sabato 14 maggio 2011

Il bancomat delle bici chiude i battenti (mai aperti)

Fallisce al Parco Nord la sperimentazione del servizio automatico di bike sharing. Vanno in fumo 130mila euro. Non è mai entrato in funzione perché il fai da te è stato considerato inaffidabile.

Sesto San Giovanni, 14 maggio 2011 - Pancia verde, faccia gialla e una grossa bocca nera. Il distributore automatico di biciclette del Parco Nord Milano, mai entrato veramente in funzione, sarà «trasformato». Il sogno, cominciato tre anni or sono, di un erogatore automatico di due ruote, che avrebbe dovuto funzionare come una sorta di bancomat delle biciclette, volge definitivamente verso il tramonto.
La sfida è persa: il prototipo non potrà mai entrare in funzione a pieno regime nelle condizioni attuali e così il consiglio del Consorzio del Parco Nord ha deciso per una sua riconversione. Il distributore meccanico non è mai stato in funzione: al prototipo e alla possibilità di realizzare un sistema interno al parco di auto-noleggio di biciclette erano affidate le speranze di una progressiva educazione della popolazione sull’utilizzo delle due ruote.
Invano: perché il parco e anche tutti i suoi fruitori, devono dire addio al sogno; per ora. Il «mostro meccanico» installato all’ingresso della cascina che si trova al centro del polmone verde del Nord Milano era stato presentato e inaugurato a più tappe; ma fino ad oggi, dentro quella bocca nera che avrebbe dovuto ospitare e distribuire biciclette, sono solo entrati soldi.
E pure tanti: 130mila euro, circa. Denaro pubblico speso nelle diverse fasi del progetto, dall’ideazione, alla realizzazione, al collaudo, fino alle ripetute sistemazioni: di questi, il 70 per cento era stato sborsato dalla Provincia di Milano; la parte restare era a carico dell’ente.
«Ammetto che la vicenda mi tocca da vicino anche a livello personale perchè si tratta di un sogno infranto anche per me — spiega il direttore del Parco Nord Milano, Riccardo Gini —. È una ferita aperta, avevo riversato in quel progetto tante aspettative». Il problema è tecnico: il prototipo non ha mai dimostrato di essere affidabile per poter essere utilizzato direttamente, in modalità self-service, dai cittadini utenti del parco.
«È un prototipo — aggiunge Gini —. E in quanto tale ha da sempre avuto delle cose da sistemare. Abbiamo sempre sperato di poterlo mettere in funzione definitivamente, ma l’erogatore non si è mai dimostrato affidabile per l’eccessiva complicazione con cui si dovevano svolgere le operazioni di ritiro e consegna dei mezzi a due ruote».
Una storia senza il tipico lieto fine; una telenovela a puntate dove il protagonista, a dirla tutta, non è mai piaciuto al pubblico: sia per il suo aspetto così «minaccioso», sia per la sua inutilità. Cosa ne sarà in futuro? Forse bicistazione, forse ciclofficina: di certo l’erogatore non farà quello per cui era stato pensato.
«Continueremo a lavorare sul fronte della mobilità dolce — conclude Riccardo Gini —. Il prototipo sarà trasformato in un deposito per biciclette, oppure in una sorta di ciclofficina dove sarà possibile effettuare riparazioni da parte dei ciclisti che frequentano il nostro parco. Stiamo studiando un modo per poter utilizzare l’involucro: abbiamo preso contatto con alcuni sponsor ma non abbiamo trovato ancora nessuno disposto a finanziare il progetto. Anche le biciclette verdi, quelle che avrebbero dovuto uscire dalla pancia del distributore, non andranno perse: troveremo il modo per utilizzarle e metterle a disposizione degli utenti».
di Andrea Guerra

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