera Ugo Zampetti che con i suoi 1309 euro al giorno prende l'esatto doppio di quanto Renzi avrebbe fissato come soglia. Al terzo posto, ex equo con altri 14 giudici della Corte Costituzionale che guadagnano 454 mila euro l'anno, ovvero 1243 euro al giorno. A seguire c'è Elisabetta Serafin, segretaria generale del Senato, che viaggia sui 427mila euro, ci sono i vice di Zampetti, Aurelio Speziale e Guido Letta (entrambi a quota 358mila euro), ci sono otto funzionari di Montecitorio a 300 mila euro, altri sette a 375 mila e no oltre i 400 mila.
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giovedì 17 aprile 2014

Ebola e Tbc sbarcano con gli immigrati La carenza di controlli sulle navi mette a rischio contagio i militari. Ma la Marina rassicura: "Siamo preparati"


Roma - Tre circolari del ministero della Salute in quindici giorni. L'ultima, martedì. Tutte con lo stesso argomento in oggetto: «Misure di sorveglianza per contrastare la diffusione dell'Ebola».

Personale medico assiste sospetti malati di ebola a Conakry, Guinea
E in tutte i toni sono piuttosto allarmati.
Da un punto di vista ufficiale, tali misure sono concentrate sui «punti internazionali d'ingresso»: porti, aeroporti, frontiere. Ma l'operazione Mare Nostrum ha - nella sostanza - esteso questi «punti internazionali d'ingresso» a tutto il Mediterraneo. E in prima linea ci sono gli uomini della Marina militare e delle Capitanerie. Sono loro che accolgono, recuperano, salvano i migranti che a frotte arrivano nella Penisola.

Le loro uniche protezioni sono guanti in lattice e mascherina. Bastano a fermare l'Ebola? Un ufficiale di rango preferisce non scendere in dettagli. «Ci hanno spiegato - dice - che i migranti che soccorriamo non possono essere infetti da Ebola. La malattia ha un'incubazione di 21 giorni. Quindi, quelli che imbarchiamo sui nostri mezzi al centro del Mediterraneo non possono averla. Chi l'ha contratta nei paesi in cui è stata segnalata l'epidemia è già morto prima di imbarcarsi dalle coste libiche».
E se un contagiato l'avesse trasmessa durante il periodo in attesa dell'imbarco, prima di morire? La domanda cade nel vuoto. «Il contagio è improbabile», ripete. «Comunque - aggiunge - il migrante che segnala febbre alta e astenia viene messo subito in isolamento».
Il ministero della Salute, comunque, in chiave anti-ebola chiede alla Marina militare ed alle Capitanerie di imbarcare sulle proprie navi «barelle di alto bio-contenimento»: «Il cui impiego potrebbe essere necessario per il trasporto di pazienti all'interno del territorio nazionale, sui vettori aerei ad ala fissa o rotante».
Ma il problema più serio per gli uomini della Marina non sono i migranti a bordo dei barconi, sono quelli che vengono portati a terra dai mercantili. L'alto numero (in tre giorni ne sono arrivati 6mila) e la mancanza di controlli preventivi operati a bordo delle navi militari, fa di questi migranti un evidente rischio epidemiologico. Insomma, il rischio che qualche migrante possa sfuggire al calcolo probabilistico legato ai tempi d'incubazione dell'Ebola c'è eccome.
Tant'è che il ministero invita l'Enac a informare le compagnie aeree delle «procedure nazionali per l'evacuazione medica ed il trasporto in alto bio-contenimento di persone affette, o sospette di essere affette, da malattie infettive contagiose». Evacuazione medica - precisa la circolare della Salute - che deve essere effettuata anche senza ricorrere ai velivoli dell'Aeronautica militare.
E proprio all'Aeronautica, il ministero della Salute chiede di verificare la possibilità di caricare sui propri mezzi «ambulanze ad alto isolamento in dotazione all'Istituto per le Malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”».
Ma a preoccupare non è solo l'Ebola, che potrebbe non arrivare (sempre per il famoso calcolo probabilistico), ma anche la tubercolosi. Negli ultimi anni la diffusione della Tbc è aumentata di quasi il 50 per cento: da 4 a 6mila casi all'anno. Era stata praticamente debellata negli anni Ottanta, per poi tornare a crescere.
La causa della diffusione è la crescente immigrazione da paesi ad alta endemia. Non solo. La terapia seguita (massicce dosi di antibiotici) sta selezionando ceppi batterici che diventano sempre più resistenti alle cure. E anche questi malati vengono accolti da marinai dotati solamente di guanti in lattice e mascherine.
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mercoledì 16 aprile 2014

180milioni di euro fuori dalle tasche degli italiani per "aiutare" l'Ucraina


180milioni di euro fuori dalle tasche degli italiani per aiutare l'UcrainaCe lo chiede l'Europa! L'ultima grottesca azione intrapresa dai tecnocrati burattinati dalla Bundesbank consisterebbe nell'erogazione di ingenti "aiuti" verso la popolazione ucraina, che non si trova nemmeno in una situazione di conflitto. Non parliamo di briciole, bensì di più di un miliardo e mezzo di euro, flusso di denaro pronto a entrare in un nuovo mercato per creare il solito finto "boom" economico, quello che è puntualmente seguito da ripetuti crack.

I rappresentanti di Bruxelles sanno benissimo che a fronte di tali aiuti la nuova Ucraina che uscirà fuori da questa crisi sarà ormai compromessa per entrare nell'area dell'Unione Europea, nonostante oltre metà della popolazione non sia favorevole a ciò. Questi "aiuti" non sono altro che un flusso ricattatorio di denaro a debito, perché le autorità ucraine nel poterlo utilizzare dovranno ovviamente sottostare alle richieste di chi il denaro lo concede. Quindi nessun aiuto, chiamiamoli pure investimenti di sciacalli privati, pronti ad estendere i loro tentacoli su una nuova nazione/mercato.

In tutto questo l'Italia continua a recitare imperterrita il ruolo di anonima comparsa pagante, dato che a fronte della nostra posizione di contribuenti del bilancio Ue (circa il 12%) dovremmo sborsare la bellezza di 180.000.000 milioni di euro. E tutto questo perchè? Per avere un'ulteriore apertura dei mercati e quindi un nuovo concorrente pronto a surclassare i nostri prodotti con salari da fame? Oppure per vedere le aziende operanti in Italia trasferirsi laddove ora si potranno sfruttare meglio i lavoratori con un maggiore abbattimento dei costi di produzione?

La nostra è politica di sadomaso estero, il petrolio libico e i marò sono solo due piccoli esempi di come siamo stati capci di farci soffiare le cose sotto al naso senza dire "mah". Tra poco perderemo il gas russo in nome della sottomissione che ci lega agli States...certo esisterebbe una via di mezzo tra il "me ne frego" e tutto questo.

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martedì 15 aprile 2014

Irpef, i tagli di Renzi non valgono 80 euro al mese I calcoli dell'Istat: "Il guadagno medio per i più poveri è di 714 euro all'anno". Cifra ben lontana dagli 80 euro al mese


La buona notizia è che la crescita dell’economia italiana nel 2014 dovrebbe proseguire secondo "ritmi moderatamente positivi".

La cattiva notizia, invece, è che il guadagno medio annuo dello sconto Irpef previsto dal governo sarà di 714 euro per le famiglie più povere.
Il che, stando ai calcoli dell'Istat, significa meno di 60 euro al mese. Altro che gli 80 promessi dal premier Matteo Renzi. Lo sconto scende via via fino a 451 euro per le famiglie più ricche. Cioè si passa dal 3,4% del reddito allo 0,7%. E non andrà meglio alle imprese che beneficeranno del taglio del 10% dell'Irap. "L’elevata presenza di imprese con base imponibile negativa o nulla a fini Irap restringe la platea degli interessati al provvedimento", calcola l'Istat spiegando che si tratta di 620mila imprese. Vale a dire il 72,2% (circa due su tre) delle società considerate.
"Le indicazioni di un moderato miglioramento dei ritmi di attività economica, pur diffusi in misura differenziata tra i comparti produttivi, porterebbero a delineare un percorso di moderata espansione del prodotto lordo nel corso del 2014". Nel corso di un’audizione sul Def alla Camera, il presidente dell’Istat Antonio Golini snocciola i drammatici effetti di una crisi economica che non sembra mollare il sistema Italia. A patirne maggiormente è il mercato del lavoro. Dal 2008 al 2013 la perdita è stata di quasi un milione di occupati. Le differenze territoriali si sono amplificate col Mezzogiorno che rispetto al 2008 ha registrato un calo del 9% contro il 2,4% del Nord. Tuttavia, l'Istat prevede nel primo trimestre dell’anno il pil torni ad accelerare rispetto al quarto trimestre del 2013. Un'accelerazione purtroppo modesta. "La moderata ripresa - si legge nel bollettino dell'Istituto di statistica - dovrebbe continuare con ritmi pressoché analoghi nei restanti trimestri dell’anno in corso". Se queste previsioni fossero confermate il pil dell’anno potrebbe raggiungere il +0,8% in linea con le ultime previsioni del governo.
Le misure del Def, licenziato la scorsa settimana dall'esecutivo, produrranno un effetto positivo sul pil dello 0,2% e sul fisco per 11,3 miliardi all'anno. Al netto degli interventi di copertura delle maggiori spese e minori entrate previste dal Def, l’effetto positivo della crescita potrebbe essere ridotto a circa 0,1%. Purtroppo, però, la portata delle misure di Renzi non è all'altezza delle promesse fatte. Con gli sconti Irpef che il governo si appresta ad approvare "il guadagno medio annuo per beneficiario è pari a 714 euro per le famiglie più povere" del primo quintile. Si oscilla da massimo 796 euro all'anno (poco più di 65 euro al mese) per le famiglie più povere a 451 euro all'anno (poco meno di 40 euro al mese) per le famiglie più ricche. "Solo il 9,5% della spesa totale per l’intervento - ha sottolineato l'Istat - viene erogato alle famiglie appartenenti al quinto di reddito più povero".
Non va meglio alle imprese. L’elevata presenza di aziende con base imponibile negativa o nulla ai fini dell'Irap restringe, infatti, la platea degli interessati agli sgravi del governo. Secondo i calcoli dell'Istat, si tratta di "circa 620mila imprese, pari al 72,2% delle società considerate". "I beneficiari - ha concluso Golini - sono percentualmente più numerosi tra le imprese medio-grandi che operano nel settore manifatturiero, le imprese residenti nel Nord-Ovest, e le imprese in gruppo nazionale ed estero".
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lunedì 14 aprile 2014

MONETA UNICA, ADDIO? Uscire dall'euro è possibile: tutti i dettagli del piano bipartisan

La soluzione

Pronto il piano bipartisan per uscire dall’euro

Pronto il piano bipartisan per uscire dall’euro

Trasformare le idee di economisti sempre più numerosi in azione politica. Attuare un «piano B» per modificare l’euro, o per abbandonarlo del tutto. I politici, anche in Italia, si preparano così all’appuntamento delle prossime Europee. A destra e a sinistra, dalla Lega Nord a Rifondazione Comunista. La conferma arriva dal convegno sul tema: «Un’Europa senza euro. Costi e benefici per imprese e famiglie europee. Analisi e proposte di economisti e politici europei», promosso dall’associazione a/simmetrie e dal Manifesto di Solidarietà Europea, rete internazionale di economisti, che si propone di salvare l’integrazione europea attraverso lo smantellamento controllato dell’Eurozona.
I lavori del convegno si aprono con un minuto di silenzio assoluto per ricordare le tante vittime della crisi economica che sta attanagliando la vita assediando milioni di europei. Nella sala gremita dell’Auditorium Antonianum di Roma il silenzio è totale e sembra introdurre simbolicamente alle immagini che di lì a poco scorrono su un grande schermo. Uomini e donne che manifestano per le strade di Atene, senza più un lavoro, senza la certezza di poter essere curati dalla sanità pubblica. Scorrono le immagini della gente in fila per un pasto caldo distribuito per la strada, consumato su una panchina, mentre si alternano i commenti di intellettuali, lavoratori, medici, giornalisti (quelli dell’ERT, l’emittente radiotelevisiva chiusa per mancanza di fondi), che descrivono l’inferno in cui sta precipitando la Grecia. «Il più grande successo dell’euro», si intitola il documentario presentato e ideato da una troupe di follower del blog Goofynomics di Alberto Bagnai, prendendo il titolo - con tragica ironia - da una famosa affermazione di Mario Monti. Nel settembre 2011 l’ex premier definì infatti la Grecia proprio «il più grande successo dell’euro».
Quelle immagini, viene scandito nei successivi interventi, potrebbero illustrare il futuro prossimo venturo per molti altri europei. Gli italiani in primis. Un concetto declinato da economisti, politici (per l’Italia, Giorgio La Malfa, Gianni Alemanno, Ugo Boghetta, Stefano Fassina, Guido Crosetto, Ignazio Messina, Matteo Salvini), storici, giornalisti, di ogni orientamento, di tutta Europa, che si confrontano in pubblico sulla necessità di un «piano B», ossia che fare quando l’uscita dall’euro si renderà necessaria, se le richieste di riforma dell’assetto monetario dell’Ue saranno, ancora una volta, cadute nel vuoto. Un dato è tangibile: un anno fa, ad un convegno sull’argomento, hanno partecipato pochi esperti e quasi nessun politico. Ora il fronte del no-Euro - estremamente variegato - si è molto allargato ed è certo un suo impatto sulle elezioni di maggio. Ecco allora Hans-Olaf Henkel, ex presidente della Confindustria tedesca, e attuale candidato di Alternativa per la Germania alle Europee, spiegare che per salvare l’euro o si fanno gli Stati Uniti d’Europa oppure si deve dividere l’area della moneta unica, con i Paesi più forti che utilizzano un’altra valuta. «Ripensare l’euro» è l’unica soluzione per evitare il baratro: ne è convinto l’olandese Frits Bolkestein, ex commissario Ue. Alberto Bagnai, autore del saggio Il tramonto dell’euro, presenta una ricerca condotta da a/simmetrie per quantificare l’impatto di un riallineamento del cambio sul prezzo della benzina. Nel caso estremo di svalutazione del 40 per cento rispetto al dollaro il prezzo della benzina aumenterebbe di circa il 6% in 6 mesi. È successo di peggio dentro l’euro, sottolinea Bagnai.
«Sono venuto ad ascoltare per trasformare in azione politica ciò che è stato detto qui», spiega Salvini, segretario della Lega Nord e capolista nelle prossime elezioni, durante il dibattito moderato da Mario Giordano, direttore del Tg4 e autore, tra i molti altri, del bestseller Non vale una lira. Sempre convinto, Salvini, che «l’euro stia uccidendo l’Europa», mentre in Italia «una nostra moneta tornerebbe a far correre l’economia». «La costituzione italiana non conta più niente da quando c’è l’euro», ribatte convinto Boghetta, di Rifondazione Comunista. La strada da imboccare è una sola, sostiene Alemanno, candidato alle Europee per Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale: bisogna «rinegoziare i trattati, altrimenti si esce dell’Eurozona»
di Caterina Maniaci
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domenica 13 aprile 2014

Vado Ligure, botte e umiliazioni a disabili in una casa di cura Dodici arresti tra gli operatori della struttura, dove i pazienti erano oggetto di costanti sevizie e percosse



Disabili ricoverati in una struttura psichiatrica, costretti a subire abusi e maltrattamenti. Accadeva a Vado Ligure, nel Savonese, dove 12 operatori socio-sanitari della struttura "Centro Vada Sabatia" sono state arrestati dalla Guardia di Finanza con l'accusa di maltrattamenti ai danni dei pazienti che avevano in cura.
Dei sedici impiegati presso la struttura, solo quattro sono risultati completamente estranei ai fatti, mentre nove sono stati reclusi in carcere e tre confinati agli arresti domiciliari. Secondo la ricostruzione dei finanzieri del comando provinciale savonese, persone affette da problemi neurologici e psichiatrici venivano regolarmente picchiate e umiliate all'interno della struttura in cui erano ricoverate.
La vicenda è venuta alla luce grazie alle segnalazioni dei parenti delle persone ricoverate, che hanno riferito ai militari le confidenze raccolte presso i familiari ospitati presso la struttuera psichiatrica. Dopo oltre cinquanta giorni di indagini, in cui sono state effettuate diverse ore di riprese grazie a telecamere nascoste all'interno della casa di cura, sono scattate le dodici misure di custodia cautelare.
Gli assessori alla salute e al welfare della regione Liguria hanno annunciato la "sospensione dell'accreditamento" per la casa di cura finita nella bufera.

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"Quanto accadeva in quella struttura era una cosa inaccettabile. Nessuno deve permettersi di mettere a rischio la salute delle persone e di offendere la loro dignità pensando che resterà impunito -  commenta il ministro della Salute Beatrice Lorenzin - Per questo ho istituito nel luglio scorso una task force permanente con i carabinieri dei Nas volta alla tutela delle persone fragili ospiti di strutture sociosanitarie, che in meno di un anno ha effettuato migliaia di controlli e abbiamo varato un provvedimento che prevede l'aumento di un terzo della pena per chi compie questi tipi di reati."
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sabato 12 aprile 2014

venerdì 11 aprile 2014

Torino, donna muore dopo l'aborto con la RU486

Si tratta del primo caso in Italia. La donna non soffriva di particolari patologie e i medici non riescono a trovare una spiegazione. Ora si attendono gli esiti dell'autopsia



Una donna di 37 anni, A.M., è morta mercoledì sera all'ospedale Martini di Torino dopo che le era stata somministrata la pillola RU486 e altre sostanze necessarie per l'interruzione volontaria di gravidanza.
Si tratta del primo caso in Italia. La donna si era recata in ospedale per ricevere la seconda parte dei farmaci per interrompere la gravidanza, quarantott'ore dopo aver assunto il mifepristone, la sostanza che blocca la gestazione entro 48 ore. Le sue condizioni di salute non destavano alcuna preoccupazione, come era stato confermato da diverse visite mediche ed ecografie. Mercoledì, tuttavia, quattro ore dopo l'aborto, la donna ha avuto una crisi respiratoria, cui è poi seguito un arresto cardiaco. Ricoverata in rianimazione, la donna è deceduta nonostante alle 22.20 per una nuova crisi.
Il direttore sanitario del "Martini" si dice incredulo: "Anche per noi questa tragedia non ha spiegazione. Ma possiamo garantire di aver rispettato fin dall'inizio il protocollo per l'interruzione di gravidanza col metodo farmacologico". Dalla cartella clinica inoltre non risulta che la donna soffrisse di particolari patologie: si attendono ora gli esiti dell'autopsia, disposta dalla Procura di Torino. Intervistata da La Stampa, la ginecologa statunitense Donna Harrison spiega: "Negli Usa la Ru486 è legale dal 2000, e da allora ci sono stati almeno otto decessi documentati. È certamente più pericolosa di un tradizionale aborto chirurgico." Tuttavia, chiosa il quotidiano torinese, buona parte della comunità scientifica ritiene che il farmaco sia da considerarsi sicuro: nel 2007 l'Emea, Ente europeo per il controllo dei farmaci, ne aveva garantito l'affidabilità, ribadita anche due anni dopo dall'Agenzia italiana del farmaco.
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giovedì 10 aprile 2014

BANCA MARCHE, POTERI MARCI – NUOVE PERQUISIZIONI IN BANCA MARCHE, DALLO SCORSO AUTUNNO COMMISSARIATA. IPOTESI DI REATO: ASSOCIAZIONE A DELINQUERE E OSTACOLO ALLA VIGILANZA PER 27 INDAGATI…

Gli indagati sono 27. Tra loro spiccano i nomi degli ex presidenti di Banca Marche Lauro Costa e Michele Ambrosini, e del vicepresidente Antonio Perini. Coinvolto anche l'ex manager apicale Massimo Bianconi, direttore generale dal 2004 al 2012, e i suoi 4 vice, oltre a funzionari delle aree crediti e commerciale.

Stefano Elli per il "Sole 24 Ore"
logo banca marchelogo banca marche Nuove perquisizioni a tappeto sono state condotte ieri dal nucleo anconetano di polizia tributaria nelle sedi della Banca delle Marche, della controllata Medioleasing e nei confronti di persone fisiche e giuridiche vicine ai trascorsi vertici dell'istituto, a Roma, Fano, Pesaro e persino a Sassari.
BANCA DELLE MARCHEBANCA DELLE MARCHE La Guardia di Finanza aveva già visitato nei mesi scorsi la sede di Jesi della banca e dunque, quella della procura di Ancona guidata da Elisabetta Melotti, potrebbe essere una decisione volta ad accertare nuove ipotesi di reato a carico di ex amministratori, ex manager, funzionari e imprenditori beneficiati da prodighe erogazioni da parte della banca marchigiana e dalla sua attivissima branch del leasing. Gli indagati sono 27.
banca marchebanca marche Tra loro spiccano i nomi degli ex presidenti di Banca Marche Lauro Costa e Michele Ambrosini, del vicepresidente Antonio Perini (i tre si sono avvicendati anche in Medioleasing). Coinvolto anche l'ex manager apicale Massimo Bianconi, direttore generale dal 2004 al 2012, e i suoi quattro vice, oltre a funzionari dell'area crediti e di quella commerciale.
MASSIMO BIANCONIMASSIMO BIANCONITra le ipotesi di reato figurerebbe l'associazione a delinquere (contestata solo a 12 indagati) finalizzata al falso in bilancio e all'appropriazione indebita, ma non si esclude che tra i reati possa essere contestato anche l'ostacolo alle funzioni di vigilanza. Tra i nomi dell'imprenditoria che sarebbero coinvolti a vario titolo nelle perquisizioni spicca quello di Vittorio Casale, affidato dalla banca per un'operazione immobiliare condotta nei pressi di Capo Caccia, non distante da Alghero (ecco perché le perquisizioni a Sassari), e di Pietro Lanari, un altro immobiliarista affidato dal vecchio management della banca per 240 milioni di euro e controparte dell'attuale gestione (commissariale) in un contenzioso legale.
LAURO COSTALAURO COSTA Tra gli indagati anche consulenti esterni: Giuseppe Lucarini e Christian Renzetti, periti immobiliari che da tempo lavoravano per conto della banca valutandone i cespiti. Da almeno due anni la banca di Jesi versa in condizioni di equilibrio patrimoniale precario: la semestrale del 2012 esponeva un attivo di una quarantina di milioni ma il bilancio chiudeva con un rosso di 518 milioni con rettifiche di valore su crediti per oltre 800 milioni.
Una situazione che mese dopo mese è degenerata sino a indurre Banca d'Italia a chiedere a fine agosto 2013 al ministero dell'Economia il commissariamento con la nomina di Giuseppe Feliziani e Federico Terrinoni. Provvedimento che viene bissato nel febbraio dell'anno successivo con la sottoposizione ad amministrazione straordinaria anche di Medioleasing, soffocata da una marea crescente di crediti inesigibili, incagli e procedure concorsuali di clienti finanziati in scioltezza sino a pochi mesi prima.

mercoledì 9 aprile 2014

Un rimpianto in fondo a destra

Un rimpianto in fondo a destra


Alle origini di Forza Italia, Mimmo Mennitti apparve come il principale motore politico del nuovo movimento che nasceva intorno a Berlusconi



Alle origini di Forza Italia, Mimmo Mennitti apparve come il principale motore politico del nuovo movimento che nasceva intorno a Berlusconi. Prima ancora Mennitti fu con la sua rivista Proposta e la sua corrente l'innovatore del vecchio Msi. Mennitti era uomo di destra e del presente, non voleva custodire il sepolcro e testimoniare la nostalgia. Anzi, sognava una destra che dialogasse con Craxi. Mennitti si unì a Beppe Niccolai che spostava quel progetto politico sul piano storico e culturale; a Mimmo toccava il realismo, a Beppe l'ardore ideale. Il riformatore e il rivoluzionario. Ma il Msi restò avvitato nel circuito della ripetizione nostalgica, e quando approdò ad An, Mennitti era già andato. Poi la delusione politica di Mennitti, il ritiro nella cultura con Ideazione, la rivista che voleva dare una linea culturale al centrodestra, il ritorno a Brindisi come sindaco, la malattia, la morte. Conobbi Mennitti da ragazzo, lui era «il federale» e presentava a Brindisi in una piazza gremita ed entusiasta Almirante. Poi ci ritrovammo a Il Tempo in Puglia e ai bordi della politica tra giornali e riviste, sue e mie. Il politico che gli era più affine fu Pinuccio Tatarella, corregionale diventato suo concorrente, che lo buggerò alle elezioni del '94 facendo saltare la lista di Forza Italia e restando solo a regnare sulla Puglia. I due insieme avrebbero potuto costruire una destra politica adeguata ai tempi, estesa al centro, capace di far politica e di pensarla. Mimmo, Beppe e Pinuccio, rimpianti & rimorsi.
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