venerdì 30 novembre 2012

IMPERATORE AVIDO Napolitano si alza lo stipendio Uno schiaffo agli italiani


Napolitano si alza  lo stipendio
Uno schiaffo agli italiani

Nel comparto pubblico Re Giorgio è l’unico ad aver salvato lo stipendio dalla spending review: nel 2013 ai 239.192 euro che prende già, il presidente ne aggiungerà altri 8.835. Pure le toghe sfuggono ai tagli

"Il bel gesto evidentemente non è arrivato. Dopo anni di tagli ai costi della politica, la rabbia popolare e la scure calata anche dal governo di Mario Monti, l’unico a non avere tirato la cinghia nelle istituzioni italiane è Giorgio Napolitano. Certo, nessuno ha osato toccare lo stipendio personale del presidente della Repubblica, aspettando quel bel gesto che non è arrivato. Ma fa impressione scoprire che lo stipendio di Napolitano sarà l’unico in tutto il comparto pubblico ad aumentare nel 2013. La notizia è nascosta fra i trasferimenti del ministero dell’Economia sui costi della politica raccontati dalla tabella 2 allegata alla legge di stabilità", spiga il vicedirettore di Libero,Franco Bechis, sul quotidiano di venerdì 30 novembre. Dal Quirinale arriva uno schiaffo agli italiani: Napolitano si alza lo stipendio. Nel comparto pubblico, Re Giorgio è l'unico ad aver salvato la paga dalla spending review: nel 2013 ai 239.192 euro che già prende, ne aggiungerà altri 8.835. L'inquilino del Colle ignora la rabbia dei cittadini tartassati e non si cura nemmeno della spending review che investe gli organi dello Stato. E anche le toghe sfuggono ai tagli: Csm, ermellini, Tar e Corte dei Conti potranno spendere di più.
Leggi l'approfondimento di Franco Bechis su Libero di venerdì 30 novembre

I prof saccheggiano la previdenza privata


I prof saccheggiano 
la previdenza privata

Il Consiglio di Stato ha inserito gli enti pensionistici nell' "elenco Istat" per i tagli alla pubblica amministrazione

Roma - Soldi privati e risparmi «pubblici». Le casse di previdenza che erogano le pensioni ad avvocati, ingegneri, commercialisti e agli altri liberi professionisti hanno perso una battaglia importante. Sono mesi che cercano di tenere alla larga il governo, in particolare il ministero del Welfare, che batte cassa. La spending review le ha incluse nella lista degli enti pubblici che devono tagliare le spese. La legge prevede un risparmio dei «costi intermedi» del 5% nel 2012 e del 10% nel 2013. Il problema è che i risparmi, secondo la legge del governo Monti, non andranno a mettere in sicurezza le rendite degli iscritti, ma nel calderone dei conti pubblici. Un principio che le casse hanno contestato fin dall'inizio, visto che sono enti privati, che si finanziano con i contributi versati dagli iscritti e hanno già strutture snelle.
L'Adepp, l'associazione che le riunisce, ha fatto ricorso e ieri ha perso. Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso contro l'inclusione delle casse nell'elenco elaborato dall'Istat al quale di fa riferimento anche per i tagli imposti dalla spending review. «Una sentenza contraddittoria, che ci trova in totale dissenso - ha spiegato il presidente Andrea Camporese - che si inserisce in modo non omogeneo nell'impianto normativo generale che sovraintende al sistema degli enti pensionistici privati e privatizzati».
La sentenza non entra nel merito della spendig review, ma «stabilisce solo l'inserimento delle Casse nell'elenco Istat - afferma Camporese che presiede l'associazione degli enti previdenziali privati - Non decide sul resto. Ma certo ora è concreto il rischio che si debbano effettuare i tagli che vanno versati allo Stato, senza alcun beneficio per i conti delle Casse private e privatizzate».
Il problema è proprio nell'inclusione delle casse nell'elenco stilato dall'istituto nazionale di statistica. La «finalità statistica» della lista, e l'inclusione delle case «non è mai stata in discussione», spiega Camporese. Difficile, infatti, estrarre dati sulla previdenza escludendo chi ha pensioni private. Il fatto che è il legislatore ha fatto un «uso improprio» dell'inclusione delle casse e usa l'elenco per «finalità diverse ed estranee» a quella della statistica. Camporese non lo dice, ma è chiara l'accusa. Il governo approfitta di una coincidenza per fare cassa con soldi privati.
Le cifre non sono alte. Mancano stime precise, ma alle casse della tesoreria dovrebbero entrare circa sei milioni di euro, circa 300mila euro per ogni cassa. Il problema per la previdenza privata è mantenere l'autonomia. Nei mesi scorsi le casse si erano poste il problema se resistere alla legge, rifiutandosi di versare i soldi al welfare.
Il presidente dell'Adepp su questo fronte è prudente: «È ovvio che le sentenze vanno rispettate, ma è anche evidente che la battaglia giudiziaria in difesa del perimetro di autonomia non si può arrestare. Andremo in Corte Costituzionale a sostenere i nostri diritti sanciti dalle leggi di privatizzazione e percorreremo anche la via della Corte di giustizia europea».
Prima di questa battaglia, le casse hanno fatto quella sulla sostenibilità dei conti. Il governo gli ha imposto di dimostrare la sostenibilità dei conti per i prossimi 50 anni.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/i-prof-saccheggiano-previdenza-privata-860554.html

Il nemico non è più a sinistra

Il ne­mico frontale, concreto e ideale, oggi, è il dispotismo dei mercati finanziari tramite i tecnici e gli eurocrati, le agen­zie di rating e i circuiti speculativi, le lo­ro banche e i loro circoli


No, onorevoli pidiellini, il nemico principale da battere oggi non è la sinistra. È inutile agitare il solito drappo rosso nella speranza che il to­ro moderato si spaventi e si ricompat­ti. Non funziona, in questa situazione abbiamo ben altri cavoli. Stiamo mes­si male, e la politica ha le sue colpe, ma tutta. La sinistra è un rimedio sba­gliato, però il male oggi è un altro. Il ne­mico frontale, concreto e ideale, oggi, è il dispotismo dei mercati finanziari tramite i tecnici e gli eurocrati, le agen­zie di rating e i circuiti speculativi, le lo­ro banche e i loro circoli, che ci tartas­sano, ci riducono da cittadini a debito­ri­e sono pronti a cancellare stati sovra­ni se non hanno i conti a posto.
Far fallire i popoli e le nazioni è una follìa che non si può accettare, rispet­to a cui anche l’impegno di onorare i debiti va in second’ordine.Per i debiti vale il principio di realtà: si pagano i debiti verso persone, gruppi, azien­de, non si sacrificano i popoli ad astratte entità e contabilità sovranna­zionali.
Sosterrò chi avrà il coraggio di spez­zare quel circolo vizioso e far saltare quell’agenda. Spero che lo faccia la «destra», ma in sua mancanza preferi­rò chiunque lo faccia. Certo, vorrei pu­re un piano di ricostruzione naziona­le, una linea comune ad altri Paesi eu­ropei e mediterranei, una ripresa ef­fettiva di sovranità.
È tempo di nuove sintesi e grandi de­cisioni. È tempo di dire addio ai tecni­ci­e ai poteri da cui derivano e di rimet­tere al centro la vita dei popoli, non i conti. La sinistra oggi è uno spaurac­chio fesso.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/nemico-non-pi-sinistra-860169.html

giovedì 29 novembre 2012

Senato paralizzato su input di Berlusconi. Così i tagli alla Casta potrebbero saltare



Decreto sui costi della politica, minuti contati al Senato per l’approvazione. Il provvedimento scade il9 dicembre ed entro quella data dovrà essere convertito in legge, pena la decadenza. Ecco perchè si rincorrono voci su un possibile ricorso alla fiducia da parte del governo per non perdere gran parte delle norme. Alla Camera sono stati fatti cambiamenti radicali, ma non c’è tempo per poter intervenire di nuovo e ripristinare alcune parti (buone) del testo originario. Come quelle sui tagli ai vitalizi. Nonostante nelle commissioni Affari Costituzionali e Bilancio di Palazzo Madama siano stati presentati oltre 370 emendamenti (che anche se solo parzialmente approvati, costringerebbero ad un ritorno del testo alla Camera e questo si rivelerebbe esiziale) si cercherà di evitare di mettere mano al testo. C’è troppo timore che il provvedimento possa decadere, costringendo il governo ad intervenire ex novo, ma anche in questo caso non ci sarebbero i tempi per concludere un nuovo iter prima della fine della legislatura. Insomma, per il decreto taglia (parzialmente) i costi della politica, questa è davvero l’ultima spiaggia. E la fiducia, quindi, si avvicina.

Un altro Goldman Sachs alla guida dell'Europa: tocca a Bank of England


Un altro Goldman Sachs
alla guida dell'Europa:
tocca a Bank of England

Il canadese Mark Carney nominato a capo della Bank of England. La scelta rientra nello stesso disegno che ha portato Monti a Palazzo Chgi?

Il manuale per annullare gli atti del Fisco


IL FUTURO DEL CENTRODESTRA

Fornero ancora contro i giovani sono "choosy" e pure viziatelli


ENNESIMA GAFFE

Fornero ancora contro i giovani
sono "choosy" e pure viziatelli

Elsa, un ministro in tourné: ecco la sua settimana sempre in giro


mercoledì 28 novembre 2012

Marra Sgarbi, banca: ridammi i soldi rubatimi




Marra e Sgarbi: l'unica cosa di cui le aziende sono ricche oggi sono i crediti verso le banche, spesso ingenti, per le somme che esse banche gli rubano da sempre sui fidi, e che ora si possono recuperare attraverso le cause.









Notizie dal Comune
Comunicati stampa
Blocco dei diesel euro 3


Entra in vigore da martedì 27 novembre il blocco del traffico per i veicoli diesel euro 3 senza filtro antiparticolato.

Secondo quanto previsto dal protocollo siglato con la Provincia di Milano per ridurre l'inquinamento atmosferico, infatti, il blocco scatta automaticamente dopo tre giorni consecutivi di superamento dei limiti di legge del PM10.

Il blocco interessa i veicoli diesel euro 3 adibiti al trasporto di persone dalle 8.30 alle 18.00 e per i veicoli diesel euro 3 senza FAP per il trasporto di cose dalle 7.00 alle 10.00.

Il protocollo prevede inoltre la riduzione di un grado della temperatura massima degli edifici (esclusi alberghi o pensioni, ospedali e case di cura, edifici sportivi e scolastici) e l'invito ai negozi a non lasciare aperte le porte che danno sulla strada per non disperdere il calore.

Il blocco cesserà automaticamente dopo tre giorni consecutivi di mancato superamento dei limiti di legge del PM10 (50microgrammi per metrocubo).

"Abbiamo deciso – ha dichiarato l'Assessora all'ambiente Elena Iannizzi – di aderire al protocollo della Provincia di Milano perché riteniamo che, di fronte al superamento della soglia di legge degli inquinanti, sia necessario intervenire con decisione e prendere provvedimenti immediati. Auspichiamo che altri comuni aderiscano a questo protocollo, un primo passo verso la gestione dell'inquinamento su scala sovra comunale, per evitare adesioni a macchia di leopardo che mettono in difficoltà i cittadini". 

Data di pubblicazione: 27/11/2012

RIFORMA MONTI Sanità, la pagheremo Ecco come sarà


Sanità, pagheremo le cure
Ecco come cambierà
Le cure saranno pagate in base al reddito: tagli per 26 miliardi e addio ticket 

Con il governo Monti anche la sanità pubblica così com'è oggi potrebbe diventare un lusso. "Il momento è difficile e la crisi ha impartito lezioni a tutti, il sistema di cui andiamo fieri potrebbe non essere più garantitop" ha detto il premier Mario Monti durante una conferenza stampa a Palermo. Parole che ovviamente hanno scatenato il putiferio e su cui è arriva una precisazione da Palazzo Chigi che garantisce che la sostenitbilità del servizio pubblico è garantita. "Per il futuro è però necessario -spiega la nota -   individuare e rendere operativi modelli innovativi di finanziamento e   organizzazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie”.  “In sintesi - si legge- il presidente non ha messo in questione   il finanziamento pubblico del sistema sanitario nazionale, bensì,   riferendosi alla sostenibilità futura, ha posto l’interrogativo   sull'opportunità di affiancare al finanziamento a carico della   fiscalità generale forme di finanziamento integrativo. Inoltre, egli   ha voluto sollecitare la mobilitazione di tutti gli addetti ai lavori,  così come degli utenti e dei cittadini, per una modernizzazione e un   uso più razionale delle risorse”.
Quanto pagheremo Le parole del presidente del consiglio sono probabilmente da mettere in relazione con il progetto del ministro della salute Renato Balduzzi di una  uova forma di compartecipazione dei cittadini. Si basa su una franchigia che sarebbe del tre per mille. Per chi guadagna ad esempio 20 mila euro sarebbe di 60 euro, o di 300 per chi ne guadagna 100mila all'anno. Il cittadino dunque pagherebbe la prestazione sanaitaria con tariffe simili a quelle dei ticket fino a raggiungere la franchigia. Ma al ministero per evitare che qualcuno, una volta raggiunto il proprio limite massimo di spesa, possa richiedere prestazioni a quel punto grauite, che non servono e generare una spesa inutile, si pensa a un ticket per far contribuire chi fa visite o esami inappropriati. Ma da solo questo sistema non basta. Biosognerà fare grossi interventi di risparmio delle Regioni da cui i servizi saniatari rischiano di riuscire ridimensionati. E magari sarà necessario aumentare le persone con un'assicurazione sanitaria che nel nostro Paese sono 11 milioni. 
http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1131938/Sanita--la-pagheremo---Ecco-come-sara.html

martedì 27 novembre 2012

Ue, bandi di concorso in tre lingue? Discriminazione La Corte di Giustizia accoglie il ricorso. Ma "le conoscenze linguistiche costituiscono elemento essenziale nella carriera dei funzionari"




L'Italiano vale tanto quanto l'inglese. E il francese. E il tedesco. È una lingua della Comunità Europea. E dunque ha lo stesso valore delle altre 22, tutte ufficiali. C'è voluto un ricorso, ma ora lo pensa anche la  Corte di Giustizia europea, che ha annullato una sentenza di primo grado del settembre 2010, dando ragione a chi, nel Bel Paese, faceva presente che i bandi di concorso pubblicati in sole tre lingue erano una limitazione forte.
A Lussemburgo i giudici hanno dato ragione all'Italia. La "discriminazione basata sulla lingua" c'è. Se la decisione non cambia nulla sui concorsi già svolti, per non fare un torto ai "candidati selezionati", riconosce però che sulla Gazzetta Ufficiale devono esserci tutte le 23 lingue. E che comunque bisogna applicare "critieri chiari, oggettivi e prevedibili" sulla scelta delle lingue.
La Corte fa anche presente che di certo l'interesse delle istituzioni è quello di attrarre "i candidati migliori". E per fare ciò potrebbe essere meglio "sostenere le prove di selezione nella loro lingua materna" o in quella "che padroneggiano meglio". Ma sottolinea un altro dato, che di certo non può essere messo in secondo piano: "Le conoscenze linguistiche costituiscono un elemento essenziale nella carriera dei funzionari". E non ci si può trincerare dietro la mancanza dell'Italia nelle lingue dei concorsi per giustificare una carenza nella preparazione personale.

REGOLE FERREE Le primarie Pd sono una farsa "Ecco come ho votato tre volte"

La farsa delle primarie Pd: 
"Così ho votato tre volte"


di Luciano Capone
Le primarie sono state una grande festa di  partecipazione democratica. Noi di Libero ad esempio abbiamo votato  tre volte di fila, due a Milano (stessa sezione) e una a Monza, sempre democraticamente. Non abbiamo corrotto nessuno, né abbiamo falsificato documenti. Secondo il regolamento del Pd, ogni studente o lavoratore fuori sede doveva inviare, entro le 19 di venerdì 23 novembre, una e-mail al coordinamento provinciale della zona ove intendeva votare. I coordinatori avrebbero avvisato del cambio i colleghi della provincia di residenza e,  infine, indicato all’elettore la nuova sezione in modo da evitare falle utili a chi avesse voluto alterare la gara. E invece no. 
Venerdì abbiamo scritto una mail al coordinamento di Milano e una a quello di Monza, dichiarando in entrambi i messaggi di voler votare come fuori sede (quali irpini momentaneamente a Milano/Monza). Dopo pochi minuti rispondono i brianzoli: «Lei voterà al seggio 1, in via Lecco 12». Il giorno seguente ecco Milano: «Voterà  al seggio  di via Borgogna 3, senza bisogno della tessera elettorale». In realtà non abbiamo avuto bisogno neppure dei documenti. Domenica mattina, primo seggio: Milano via Borgogna. I volontari spulciano l’elenco dei fuori sede iscritti, spuntano il nome e, senza chiedere la carta d’identità, ci fanno sottoscrivere l’appello «ItaliaBeneComune», versare i due euro di contributo e ci consegnano la scheda. Tutto in cinque minuti. Circa un’ora dopo siamo a Monza. Al seggio nessuno ha l’elenco dei  fuori sede  pre-iscritti e ammessi al voto. Ci basta dare nome e cognome, compilare il modulo, sottoscrivere l’appello, sganciare altri due euro e votare. Anche in questo caso senza bisogno di mostrare  documento di identità o certificato elettorale. 
Dopo aver fatto il bis, leggiamo su Twitter che a Milano fanno votare anche i fuori sede che non si erano pre-iscritti. Apperò. La regola è sparita e gli elenchi pure: l’occasione è ghiotta. In serata, senza nemmeno dover  togliere gli occhiali o cambiare pettinatura, ci ripresentiamo al seggio di via Borgogna. La scena è surreale: code di ragazzi che chiedono di votare, fogli e moduli che passano di mano in mano senza essere  compilati e iscrizioni, come sempre, senza documenti. L’unica regola su cui non si transige sono i due euro di obolo. Dopo aver pagato ci consegnano la scheda, che imbuchiamo per la terza volta in poche ore. È tarda sera, non c’è tempo per piazzare la quarta crocetta. E non finisce qui.  
Ora il problema è che la macchina delle primarie non può più tappare la falla dei voti multipli in vista del secondo turno: chi ha votato ha già la tessera (o le tessere) per il ballottaggio e potrà votare (o stravotare) in tutte le sezioni d’Italia. 
Il tema solleva diversi quesiti agli organizzatori: se questo è ciò che è avvenuto a Milano e Monza, dove le sezioni erano piene di rappresentanti di lista, cosa può essere accaduto laddove erano in pochi a presidiare i seggi? Cosa è potuto succedere nelle zone da cui, per tutta la nottata, non sono arrivati i dati dello spoglio? Se nel nostro caso tutto è avvenuto senza coinvolgimento di altre persone, chi avrebbe potuto controllare organizzatori di seggi interessati a gonfiare i voti? Riuscite, cari organizzatori delle primarie, a quantificare il numero dei voti multipli? Facciamo noi una proposta: se vi portiamo indietro le schede, ci restituite i soldi? È un affare: con soli due euro potete rottamare un voto multiplo.
http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1130924/Le-primarie-Pd-sono-una-farsa---Ecco-come-ho-votato-tre-volte---.html

LE LAVORATRICI SFRUTTATE SCRIVONO ALLA LITTIZZETTO: "CARA LUCIANA LA COOP NON SEI TU"



Cara Luciana, la Coop non sei tu, ma noi donne precarie e sfruttate

sei giorni su sette



Cara Luciana, la Coop non sei tu, ma noi donne precarie e sfruttate sei giorni su sette, domeniche comprese con buste paga misere che non arrivano nemmeno a 700 euro al mese. Questo il vero mondo Coop che le lavoratrici dell'Usb hanno voluto raccontare a Luciana Littizzetto, testimonial del noto marchio. 

Nella giornata contro la violenza sulle donne, hanno preso carta e penna e hanno scritto alla comica una lettera aperta nella quale raccontano il disagio di lavorare in queste nuove fabbriche metropolitane. "Noi siamo la Coop, e questo non è uno spot - scrivono - Siamo donne lavoratrici e madri che facciamo la Coop tutti i giorni. Siamo sorridenti alla cassa ma anche terribilmente incazzate". Ce l'hanno con quell'azienda che a parole racconta favole agli italiani, dicendo di proteggere tutti con i prodotti a marchio Coop, ma poi di fatto non è in grado di tutelare nemmeno le sue dipendenti. E per questo puntano il dito contro Luciana Littizzetto, perché in quello spot incarna una bugia. 

Ecco il testo integrale della lettera: 

"Cara Luciana,

lo sai cosa si nasconde dietro il sorriso di una cassiera che ti chiede di quante buste hai bisogno? Una busta paga che non arriva a 700 euro mensili dopo aver lavorato sei giorni su sette comprese tutte le domeniche del mese. Le nostre famiglie fanno una grande fatica a tirare avanti e in questi tempi di crisi noi ci siamo abituate ad accontentarci anche di questi pochi soldi che portiamo a casa. Abbiamo un'alternativa secondo te? Nei tuoi spot spiritosi descrivi la Coop come un mondo accattivante e un ambiente simpatico dove noi, quelle che la mandano avanti, non ci siamo mai. Sembra tutto così attrattivo e sereno che parlarti della nostra sofferenza quotidiana rischia di sporcare quella bella fotografia che tu racconti tutti i giorni. 

Ma in questa storia noi ci siamo, eccome se ci siamo, e non siamo contente. Si guadagna poco e si lavora tanto. Ma non finisce qui. Noi donne siamo la grande maggioranza di chi lavora in Coop, siamo circa l'80%. Prova a chiedere quante sono le dirigenti donna dell'azienda e capirai qual è la nostra condizione. 

A comandare sono tutti uomini e non vige certo lo spirito cooperativo. Ti facciamo un esempio: per andare in bagno bisogna chiedere il permesso e siccome il personale è sempre poco possiamo anche aspettare ore prima di poter andare. Il lavoro precario è una condizione molto diffusa alla Coop e può capitare di essere mandate a casa anche dopo 10 anni di attività più o meno ininterrotta. Viviamo in condizioni di quotidiana ricattabilità, sempre con la paura di perdere il posto e perciò sempre in condizioni di dover accettare tutte le decisioni che continuamente vengono prese sulla nostra pelle. 

Prendi il caso dei turni: te li possono cambiare anche all'ultimo momento con una semplice telefonata e tu devi inghiottire. E chi se ne frega se la famiglia va a rotoli, gli affetti passano all'ultimo posto e i figli non riesci più a gestirli. Denunciare, protestare o anche solo discutere decisioni che ti riguardano non è affatto facile nel nostro ambiente. Ci è capitato di essere costrette a subire in silenzio finanche le molestie da parte dei capi dell'altro sesso per salvare il posto o non veder peggiorare la nostra situazione. 

Tutte queste cose tu probabilmente non le sai, come non le sanno le migliaia di clienti dei negozi Coop in tutta Italia. Non te le hanno fatte vedere né te le hanno raccontate. Ed anche a noi ci impediscono di parlarne con il ricatto che se colpiamo l'immagine della Coop rompiamo il rapporto di fiducia che ci lega per contratto e possiamo essere licenziate. 

Ma noi non vogliamo colpire il marchio e l'immagine della Coop, vogliamo solo uscire dall'invisibilità e ricordare a te e a tutti che ci siamo anche noi. Noi siamo la Coop, e questo non è uno spot. Siamo donne lavoratrici e madri che facciamo la Coop tutti i giorni. Siamo sorridenti alla cassa ma anche terribilmente incazzate. Abbiamo paura ma sappiamo che mettendoci insieme possiamo essere più forti e per questo ci siamo organizzate. La Coop è il nostro posto di lavoro, non può essere la nostra prigione. Crediamo nella libertà e nella dignità delle persone. Cara Luciana ci auguriamo che queste parole ti raggiungano e ti facciano pensare. Ci piacerebbe incontrarti e proporti un altro spot in difesa delle donne e per la dignità del lavoro. Con simpatia, un gruppo di lavoratrici Coop". 

lunedì 26 novembre 2012

In via Cairoli prende forma la nuova sede dell’associazione Lilt di Sesto

VITA CITTADINA

In via Cairoli prende forma la nuova sede dell’associazione Lilt di Sesto

La futura sede della Lilt
Un rendering della futura sede della Lilt in via Cairoli.
La palazzina ex Cap di via Cairoli si rifà il trucco: non per velleità estetiche ma per la nobile causa di ospitarvi il centro polifunzionale della Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt). Gli spazi, acquistati dall’associazione un anno fa, daranno infatti alloggio a un ambulatorio attrezzato per le ecografie, le mammografie, le visite mediche e a un auditorium da 45 posti per eventi di formazione e sensibilizzazione.
Soddisfazione per l’inizio dei lavori di ristrutturazione e adeguamento degli spazi è stata espressa dal sindaco Monica Chittò e dalla dottoressa Franca Fossati-Bellani, presidente della sezione provinciale di Milano Lilt: “Quello di Sesto San Giovanni è un progetto ambizioso – ha riferito la responsabile Lilt – sul quale contiamo molto. Forte è infatti il legame che con questo territorio: proprio a Sesto il primo programma di diagnosi precoce di tumore al collo dell’utero risale al 1966, quando 26 mila donne si sottoposero al pap-test”.
Da anni, poi, i volontari Lilt e l’unità mobile di diagnosi precoce al seno e alla cute rappresentano un appuntamento fisso nella nostra città con le visite preventive: ora, finalmente, ci sarà un presidio permanente al servizio di tutti. E proprio tutti sono chiamati a diventare volontari della nuova sede sestese Lilt: la campagna di reclutamento profili è assai diversificata (per i settori assistenza, prevenzione e diagnosi precoce, sensibilizzazione e raccolta fondi), pertanto l’appello è rivolto a chiunque voglia contribuire alla nascita della nuova realtà. Info: 02.26681070
Clara Amodeo

Le banche devono allo Stato 5 miliardi di euro

Gli istituti hanno inserito nei bilanci somme che il fisco pretenderà per le imposte non versate. L'agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza sono già in azione, con verifiche partite per Intesa, Mps e alcune Popolari. Per Unicredit, che ha già staccato un assegno milionario, resta aperto il caso Brontos

di Camilla Conti


Lo Stato ha dichiarato guerra ai furbetti del fisco. Obiettivo: riportare un po’ di milioni nelle casse pubbliche dissanguate da quasi due miliardi di debito. Mentre gli sherpa del Tesoro trattano con la Svizzera per aprire i forzieri elvetici dove sono ancora custoditi i capitali degli evasori nostrani, l’Agenzia delle Entrate farà partire a gennaio il nuovo redditometro per scandagliare le nostre dichiarazioni dei redditi. Ma tra i soldi che “pendono” e che potrebbero tornare presto a casa ci sono anche quelli delle banche quotate in Borsa. Quasi 5 miliardi che sono ancora oggetto di contenzioso, ovvero di partite aperte, negli ultimi anni. E il conto in sospeso con l’Erario è destinato a salire guardando le ultime relazioni trimestrali, anche se non tutti gli istituti hanno aggiornato le informazioni.

Lo ha fatto Intesa Sanpaolo che a settembre ha ricevuto una visita degli uomini di Befera per una verifica sulle controllate Group Services, per l’anno 2009, e Banca Imi per operazioni di finanza strutturata e contratti di finanziamento stipulati all’estero dal 2008 al 2010. A un’altra società del gruppo, la Leasint, sono poi state contestate fatturazioni per operazioni inesistenti. Nessuno sviluppo, invece, per le indagini penali della Procura di Biella che ha messo nel mirino alcune operazioni di pronti contro termine su titoli obbligazionari esteri fatte nel 2006 e nel 2007 dall’allora controllata Biverbanca. Secondo gli accertamenti della Gdf, il gruppo avrebbe abbassato l’importo dell’Ires dovuta, grazie a crediti fiscali maturati all’estero.
Contenziosi fiscali aperti anche per il Monte dei Paschi: il 23 ottobre è stato notificato a State Street Bank (ex MPS Finance Banca mobiliare, prima ceduta a Intesa e da questa a State Street) un processo verbale di constatazione relativo a operazioni di trading su azioni perfezionate a cavallo dello stacco dei dividendi nel 2007. Non solo. Il 31 maggio scorso alla banca senese è stato notificato un verbale relativo alla cessione di una partecipazione formalizzata nel 2006.La banca contesta che la vendita sarebbe avvenuta in realtà nel 2005, dunque “la plusvalenza realizzata non avrebbe goduto dell’esenzione fiscale”. Ma non dice quale sia la partecipazione che ha originato la plusvalenza contestata. Di certo, in quel periodo si erano registrate tre operazioni: la vendita del 4,4% di Bnl a Deutsche Bank , la cessione della quota Parmalat e quella dei titoli Fiat provenienti dal «convertendo ». In alcuni casi i conti rimasti aperti col Fisco e le contestazioni vengono ereditate dalle aziende aggregate o finite negli anni sotto il controllo dell’istituto.
Ne sa qualcosa il Banco Popolare che ha dovuto sistemare anche i guai della ex Popolare di Lodi e di Italease. Al 30 settembre, le passività potenziali che interessano l’istituto veronese e le controllate ammontano a 391 milioni. Anche nella galassia Ubi fioccano verifiche, alcune ancora in corso, cui si aggiungono numerosi processi verbali di constatazione e avvisi di accertamento come quello arrivato a Ubi Banca per 13,2 milioni di presunte omesse ritenute. Per la Banca Popolare dell’Emilia Romagna i problemi arrivano, invece, dalla controllata irlandese Emro Finance: l’anno scorso la Guardia di Finanza ha chiuso una verifica sui periodi d’imposta 2005-2009. Il 12 marzo è scattato l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate di Modena per il 2005 e il 2006, in cui si contesta l’esterovestizione della società. Si tratta di 11,2 milioni di tasse. Valore che però scende a 3,2 milioni se si considerano tutti gli anni interessati dalla verifica della Finanza e quanto già versato come imposte in Irlanda nello stesso periodo.
C’è poi chi ha chiuso i conti col fisco, ma non con i tribunali. Unicredit ha staccato a Befera un assegno da 264 milioni per l’operazione Brontos, nome con cui la controparte Barclays aveva battezzato la frode fiscale da 245 milioni per la quale è stato indagato e rinviato a giudizio l’ex amministratore delegato, Alessandro Profumo, ora presidente di Mps. Venerdì il giudice milanese, Maria Antonietta Monfredi, ha deciso il trasferimento del processo a Bologna accogliendo i rilievi della difesa sull’incompetenza territoriale del tribunale lombardo. Il caso torna così alla fase delle indagini preliminari e la palla passa ai magistrati emiliani che valuteranno se procedere con una nuova richiesta di rinvio a giudizio.


Fonte: Il Fatto Quotidiano

Pillole di verità


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REGIMI ROSSI Ultimo orrore dei comunisti cinesi sfrattano i morti per far soldi In nome degli affari le autorità smantellano i cimiteri per dare terreni ad aziende e palazzinari. Già rimosse 400mila salme, gettate nelle fosse comuni



Ultimo orrore dei comunisti cinesi
Sfrattano i morti per far soldi
Qual è il tuo stato d'animo?
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"Il nuovo comunismo, quello cinese fondato sul capitale che, si badi bene, non è il libro di Marx ma il denaro sonante derivante dallo sfruttamento dei lavoratori contro cui appunto il filosofo tedesco aveva scritto il suddetto libro; il nuovo comunismo, dicevamo, non mangia più i bambini. Ora, per far spazio ai mastodontici disegni industriali e più genericamente economici di Pechino, si accontenta dei poveri resti di qualche milione di cadaveri di tutte le età dell’area centro orientale del Paese. A Zhoukou, nella provincia dell’Henan, le autorità hanno infatti dato il via a una spaventosa campagna di demolizione dei cimiteri e rimozione delle relative salme", racconta Carlo Nicolato su Libero di domenica 25 novembre. Già, i comunisti cinesi sfrattano i morti pur di fare più affari. E questo è soltanto l'ultimo orrore di regime. Le autorità di Zhoukou, nella provincia dell'Heman, smantellano i cimiteri per dare terreni ad aziende e palazzinari. Sono già state rimosse 400mila salme, che sono state gettate nelle fosse comuni.
Leggi l'approfondimento su Libero di domenica 25 novembre