domenica 26 maggio 2013

Due preti di strada Ma uno faceva opere l'altro polemiche Fede contro ideologia, testimonianza contro presenzialismo I riti di ieri rispecchiano le vie opposte percorse da Gallo e Puglisi


Erano ciottoli diversi quelli calpestati da don Gallo e don Puglisi, tra i preti di strada più conosciuti di questi nostri tempi. Ciottoli duri di strade accidentate.
Frequentate dai derelitti e dai «percossi dalla vita» o battute dai ragazzini tentati dalle mafie. Due preti sociali, come si dice. Due preti impegnati. Due uomini di Chiesa sulla frontiera dell'emarginazione. Quanto diversi, don Andrea e padre Pino, lo si è visto anche ieri, in un giorno di riti celebrati faccia al mare, lontanissimi tra loro. Nella comunità di san Benedetto al Porto, per mantener fede alla tradizione di officiare i funerali dei suoi preti, c'era Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e capo della Cei. A Palermo ottantamila persone hanno assistito all'elevazione agli onori degli altari del parroco del Brancaccio ucciso da Cosa nostra, era il 15 settembre 1995, e proclamato beato da Benedetto XVI nel giugno scorso per martirio «in odio alla fede». Diversissime anche le rappresentanze pubbliche. Istrionico, presenzialista e amante dei riflettori, meglio se illuminati dall'ideologia sinistra o almeno radical chic, l'ex salesiano genovese aveva in prima fila per l'ultimo saluto militanti No Tav, sindaci della Val di Susa, Alba Parietti, il segretario Fiom Maurizio Landini, Dori Ghezzi, Shel Shapiro e Vladimir Luxuria. La ribellione e la protesta ben spruzzate di glamour. Mite e silenzioso ma indomito e concreto nella lotta alle mafie, «3P» - il soprannome delle iniziali - aveva ad acclamarlo tra la gente comune il presidente del Senato Pietro Grasso, i ministri dell'Interno Angelino Alfano, della Giustizia Annamaria Cancellieri e della Funzione pubblica Giampiero D'Alia. La normalità e le istituzioni dello Stato.
Le strade battute da padre Pino e don Andrea portavano, almeno in apparenza, in direzioni diametralmente opposte. Da una parte la fede, dall'altra l'ideologia. Il segno della croce e il pugno chiuso. Il catechismo delle vocazioni e le manifestazioni del gay-pride. Le prediche sul sagrato contro Cosa nostra e le celebrazioni pro Chavez con la bandiera venezuelana sull'altare. Da una parte il tifo delle star della musica e del varietà, da Beppe Grillo a Vasco Rossi, da Celentano a Piero Pelù. Dall'altra il silenzio dell'antipersonaggio che lavorava sulle anime.
«Peccato che don Gallo sia un prete. Se fosse un politico avremmo trovato il nostro leader», scrisse Loris Mazzetti, parlando del centrosinistra nel libro pubblicato con lui. L'ideologia invadeva di continuo le esternazioni del prete genovese amico di De Andrè e elettore di Nichi Vendola alle primarie del centrosinistra. Anche ieri il «Bella ciao» cantato a squarciagola dai militanti dei centri sociali ha sovrastato l'omelìa del cardinal Bagnasco. A volte sono certi sponsor maldestri a schierarti più di quanto vorresti su sponde estreme. Quelli di don Gallo erano i centri sociali e il Fatto quotidiano che il giorno della morte gli ha dedicato titolo d'apertura e parecchie paginate. È dovuta intervenire la sua segretaria personale («Così non rispettate la memoria e l'insegnamento di don Gallo. Lui credeva nella Chiesa e ne aveva un rispetto profondo») per interrompere i cori fuori posto, far tornare il silenzio e riprendere la celebrazione. Il rivoluzionario don Gallo aveva sempre alzato la voce, si era schierato dalla parte degli omosessuali e in favore della liberalizzazione delle droghe leggere. Ma nella sua Genova, fucina d'intelligenze e gerarchie ecclesiastiche, non aveva mai rotto con i superiori, da Siri a Bertone fino a Bagnasco, che gli aveva fatto visita anche pochi giorni prima che si spegnesse.
«Sì, ma verso dove?» era il motto di padre Puglisi. «Qual è il senso della nostra esistenza?», chiedeva ai ragazzini. Con la forza della testimonianza e della condivisione il prete antimafia aveva tolto dalla strada i bambini affascinati dai boss e pronti ad arruolarsi nel racket. Al cristianesimo non serve il supporto dell'ideologia, faceva capire «3P». La fede in Gesù è da sola garanzia di liberazione. E così, due anni prima dell'agguato sulla porta di casa, aveva fondato al Brancaccio il centro «Padre nostro». Per dedicarsi a tempo pieno all'educazione e all'insegnamento, alla formazione dei preti e all'evangelizzazione. Che fosse lui il vero rivoluzionario?

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