lunedì 31 dicembre 2012

buona fine 2012 e un ottimo inizio 2013. GiElle 12


Auguri di una buona fine e un ottimo inizio
Potrebbe bastare se tutto in Italia e nel mondo non dico andasse bene ma normale come dovrebbe accadere in un pianeta che si considera civile e invece è pieno di storture e accadimenti che farebbero paura anche al periodo più nero della nostra lunga storia della terra.
Io spero nel mio cuore  che i fuochi d'artificio oltre a rischiarare la notte facciano luce sulla nostra coscienza di cittadini e che tutti uniti possiamo cambiare in meglio e mettere le regole del gioco ,visto che siamo maggioranza e che abbiamo in nostre mani mezzi di comunicazioni impensabili soltanto una cinquantina d'anni fa ed invece siamo una massa di pecore pronte a correre a secondo dei comandi dei pochi che cercano solo la loro ricchezza.
Un 2012 che ha portato morti e disgrazie dovute al l'essere umano che per costruire sta distruggendo l'ecosistema e tramite le banche sta portando tutti verso il baratro della miseria globale,perché alla fine per loro il globalismo vuol dire un mondo di schiavi e miseria pronto a fare dei schiavi a una sparuta minoranza.
Un nuovo anno che porterà nuove elezioni per cambiare tutto per non cambiare niente e ci troverà a fare sacrifici per restare in Europa e tornando al l'esempio di prima siamo pecore che si accapigliamo per restare dentro il macello chiamata Unione Europea e aspettare la nostra fine.
Concludo questo mio scritto per non farlo diventare un mini discorso di fine anno augurando a tutti una buona fine 2012 e un ottimo inizio 2013.
GiElle 12

domenica 30 dicembre 2012

Canti Pisani

Quello che veramente ami rimane,
il resto è scorie
Quello che veramente ami non ti sarà strappato
Quello che veramente ami è la tua vera eredità
Il mondo a chi appartiene, a me, a loro
o a nessuno?
Prima venne il visibile, quindi il palpabile
Elisio, sebbene fosse nelle dimore d'inferno,
Quello che veramente ami e' la tua vera eredita'
La formica e' un centauro nel suo mondo di draghi.
Strappa da te la vanità, non fu l'uomo
A creare il coraggio, o l'ordine, o la grazia,
Strappa da te la vanità, ti dico strappala
Impara dal mondo verde quale sia il tuo luogo
Nella misura dell'invenzione, o nella vera abilità dell'artefice,
Strappa da te la vanità,
Paquin strappala!
Il casco verde ha vinto la tua eleganza.
"Dominati, e gli altri ti sopporteranno"
Strappa da te la vanità
Sei un cane bastonato sotto la grandine,
Una pica rigonfia in uno spasimo di sole,
Metà nero metà bianco
Né distingui un'ala da una coda
Strappa da te la vanità
Come son meschini i tuoi rancori
Nutriti di falsità.
Strappa da te la vanità,
Avido di distruggere, avaro di carità,
Strappa da te la vanità,
Ti dico strappala.
Ma avere fatto in luogo di non avere fatto
questa non è vanità Avere, con discrezione, bussato
Perché un Blunt aprisse
Aver raccolto dal vento una tradizione viva
o da un bell'occhio antico la fiamma inviolata
Questa non è vanità.
Qui l'errore è in ciò che non si è fatto, nella diffidenza che fece esitare.


sabato 29 dicembre 2012

Italia di tutto e di più parte I

Italia di tutto e di più .
Siamo tutto e siamo niente,siamo gli unici al mondo che:
- i magistrati si offendono se parliamo di toghe rosse e fanno a gara per presentarsi per il parlamento nelle schiere del centro sinistra e particolarmente nel l'ex PCI l'odierno PD;
-tutti gridano al colpo di stato alla TV se un alto esponente del PdL viene intervistato prima su un canale Mediaset e poi su un canale Rai,ma non si lamentano se ormai la TV e' invasa da candidati alle primarie del PD prima per il candidato premier e poi per i candidati per diventare onorevoli;
-noi cittadini aspettiamo che i politici in riunione in Senato e Camera si taglino prebende e diminuiscano di numero magari iniziando dai comuni piccolissimi che tutti i cittadini starebbero in un condomino medio per arrivare a loro ma è come chiedere a un vampiro di farsi strappare i canini per non dissanguare la vittima Italia;
-diamo il potere a un governo tecnico di banchieri e amici di Bildman per salvarci dalle banche e invece ci tassano per salvarla,loro che hanno inquinato l'economia mondiale;
- le nostre tasse che vanno nel fondo salva stati europei che invece dovrebbe essere chiamato salve banche,banche che in Italia non fanno le banche ma si muovono come persone singole comprando denaro all'1-2% e comprano BOT e CCT per guadagnare minimo il doppio senza il minimo sforzo;
l'anziano Gino V
Continua...

venerdì 28 dicembre 2012

"Eurogendfor" o "Gendarmeria Europea" questa "sconosciuta"...



(ASI) Eurogendfor o Gendarmeria Europea. Questo il nome della nuovissima e innovativa, se così si può definire, forza militare sub-europea indipendente, nata a seguito della ratifica da parte del Parlamento italiano del Trattato Velsen del 18 ottobre 2009. Trattato che porta, anche, la firma di Francia, Spagna, Portogallo. Il nuovo corpo speciale, che gode di poteri altrettanto speciali, ha sede a Vicenza e obbliga il Bel Paese a sborsare la bellezza di 191.200 euro annui, in principio destinati sembrerebbe alla lotta contro la desertificazione. Ma non è questo che fa riflettere, dato che il popolo italiano è ormai abituato a uno spreco incessante dei soldi pubblici, ciò che lascia sconcertati è che la notizia sia stata fatta scivolare nel buoi più inconsapevole dei cittadini. Buoi che apporta dei cambiamenti consistenti alla tanto acclamata Unione Europea. Unione che è sempre stata giudicata da capi dil governo, ministri e quant’altro, unica ancora di salvezza del vecchio continente. Ma andiamo al nocciolo della questione. Il nuovo coordinamento di natura politico – militare serve a gestire tutti i disordine causati da uno stato di crisi riscontrato dai paesi firmatari, perciò, qualora vi fossero insurrezioni a livello nazionale ci penserà la nostra Eurogendfor a mettere a tacere tutto e tutti. La Gendarmeria Euopea non avrà alcun limite nel proprio compito, infatti potrà indagare e sostituirsi a qualsiasi corpo militare nazionale senza che nessuno possa metterci bocca, perché lei non risponde a nessuno. E già, proprio così. È completamente libera di agire come meglio crede, nessuno potrà intromettersi nei suoi “affari”. Una sicurezza in più per questa Europea ormai giunta al baratro. Se però nelle testate nazionali la notizia non è stata assolutamente trattata, il web impazza e grida disperatamente giustizia e libertà, preoccupato per un “1984” alla George Orwell percepito e percepibile. A questo punto non c’è che domandarsi del perché a firmare siano stati solo Francia, Spagna, Portogallo e Italia per una nuova armata europea che può intervenire sotto egida di Nato e Onu. C’è già chi ci vede lo zampino del gruppo Bildemberg per la costituzione del Nuovo Ordine Mondiale e chi semplicemente lo vede un oltraggio alla nazionalità del popolo. Solo il tempo potrà dare risposte a quesiti che al momento continuano ad aleggiare nell’aria.

Elena Testi - Agenzia Stampa Italia

Fonte: http://www.agenziastampaitalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=11672%3A-eurogendfor-o-gendarmeria-europea&catid=3%3Apolitica-estera&Itemid=35


Immagine tratta da "Informazione Libera" su Facebook

Vedi anche: Eurogendfor, la nuova polizia europea con poteri illimitati

giovedì 27 dicembre 2012

Ecco l’agenda Monti reale: tutti gli aumenti dal 2013

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LA GUERRA DI MONTI CONTRO L'ITALIA: SONO QUI PER ROVINARVI


L’uomo di Goldman Sachs si dimette per tornare subito, scompaginando il “bipolarismo obbligato”. Obiettivo: per instaurare l’autocrazia del grande capitale finanziario.
Mario
Mario Monti
Il professore è stato paracadutato a Palazzo Chigi con un compito preciso: distruggere l’Italia, per “rifarla” in modo che possa funzionare da paradigma europeo. Il programma, dichiarato ormai con imbarazzante chiarezza da Monti stesso, è sconcertante: «Far arretrare le condizioni di vita della stragrande maggioranza della popolazione fino al punto in cui (secondo i manuali di macroeconomia liberista) diventano “competitive” con quelle di paesi che stanno soltanto ora approdando alla “civiltà industriale”», rileva Claudio Conti su “Contropiano”. (Nota: la conferma è quanto sta accadendo in Grecia dove i lavoratori percepiscono 3€ all'ora senza alcun diritto e intendono farli lavorare per legge 6 giorni su 7, cosa che molti fanno già)

«Si tratta di un esperimento mai tentato prima in tempi di pace: obiettivi così sanguinosi, fino alla Seconda Guerra Mondiale, venivano raggiunti con una bella sequenza di stermini sui campi di battaglia e soprattutto con bombardamenti a tappeto tali da distruggere la “capacità produttiva in eccesso”». 
Era un modo «brutale ma capitalisticamente “normale”» di far ripartire l’accumulazione su nuove e più ristrette basi: «La bomba atomica diffusa, com’è noto, ha bruciato questa possibilità», aggiunge Conti. «I paesi o le aree continentali di potenza industriale simile dispongono di testate nucleari sufficienti a distruggere più volte il pianeta». Oggi, ormai, «la guerra si introverte dunque all’interno dell’Occidente, diventa guerra alla popolazione». Ne parla apertamente lo stesso Monti, prima in conferenza stampa e poi in un’intervista a Lucia Annunziata: i “nemici” da battere sono la rappresentanza del lavoro, sindacati e partiti politici. La Cgil? Un’organizzazione «nobilmente arcaica», conservatrice come il suo affannato scudiero, Vendola.

Chiarissimo anche l’obiettivo di brevissimo periodo: spaccare entrambi i poli fin qui dominanti nell’osceno “bipolarismo forzato” all’italiana, e ricomporne le parti disponibili intorno all’unico programma che possa esistere, l’agenda Monti: «Ovvero la “lettera della Bce”, ovvero il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio per sempre, ovvero la riduzione a nulla della spesa sociale (a cominciare da quella sanitaria, che incide immediatamente sulla lunghezza della vita media e quindi può contribuire rapidamente anche alla riduzione del “monte pensioni” (se muori prima, se ne pagheranno meno e per meno tempo)». E’ la fine del welfare state, della sicurezza sociale, dei diritti acquisiti attraverso decenni. «Ma Bersani e Vendola se ne sono accorti?», si domanda Conti. «Se sì e non sono d’accordo, dovrebbero dichiarare guerra agli “impegni europei”. Se no, cambiassero mestiere, perché non sono tagliati per la politica di questi tempi di crisi».


Fonte: libreidee.org - tratto da frontediliberazionedaibanchieri.it

mercoledì 26 dicembre 2012

Francia, cade un altro tabù: dal 2013 in funzione le ‘stanze del buco’


Lo ha annunciato il ministro della Sanità. Diverse città (Parigi, Marsiglia, Bordeaux, Nancy, Tolosa e Strasburgo) sono pronte per dare il via alla sperimentazione di sale per il consumo controllato di droga (in inglese 'shooting room'), già testate con successo in mezza Europa

di Giovanni De Faveri

Nel 2013 la Francia si prepara a far cadere un altro tabù. Dopo il matrimonio (e le adozioni) per lecoppie omosessuali, progetto di legge che sarà discusso in Parlamento il 29 gennaio, nel corso del prossimo anno entreranno in funzione oltralpe le cosiddette ‘stanze del buco’, o narcosale. Attualmente illegali, sono state oggetto di discussione anche durante il governo di Nicolas Sarkozy. Diverse città sono pronte per dare il via alla sperimentazione di sale per il consumo controllato di droga (in inglese ‘shooting room‘), già testate con successo in mezza Europa: dalla Svizzera al Regno Unito, dalla Germania all’Olanda, dalla Spagna alla Norvegia, al Lussemburgo.
Lo ha annunciato il ministro della Sanità, Marisol Touraine, figlia del sociologo Alain (teorizzatore della società post-industriale). Non c’è distinzione di colore politico nelle città che potrebbero accogliere le stanze del buco: c’è ovviamente la Parigi di Bertrand Delanoë, del Partito socialista, ma ci sono anche la Marsiglia di Jean-Claude Gaudin e la Bordeaux di Alain Juppé, entrambi dell’Ump (ma anche Strasburgo, Nancy e Tolosa si sono dette interessate): quattro in tutto i progetti – due quelli della città del vino – presentati finora alla Mildt, la Commissione interministeriale di lotta contro le droghe e le tossicomanie, che li sta analizzando. Quello che chiedono tutti i sindaci è una decisione rapida, affinché la sperimentazione cominci quanto prima e non finisca per interferire con la campagna per le municipali, prevista nel 2014.

Quando, secondo Jean-François Corty, di Médecins du monde, “sarà difficile che il provvedimento non venga strumentalizzato”. “Stiamo facendo un’analisi tecnica, per ora il progetto parigino sembra quello più avanzato – ha spiegato invece Danièle Jourdain-Menninger, presidente della Mildt – le conclusioni le tireranno poi i ministeri competenti: Interno, Giustizia e Sanità”. Le narcosale permetteranno ai tossicomani di consumare le proprie sostanze in buone condizioni d’igiene e sotto la supervisione di personale sanitario, riducendo i problemi di ordine pubblico. Nelle città europee in cui il sistema è già rodato, come Londra, si è ridotto il numero dei tossicomani per strada, oltre che lo spaccio. E anche i crimini sono diminuiti, secondo quanto scriveva qualche anno fa l’Independent. In Italia, la questione è sempre stata uno dei cavalli di battaglia dei radicali, ma non ha mai trovato terreno fertile in Parlamento. E anche a Milano, di recente, la proposta del partito di Marco Pannella di istituire delle sale salvavita e da iniezione è stata dichiarata ‘inammissibile’.


Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/24/francia-cade-altro-tabu-dal-2013-in-funzione-stanze-del-buco/452815/

Nigeria, uccisi sei cristiani in chiesa


Ancora una strage a sfondo religioso: un gruppo di uomini ha assalito l'edificio religioso durante la notte della vigilia di Natale. Dopo la carneficina la chiesa è stata data alle fiamme



Ancora una strage in chiesa, ancora un carenficina nella notte di Natale. Durante la messa della vigilia un commando di uomini armati di mitra ha assalito un edificio religioso nel nord-est della Nigeria uccidendo sei persone, tra le quali il sacerdote, e ha poi appiccato il fuoco all’edificio. Le prime e frammentarie informazioni sono state rese note dalla polizia e dalla popolazione locale.
"Un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nel villaggio a mezzanotte ed è andato direttamente in chiesa. Hanno aperto il fuoco e ucciso il sacerdote e cinque fedeli. Poi hanno dato fuoco alla chiesa", ha dichiarato Usman Mansir, abitante del villaggio di Peri, nei pressi di otiskum, capitale economica dello stato di Yobe. Il massacro non è stato per il momento rivendicato, ma i sospetti si sono subito indirizzati sul gruppo islamista radicale dei Boko Haram, autori di una campagna feroce di attacchi contro le chiese. Il gruppo, che vagheggia la nascita di un Califfato musulmano in Nigeria e l’eliminazione di ogni presenza cristiana, è radicato nello Stato di Yobe e in generale nel Nord del Paese a prevalenza musulmana, rispetto ad un Sud sopratutto cristiano. La strage è l'ennesimo di una lunga serie di attacchi che la comunità cristiana africana ha subito nel corso dell'ultimo anno. Gli islamici del Nord hanno colpito con attentati incencdiari, bombe e colpi di arma da fuoco, decine di chiese in tutto il Paese. Proprio oggi Benedetto XVI, durante la benedizione Urbi et orbi, ha lanciato l'ennesimo appello per fermare la carneficina. È un "orrore inaccettabile", "impegno internazionale per tutela minoranze religiose sia massimo", ha commentato il ministro degli Esteri Giulio Terzi su Twitter. Lo scorso anno, 44 cristiani erano stati uccisi a Natale nelle chiese in attentati rivendicati dai Boko Aram.

In piazza Primo maggio il presepe dei ferrovieri


In piazza Primo maggio il presepe dei ferrovieri

Alla stazione dei treni di Sesto San Giovanni i dipendenti delle Ferrovie dello Stato hanno allestito un gran presepe in una delle sale aperte al pubblico della stazione di piazza Primo maggio.
Una tradizione che si ripete ogni anno e che vuole anche essere un promemoria per chi corre a prendere il treno, è pendolare tra lavoro e casa, cerca riparo dal freddo di questo inverno. Un invito a fare una sosta e pensare al vero senso del Natale.
Il presepe è visitabile fino al 6 gennaio.

martedì 25 dicembre 2012

Come influenzare una persona (video)


"E' impressionante constatare come il lavaggio del cervello porti questi robot programmati, noti come consumatori a vagare, e magari entrare in un negozio e spendere ad esempio 4.000 dollari per una borsa  che probabilmente è costata 10 dollari perchè prodotta da un'azienda che sfrutta manodopera a basso costo..."


Salasso Tares, verso lo slittamento ad aprile per il pagamento di rifiuti e servizi



Si inizierà a pagare prima delle attuali tasse e tariffe sui rifiuti, e costerà di più perché dovrà finanziare interamente il servizio di igiene ambientale, e dovrà occuparsi anche di illuminazione pubblica, manutenzione delle strade e così via.
Sono queste le caratteristiche della nuova Tares, che sostituirà la Tarsu o la Tia (dipende dal prelievo oggi adottato dal Comune) dal 2013 e chiamerà i contribuenti alla cassa già a gennaio per la prima rata. Contribuenti che, a differenza di quanto accade per l'Imu, non sono rappresentati solo dai proprietari di immobili, perché la Tares si applica a tutti coloro che «occupano o detengono locali o aree scoperte».
A loro puntano già ora le tasse e le tariffe sui rifiuti, e dall'anno prossimo si rivolgerà anche il tributo per finanziare i «servizi indivisibili»: l'illuminazione, appunto, la manutenzione delle strade, e tutte le attività diverse da quelle che, come asili nido o assistenza domiciliare, sono effettuate «a domanda individuale».
È proprio questo secondo aspetto a "garantire" che la Tares costerà per tutti più di quanto pesano oggi Tarsu e Tia. Per finanziare i «servizi indivisibili», in pratica, il Comune applicherà al tributo sui rifiuti una maggiorazione, pari a 30 centesimi (elevabile a 40) al metro quadrato: qualche decina di euro all'anno per abitazioni e negozi, quindi, e un conto più pesante per imprese, uffici, centri commerciali e così via.
In tutto, i contribuenti pagheranno un miliardo di euro all'anno, che lo Stato (cioè la fiscalità generale) "risparmierà" grazie a un taglio equivalente agli ex trasferimenti ai Comuni ora rivoluzionati dalla legge di stabilità.
In molti casi, però, anche la componente rifiuti dovrà aumentare il conto rispetto a quello presentato oggi. Il tributo, infatti, dovrà finanziare integralmente il costo del servizio rifiuti, cosa che oggi accade con sicurezza solo nei Comuni che applicano la tariffa Tia (sono circa 1.300, il 16% del totale).
Nell'altro 84% di enti, che sono ancora fermi alla "vecchia" Tarsu, la situazione varia da caso a caso: in alcuni Comuni gli aumenti degli scorsi anni hanno avvicinato costi ed entrate fino a farli pareggiare, in altri invece c'è ancora una strada più o meno lunga da fare. A Milano, per esempio, la Tarsu è già aumentata nel 2012, passando da 209 a 256 milioni di incasso: per raggiungere i 271,4 milioni di costo del servizio, però, dovrà crescere ancora per raccogliere il 5,4% in più.
A prevedere la Tares è il decreto «Salva-Italia» del dicembre 201, cioè la prima manovra del Governo Monti: a farla entrare concretamente in campo dal 2013, invece, sono i ritocchi alle basi imponibili e al sistema di riscossione previsti dagli emendamenti dei relatori al Ddl di stabilità, che martedì dovrebbe ottenere la fiducia al Senato prima di tornare alla Camera per il via libera definitivo.
Al debutto, la Tares si baserà sulle stesse superfici dichiarate ai fini Tarsu o Tia, e solo quando lo scambio di informazioni effettivo fra Catasto e Comuni sarà attivato (se ne parla da anni) assumerà la propria base imponibile effettiva, cioè l'80% della superficie catastale dell'immobile.
Il pagamento sarà in 4 rate, fissate per legge a gennaio, aprile, luglio e dicembre. Le prime tre rate saranno scandite in base agli importi pagati come Tarsu o Tia nel 2012, a cui si aggiungeranno i 30 centesimi al metro per i servizi indivisibili. Al saldo di dicembre, come accade oggi con l'Imu, gli importi potranno crescere in base alle scelte comunali.
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-12-16/salasso-tares-gennaio-italiani-191724.shtml?uuid=Abm3DlCH

Agenda Monti

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Ma qualcuno che evidentemente ancora riesce a sopravvivere bene vuole continuare a sostenere chi ha ridotto in povertà MILIONI di italiani precludendo il futuro ai giovani... 
http://www.nocensura.com/

lunedì 24 dicembre 2012

Buon natale

Monti fa pagare 89mila euro di Imu a chi combatte la leucemia dei bimbi


LO SCANDALO

Monti fa pagare 89mila euro di Imu a chi combatte la leucemia dei bimbi

Il balzello, inesorabile, si abbatte sulla struttura d'eccellenza di Padova: "Siamo un Onlus, non facciamo alcun profitto. Con quei soldi avremmo finanziato un progetto triennale"

Monti fa pagare 89mila € di Imu
al centro anti-leucemia dei bimbi
http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/1150519/Monti-fa-pagare-89mila-euro-di-Imu--a-chi-combatte-la-leucemia-dei-bimbi.html

Il delirio del Codacons contro i nostri marò


DI MARIO GIORDANO

L'associazione dei consumatori critica "lo sperpero di denaro pubblico" impiegato per riportare in Italia Latorre e Girone per le feste di Natale

Delirio Codacons contro i marò
"Il loro ritorno? Soldi buttati"
di Mario Giordano
Adesso denunciano lo Stato perché ha portato a casa i due marò. Se non fosse una notizia, sarebbe una barzelletta: il Codacons ha presentato un esposto alla Corte dei Conti contro le spese sostenute per far rientrare dall’India Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i militari italiani arrestati in India con l’accusa di aver ucciso due pescatori. Secondo i guru dei consumatori si tratterebbe di «sperpero di denaro pubblico», esattamente come il rimborso del mojito al Trota e del lecca lecca al suo collega in Consiglio regionale. Anche il volo aereo di rientro, per dire, a detta dell’associazione sarebbe giustificato quanto quello di Mastella (con figlio) a Monza per il famoso Gp. Ma insomma, si chiedono: com’è possibile che ai due militari non sia stato chiesto, come minimo, il prezzo del biglietto? (...)
Mario Giordano, su Libero di lunedì 24 dicembre, vi dà conto del delirio del Codacons contro i nostri marò, i militari italiani accusati in India. L'associazione dei consumatori, infatti, critica quello che definisce "lo sperpero di denaro pubblico" che è stato speso per riportare nel Belpaese per le vacanze di Natale Latorre e Girone.
Leggi il commento di Mario Giordano su Libero di lunedì 24 dicembre

domenica 23 dicembre 2012

La Reg. Toscana spreca 700mila euro per mandare via i rom. Tutti tornati..

regione-toscana
Le incredibili politiche sociali della rossa Toscana. Dove fanno finta di volere l’integrazione ma in realtà pagano i nomadi per andarsene, come segnalano Italia Oggi e il Corriere Fiorentino

Per sgomberare 120 Rom e altri nel comune di Vaglia (Firenze), Regione Toscana ha sborsato 100mila euro e l`Asl 10, proprietà della struttura, altri 200mila. A giugno dell`anno scorso, nella non lontana Quaracchi, sobborgo fiorentino, per una situazione analoga, la giunta regionale pagò 400mila euro, parte dei quali furono utilizzati proprio per incentivare, anche in quel caso, 120 accampati in una zona oltretutto piena di amianto a tornarsene in Romania.

Il risultato di questo esborso però è stato parecchio deludente

La maggior parte di loro, prese i soldi stanziati e si guardò bene dal lasciare l`Italia. Altri andarono fino a Bucarest, pur di prendere la seconda tranche (500 euro che si sommava a 600 pagati in Italia), ma poi si sono  visti affollare le baracche della periferia ovest  di Firenze. Arrivati probabilmente con la linea di pulmann che collega quotidianamente la Romania alla Toscana.
ilfazioso.com

Mario Monti, Weimar Reloaded


Articolo di Maurizio Blondet tratto da EFFEDIEFFE.COM cui consiglio caldamente l’abbonamento (50€ per un intero anno di informazione fuori dai media mainstream.)
ScreenHunter 01 Dec. 22 15.06 454x300 Mario Monti, Weimar Reloaded (Maurizio Blondet)
Lo scorso 14 dicembre il nostro ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, è volato a Washington ad incontrare il suo pari grado, Tim Geithner, e «investitori» finanziari non meglio identificati. Ad essi, secondo Il Corriere, Grilli ha spiegato il piano del governo Monti per ridurre un poco il debito pubblico, che Monti ha continuato a far salire rispetto al PIL, inarrestabile. Il calo del PIL (e non le tasse, secondo Grilli) ha fatto sì che esso si divaricasse dal debito: quello scende e, per forza, questo sale. La soluzione è aumentare il PIL «nominale», cioè quello reale più l’inflazione (che è al 2%, secondo loro), per far convergere le due entità. Come fare? Tranquilli, ha detto Grilli ai finanzieri esteri: «Il continuo aumento della disoccupazione spinge chi cerca un posto ad accettare compensi sempre minori pur di lavorare, ridando così un po di competitività di prezzo alle imprese»Le imprese italiane potranno dunque «ridurre i costi del lavoro» (Il Tesoro e la via anti-debito).
Ecco dunque il progetto di «rilancio» e «crescita» di Monti (e di Bersani poi, per cui Monti è «un punto di non ritorno»): nessuna liberazione delle imprese dallo strangolamento della burocrazia pletorica inadempiente, nessun taglio ai «costi della politica»; niente blocco degli statali e dei loro stipendi, già il 15% superiori a quelli privati; niente fiscalità che non sia persecutrice di chi produce, nessun taglio agli statali di lusso con stipendi miliardari. Quello che vuol ridurre, il governo, sono i salari privati, ossia di quelli che producono, non dei parassiti. Mettendo in competizione gli occupati con i disoccupati, costretti ad «accettare compensi sempre minori».
A parte l’odiosità morale, è il caso di avvertire che proprio questa «soluzione» fu quella che stroncò definitivamente l’economia della repubblica di Weimar (1919-1933), e fece sì che i tedeschi votassero il NSDAP e la facessero finita col liberismo. Non fu infatti l’iper-inflazione, come alcuni credono, a provocare il rigetto della democrazia; l’inflazione tedesca, benché atroce per la classe media, era già finita nel 1923, e l’istituzione pluralista durò ancora 10 anni. A provocare il tracollo fu invece la deflazione, unita alla recessione, provocata da programmi di «austerità» rigorosi secondo l’ortodossia liberista, e infine il taglio dei salari privati ordinato per decreto dal cancelliere Heinrich Bruening. 
I punti di contatto fra la repubblica italiana d’oggi, e fra Monti e Bruening, sono così numerosi da inquietare. Andiamo per ordine:
Fu la prima globalizzazione (1919-1929): vigeva il Gold Standard, il che significa: negli scambi internazionali si usava una moneta comune globale: l’oro, e le monete in quanto erano agganciate all’oro con cambio fisso. Una volta domata l’inflazione, la Germania – sconfitta nella Prima Guerra Mondiale – riagganciò il marco all’oro, e conobbe una rapida ripresa. 
Crescita drogata da grandi prestiti USA: la Germania era stata condannata a pagare colossali «riparazioni» a Francia e Gran Bretagna perché bollata dalla «comunità internazionale» (la conosciamo bene anche oggi) come colpevole della Grande Guerra. Tutti gli anni avrebbe dovuto versare 2,5 miliardi di marchi oro fino al 1929 (piano Dawes), poi 37 versamenti di 2,05 miliardi di Reichsmark, poi altri di 1,65 miliardi di marchi fino al… 1988 (piano Young). Berlino non ce l’avrebbe mai fatta, se il governo americano (appunto Dawes e Young, banchieri-politici USA) non avesse fornito altrettanto enormi crediti.
Tanta generosità non era disinteressata, e fruttava grassi profitti. Gli USA avendo venduto forniture belliche gigantesche agli Alleati durante la guerra europea, erano divenuti i grandi creditori del mondo, e Fort Knox traboccava di oro affluito dai Paesi debitori (che erano poi gli alleati; ma gli affari sono affari). Il Gold Standard obbligava a moltiplicare di altrettanto i dollari: un mare di liquidità in eccesso stava per abbattersi sull’economia USA, che già subiva la recessione inevitabile una volta finita la super-produzione bellica. La Federal Reserve e i banchieri USA impedirono tale effetto abbassando artificialmente i tassi – la stessa cosa fatta da Greenspan negli anni ’90, e da Bernanke poi – ed incitando all’esportazione di dollari: come nella storia dei petrodollari degli anni ’70, esportarono così la loro inflazione all’estero.
Assoluta libertà di circolazione dei capitali: questa fu la decisione decretata da Washington e da Londra, potenze vincitrici. I capitali americani, poco remunerati in patria, affluirono in Germania. Nel 1925, il tasso di sconto della Federal Reserve era del 3%; in Germania, era sul 10%. Negli anni seguenti, la remunerazione del capitale investito in USA fu sul 4%, in Germania spuntava l’8%. Il doppio.
Pura finanza speculativa, perché basata su un circolo vizioso finanziario: i capitalisti USA si facevano prestare dalla FED al 4%; con questa liquidità indebitavano i tedeschi all’8%, e con questi prestiti i tedeschi pagavano le riparazioni a francesi e inglesi. Come «garanzia» per i generosi prestiti, furono ipotecate la Reichsbank (la Banca Centrale), le Reichsbahn (le ferrovie nazionali), i diritti di dogane e l’imposta sui consumi.
Ma una parte delle riparazioni doveva essere pagata in merci e beni: e dunque parte dei prestiti USA andarono anche a finanziare l’industria tedesca.
La repubblica di Weimar piaceva all’alta finanza USA come uno Stato «business friendly»: le dava le due garanzie che il liberalismo capitalista desidera in un Paese per investire, il «mercato» e la «democrazia». E inoltre, i salari tedeschi erano bassi – milioni di soldati smobilitati cercavano un lavoro a qualunque prezzo – e i bassi salari stimolano sempre gli investimenti industriali: come abbiamo visto fino ad oggi in Cina.
Bolle finanziarie: il risultato di tanto denaro a disposizione provocò oltre ad un surriscaldamento industriale, gigantesche «bolle». Rapidamente, i terreni e i fabbricati rincararono del 700% a Berlino, e del 400% ad Amburgo. I giornali seguaci del liberismo (perché pagati dai capitalisti) lanciarono una campagna per «liberalizzare gli affitti». Gli affitti erano stati bloccati durante la guerra; ma ormai era «ingiusto», dicevano i media, visto che gli immobili si erano tanto apprezzati, che essi rimanessero fermi. Una legge sbloccò gli affitti, che crebbero immediatamente del 125%. A pagarli erano soprattutto gli operai, appena urbanizzati, risucchiati nelle metropoli dall’industria assetata di manodopera. Berlino passò da 2 a 6 milioni di abitanti, e gli alloggi non bastavano mai. I padroni immobiliari erano quelli che guadagnavano.
Anche a spese delle industrie, che pagavano di più affitti e mutui e fidi per i fabbricati industriali. «Leconomia era sempre più dipendente dal capitale estero; il peso degli interessi continuava a crescere (…) I crediti esteri erano per lo più a breve, ma erano piazzati in investimenti a lungo termine, sicchè la minima crisi economica presso i creditori avrebbe avuto conseguenze gravissime per la repubblica» (così lo storico Horst Moeller).
Allora la crisi fu quella del 1929, che da un giorno all’altro lasciò l’economia germanica a secco di capitali americani. Oggi è stata la crisi dei sub-prime in USA, che ha destabilizzato il sistema bancario globale, rivelandone l’insolvenza.
Ma intanto, tra il 1925 e il ’29, l’economia cresceva trionfalmente. Erano Die Goldener Zwanziger, i dorati anni ’20 immortalati dalle vignette di Grosz, coi ricconi grassi in cilindro, sigaro e frac che palpano puttanelle (figlie della classe media rovinata) nei cabaret. Gli industriali tedeschi rispondevano al peso crescente degli interessi passivi e dei costi da «bolla» sui fabbricati, creando un apparato industriale ad alta intensità di capitale, in modo da risparmiare sui salari. 
«Le industrie smantellavano le vecchie fabbriche e le rimpiazzavano coi più nuovi macchinari. La Germania stava diventando il Paese industriale più avanzato del mondo, più degli stessi Stati Uniti (…) l’intero sistema ferroviario fu rinnovato…». Così Bruno Heilig, giornalista ebreo dell’epoca, che scampò nel 1938 a Londra (Bruno Heilig, “Why the German Republic Fell”).
Non mi dilungherò sulle «privatizzazioni» scandalose e truffaldine che allora prosperarono. Mi limito a citare il nuovo porto sulla Sprea, che il municipio di Berlino rammodernò spendendo milioni di marchi, attrezzandolo di gru e magazzini (era il porto che serviva il rifornimento della capitale) e che poi fu ceduto a due privati – con l’argomento che la mano pubblica non poteva gestirlo «con efficienza e profitto» . Il consorzio privato, Schenker & Busch, pagò 396 mila marchi – unico pagamento per 50 anni di affitto (il solo prezzo d’affitto del nudo terreno del porto sarebbe stato di 1 milione di marchi l’anno) e per giunta si fece dare dal comune un prestito di 5 milioni di marchi come capitale operativo. L’alto funzionario pubblico responsabile del progetto, e che aveva poi consigliato la privatizzazione, lasciò l’impiego pubblico e fu assunto da Schenker & Busch con uno stipendio principesco. Intanto «i lavoratori berlinesi, già aggravati dal rincaro delle pigioni, pagavano un tributo a quei privati per ogni pezzo di pane che mangiavano» (Heilig).
La crescita a credito cominciava a perdere colpi. Gli interessi sui debiti degli industriali crescevano, crescevano i costi degli affitti e dei macchinari. Ma per qualche anno «ogni segno di crisi fu scongiurato comprimendo i salari e licenziando lavoratori» (Heilig). È significativo che anche durante il boom dei Venti Dorati, i disoccupati restarono tanti, si mantennero sui 2 milioni. Tanto meglio, per gli industriali: manodopera a basso costo. E coi «risparmi» sui salari, comprarono macchinari ancora più efficienti onde aumentare la produttività. Così gli aveva insegnato il liberismo anglosassone. E i tedeschi sono allievi-modello.
L’altra faccia della produttività. Accadde quello che sempre accade quando si retribuisce troppo il capitale (i banchieri, essenzialmente) e poco il lavoro: le merci, prodotte in quantità sempre maggiore, non trovano acquirenti, perché i consumatori (che sono i lavoratori) hanno perso potere d’acquisto. 
Gli imprenditori corsero ai ripari applicando i dettami del liberismo americano appena appreso. Nel 1931, ridussero la quantità di merci prodotte, sperando con ciò di sostenerne i prezzi. Ma così facendo «interessi, tasse, ammortamenti ed affitti, ossia le spese fisse, divise su un volume minore di beni, aumentarono il costo unitario di ogni beneIl costo di produzione crebbe in proporzione inversa ai profitti, fino a divorarli» (Bruno Heilig).
Quali misure vennero prese? Altri licenziamenti in massa. Ovviamente, «per ogni lavoratore licenziato era un consumatore che scompariva», ha scritto Heilig, sicché i datori di lavoro «ne ebbero ben poco sollievo».
Già. A far colare a picco le imprese erano i «costi non comprimibili», non già il costo del lavoro; ma questo era il solo ritenuto «comprimibile» – e fu compresso senza pietà. Furono i costi incomprimibili, nel corso del 1931, a rendere insolventi sempre più imprese. Gli interessi sui debiti diventarono impagabili, e non furono più pagati. Con l’insolvenza dei debitori-imprenditori, cominciarono a fallire le banche.
Il cancelliere Heinrich Bruening, salito al potere nell’ottobre ‘31, spese miliardi di marchi (dei contribuenti) per «salvare le banche», applicando da allievo modello i dettami del liberismo anglosassone. Come oggi, quando sono le banche a crollare per i loro investimenti sbagliati, il «mercato» viene sospeso, e invece di lasciarle fallire, si invoca la mano visibile dello Stato, l’intervento pubblico a loro favore.
Non bastò, ovviamente. Allora Bruening, che ormai gestiva l’economia a forza di decreti d’autorità, lanciò una politica di austerità e rigore, tagli di bilancio, deflazione deliberata. Il cancelliere «ascoltava i funesti consigli del dottor Sprague, lemissario della Bank of England. Il quale naturalmente voleva la continuazione della politica di deflazione ad ogni costo; deliberata permantenere il valore dei fantastici investimenti della City in Germania» (Robert Boothby: Recollections of a Rebel, 1978).
Anche oggi, il rigore e la deflazione decretati da Mario Monti sono nel solo interesse dei grandi creditori internazionali, che vogliono mantenere il «valore dei loro investimenti». Proprio di questo il nostro (loro) Grilli è andato a rassicurare gli investitori americani che creerà «crescita» tagliando i i salari.
Nel 1931, Bruening fece lo stesso:
per decreto, ordinò una riduzione generale dei salari del 15%.
Nella sua teoria, riteneva che riducendo il potere d’acquisto del lavoratori, si sarebbe prodotta di conseguenza una riduzione dei prezzi. Il «prezzo umano», la messa alla fame dei lavoratori e delle loro famiglie, non gli sembrò indegno d’esser pagato.
La massa salariale prima del 1929, ossia nel boom liberista, ammontava a 42,4 miliardi di marchi. Durante il cancellierato Bruening scese a 32 miliardi (il Terzo Reich la fece risalire, nel 1937, a 48,5 miliardi).
Ovviamente, il drastico taglio dei salari non funzionò come sperava Bruening, anzi accelerò il tracollo. Come abbiamo visto, i prezzi delle merci erano determinati da fattori ben diversi che dalle paghe: dai costi incomprimibili, dal servizio del debito, dagli indebitamenti per comprare suoli sopravvalutati dalla bolla. Bruening avrebbe dovuto agire su quelli. Non lo fece.
I disoccupati salirono a 7 milioni: un terzo della forza-lavoro nazionale; a cui si dovettero aggiungere «i «disoccupati parziali», part time e precari, altri milioni non censiti.
«Lapparenza di prosperità economica degli anni Venti si rivelava ingannevole. Quando la crisi americana del 1929 e la poca fiducia nella stabilità economica e politica di Weimar spinsero (gli stranieri) a ritirare i crediti, leconomia tedesca collassò… La generazione giovanile si vide privata di possibilità professionali, economiche e sociali; era sradicata e si sentiva derubata dellavvenire». (Moeller). «La classe media (era) spazzata via: questa la situazione ad un anno dallapice dalla prosperità» (Heilig).
In quell’anno, il numero dei deputati nazisti al Reichstag passò da 8 a 107. Avevano votato per loro 13,4 milioni di tedeschi; il 60% erano persone che prima non avevano votato, astenendosi. Nel gennaio 1933, divenne cancelliere Adolf Hitler. E cominciò la ripresa, usando ricette contrarie a quelle del liberismo (1).
Oggi, i poteri forti – che hanno la memoria lunga – hanno agito d’anticipo, di fatto favorendo un colpo di Stato dall’alto in Italia, svuotando di senso le votazioni; hanno accelerato la creazione della giunta oligarchica a livello europeo, in modo – mentre cadono a picco tutti i dati dell’economia reale – da prevenire una deriva «populista» della volontà popolare, che scalzi il loro potere come avvenne «allora».

1) Bruening se ne andò in USA, dove fu accolto a braccia aperte dall’Università di Harvard. Vi restò come docente di politica liberista fino al 1951.

sabato 22 dicembre 2012

Bue e asinelli cacciati del presepe

Con gran dolore dei bambini, dei nonni e della Brambilla, quest'anno sono stati espulsi dal presepe il bue e l'asinello. Il Papa ha detto che la loro presenza nella grotta è abusiva, storicamente infondata

Con gran dolore dei bambini, dei nonni e della Brambilla, quest'anno sono stati espulsi dal presepe il bue e l'asinello. Il Papa ha detto che la loro presenza nella grotta è abusiva, storicamente infondata. Resteranno negli spogliatoi, senza permesso di soggiorno, o al più ripescati in platea, mescolati nella folla. Non so come vivranno la grottesca cacciata, se si appelleranno alle organizzazioni animaliste o accetteranno muti, come è loro costume, con cristiana rassegnazione. Però non è giusto. Furono il primo termosifone dell'umanità, i primi radiatori viventi; hanno resistito per secoli nei presepi, da San Francesco animalista a oggi, nel ruolo di attori di spalla e testimoni degli sposi. Anche per Giuseppe e Maria erano un fiato.
Restano gli angeli, appesi a fili precari, che cadono in continuazione facendo strage di pastori e papere. Restano i Re Magi, di grandezza diseguale, uno nano sul cammello, l'altro moro a piedi, il terzo col loden che sembra appena sceso da un taxi. Tre Re su una popolazione di una decina di pastori, la stessa proporzione tra dirigenti e dipendenti alla Regione siciliana. Resta san Giuseppe deformato dall'artrosi e la Madonna di cui una è titolare e due mimetizzate sono di riserva (insieme, le tre marie fanno un panettone). E resta lui, un bambinello gigantesco rispetto al presepe, un pupone nascosto a fatica nella mangiatoia fino al 24. Ma al presepe non vale il rigore né la meritocrazia: non bocciate gli asini e non tagliate i buoi in esubero. Su, Papa Ratzinger, non faccia la Merkel.