martedì 6 settembre 2011

Da vent'anni Penati sta rubando il posto fisso a un professore precario

di Mario Giordano

L'ex factotum di Bersani è in aspettativa da docente e quando smetterà con la politica potrà tornare a insegnare. È ancora sua la cattedra di educazione tecnica alla scuola media Tabacchi di Milano

Dalla tangente della Falck alla tan­gente della circonferenza, dagli in­terrogatori alle interrogazioni. L’ul­tima che abbiamo scoperto è questa: se do­mani Filippo Penati riuscisse a sfuggire la prigione di Stato e quella del Pd, potrebbe ri­tornare immediatamente in cattedra. E non per insegnare come si rovina l’immagine della superiorità etica della sinistra, come potrebbe pensare qualche malizioso, e nem­meno per dare lezioni sul modo in cui si manda in malora una città o sui metodi per farsi sospendere dal partito.
Macché: ritor­nerebbe in cattedra nel vero senso della pa­rola, cioè avrebbe il suo posto nella scuola pubblica, insegnante alla media Tabacchi di Milano, con tanto di registro e posto in consiglio di classe. Pronto a passare dai col­loqui con gli avvocati a quelli con i genitori degli alunni,pronto a fare l’appello in un’au­la scolastica magari in attesa dell’appello in un’aula del tribunale. Come ha rivelato Pino Corrias sull’ultimo numero di Vanity Fair su Penati «Google è in grado di trovare 689mila notizie in 0,07 se­condi », ma «ne manca una: da una ventina d’anni il politico a tempo pieno che sulla questione morale sta mettendo in ginoc­chio l’intera sinistra ha un suo paracadute privato sotto forma di impiego pubblico«. Proprio così:Penati,ex insegnante in aspet­tativa da vent’anni, resta titolare del posto in cattedra. Naturalmente non prende stipen­dio ( e ci mancherebbe), ma viene sostituito anno dopo anno da un supplente. Il quale re­sta precario, mentre il titolare diventa politi­co di professione e s’insedia saldamente nei palazzi del potere.
Qual è la differenza tra i due? Che se arriva la crisi il precario rischia di rimanere a casa. Il politico, invece, male che vada si riprende il suo posto sicuro. Si ca­pisce, un rifugio protetto non si nega nessu­no, nemmeno a chi è sospettato di corruzio­ne: hai rubato denaro pubblico? In attesa di scoprirlo, col denaro pubblico ti ridiamo il tuo stipendio. Che non sarà ricco come una tangente alle Coop, ma se non altro è buono e paziente. Ti aspetta anche per vent’anni. Vi pare possibile? Se si parla di costi della politica forse bisognerebbe considerare an­che questi. Che forse non sono evidenti co­me il pranzo da Gambero Rosso regalato al Senato o il profluvio di auto blu per le vie del­la Capitale, ma che per certi versi sono an­cor più urticanti perché nascosti e conside­rati quasi normali. Prendete Piero Marraz­zo: appena finito il suo trans trans da gover­natore del Lazio, ha riavuto il posto in Rai (che per altro unisce a una pensione da con­sigliere regionale: oltre 2mila euro già a 52 anni, alla faccia dell’allungamento dell’età pensionabile).
Come ha notato Aldo Grasso sul Corriere della Sera , il suo esordio su Rai­tre è stato un reportage sulla Somalia: «Se si occupasse di cose italiane la sua credibilità sarebbe messa a dura prova», chiosa il criti­co. E aggiunge: «Sono convinto che un gior­­nalista, specie se lavora nel servizio pubbli­co e diventa noto per la conduzione di un programma, una volta che sceglie di entrare in politica non può poi tornare a fare il suo la­voro in Rai come se niente fosse». E invece?
Invece niente: i giornalisti Rai conservano il posto, anche se è sconvenien­te. Del resto perché stupirsi? Lo fanno anche i magistrati: da Giuseppe Ayala a Adriano Sansa, sono tanti quelli che tornati a rivesti­re la toga dopo la politica. Nessuno rinuncia al rifugio sicuro.E,per i più fortunati,nel frat­tempo scorrono pure i contributi figurativi per una bella pensione. Vale la pena ricorda­re che Oscar Luigi Scalfaro entrato in Parla­mento nel 1946 e tutt’ora senatore a vita, e dunque sempre mantenuto da ricche inden­nità parlamentari o presidenziali, soltanto per aver vestito la toga tre anni (fra il 1943 e il 1946), incassa una pensione Inpdap come ex magistrato pari a 4.766 euro netti al mese (circa 8mila euro lordi, che gli scorrono nel­le tasche dal 1988).
Com’è possibile? Ovvio: grazie al versamento fittizio (cioè a carico dei contribuenti). Penati non ha avuto contributi figurativi, non ha maturato la pensione. Però ha man­tenuto il suo strapuntino, il suo paracadute scolastico, la sua antica certezza da prof. Non c’è reato, chiaro: però c’è la dimostra­zione di come intende la cosa pubblica, che sia una cattedra o l’area Falck.Cioè una cosa da gestire nel proprio esclusivo interesse, magari mentre si dà l’immagine dell’uomo tutto d’un pezzo, dell’amministratore ligio alle regole, dello sceriffo pronto a sacrificare tutto per il rigore.Ecco,no:lui non è così.Tut­t’altro. E nell’occasione il finto sceriffo ha un solo merito: con la sua vicenda ci dimostra una volta per tutte che quella norma, conser­vare il posto pubblico a chi sta in politica per vent’anni,è un’aberrazione.Come tollerar­la ancora? O si pone un limite al numero di mandati o si costringe chi si candida a lascia­re il posto statale. Fare il moralista, fare i pro­pri comodi e il garantito alla scuola media Tabacchi, tutto insieme e a spese nostre, è un po’ troppo. Persino per chi da sempre è amico di Bersani. 

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