sabato 16 marzo 2013

Una fiction progressista girata in Vaticano


A voler banalizzare l'elezione di Papa Francesco, diranno che con le dimissioni di Ratzinger è subentrato il primo dei non eletti che al precedente conclave si piazzò dopo l'eletto


A voler banalizzare l'elezione di Papa Francesco, diranno che con le dimissioni di Ratzinger è subentrato il primo dei non eletti che al precedente conclave si piazzò dopo l'eletto.







A rendere colorita la fumata bianca, ci ha pensato il Mattino che ha pubblicato un commento papista di Maradona: Diego scrive di aver visto la mano di Dio nei Mundial del 1986 e ritiene che il dio del pallone sia argentino; dunque è giusto che il Papa sia argentino.
Ora rischiamo un editoriale di Belen Rodriguez sul suo connazionale papa paragonato a Corona. A voler essere invece più seri ma non troppo, è stata stucchevole e grottesca la passerella mediatica di chi da un nome prescelto e da un luogo di provenienza, ha costruito un profilo di Papa Francesco del tutto inventato, come di un progressista, un pauperista, la protesi del Cardinal Martini, o come dicono a Roma, uno de sinistra. E invece questo Papa nulla ha concesso da vescovo al politically correct, ha tuonato contro l'aborto e le nozze gay, esprimendo parole da massacro mediatico; ha persino coabitato, e non da dissidente, col regime militare di Videla.
Nei media invece abbiamo sentito risuonare il gergo dell'umiltà che è la parodia demagogica dell'umiltà vera, quella che si vive e non si enuncia. Abbiamo sentito ricchissimi colleghi esaltare il Papa dei poveri. Per un giorno ci siamo illuminati d'immenso e ubriacati d'incenso. Diman tristezza e noia recheran l'ora. E torneremo, cucù incluso, a Grillo, i giudici, Berlusconi, la crisi politica, la catastrofe economica. Contenti?

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