venerdì 26 agosto 2011

Magistrati fuori ruolo alla sbarra: lo scandalo del doppio stipendio


Percepire stipendi da capogiro, maturare scatti di anzianità e beneficiare delle promozioni... per un lavoro non svolto. Lo scandalo dei fuori ruolo tra le toghe italiane


"Tra Consiglio di Stato, Tar, Corte dei conti, Avvocatura dello Stato e magistratura ordinaria, sono fuori ruolo circa 300 magistrati che mantengono il loro trattamento economico percependo un'indennità di funzione che a volte supera lo stipendio". E' quanto si legge in un articolo a firma di Milena Gabanelli e Bernardo Iovine, su un tema già oggetto di una precedente inchiesta di Report.

Si tratta della legge che permette ai dipendenti pubblici di essere 'prestati' temporaneamente ad altri incarichi al servizio dello Stato, conservando il trattamento economico fondamentale, al quale si aggiunge l'indennità per il lavoro 'parallelo'.
Il caso dei magistrati viene legittimamente definito "uno scandalo": i cosiddetti 'fuori ruolo' lasciano le funzioni giudiziarie e svolgono funzioni amministrative, conservando lo status di giudice e continuando a percepire uno stipendio che va dai 5 ai 10 mila euro netti mensili, a maturare scatti di anzianità e a beneficiare delle promozioni per un lavoro che non svolgono.

L'élite dei magistrati 'in prestito' costituisce una "supercasta di potere, che è quella che realmente regola i rapporti con la politica", scrive Anna Maria Greco su Panorama. La carrellata dei protagonisti della 'carriera parallela' è ampia, solo per citarne alcuni: Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust; Lamberto Cardia, presidente della Consob, Franco Frattini, ministro... Stipendi da capogiro, grazie a una legge che consente di elargire, solo ai magistrati fuori ruolo, almeno venti milioni di euro l'anno - riporta Milena Gabanelli - per un lavoro che non svolgono più. Venti milioni che non risolverebbero il problema del deficit italiano ma che forse potrebbero essere spesi meglio, in uno Stato che non esita a imporre tagli all'istruzione e al welfare, che gravano pesantemente sui comuni cittadini.

Il problema non è solo di natura economica. Gli incarichi nei palazzi della politica sono spesso offerti ai giudici con criteri discrezionali, senza concorso, su base fiduciaria. E si può supporre non sia facile tornare, alla scadenza dell'incarico, ad esercitare il "potere giurisdizionale", dopo tanti anni trascorsi negli uffici dei Ministeri.
Last but not least, i 300 magistrati "fuori ruolo" non vengono sostituiti, sottraendo così una risorsa ingente alla macchina della Giustizia, già cronicamente in affanno.

Impedire che si protraggano certi privilegi, ad esempio con una legge che vieti il cumulo delle retribuzioni, proprio quando è all'ordine del giorno una manovra finanziaria "lacrime e sangue", dovrebbe essere una priorità. Ma le misure anticrisi si rivolgono altrove.

virgilio.it

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