Difficile trovare qualcuno che non faccia quadrato e difenda la “sacralità” della figura del Presidente della Repubblica, in un periodo in cui le polemiche sulle intercettazioni Napolitano-Mancino spadroneggiano sui media. In quanto garante della repubblica e dell’unità, il Capo dello Stato deve essere preservato da una sorta di campana di vetro e immune da qualsiasi attacco da parte di magistratura, media o anche semplici cittadini, perlomeno secondo chi teorizza l’inattaccabilità della prima carica dello Stato.
Un diritto non riconosciuto ad esempio al premier, o ad un premier in particolare (Silvio Berlusconi), nonostante la funzione di un Presidente del Consiglio non sia meno importante e soprattutto sia altrettanto decisiva per gli equilibri della democrazia e per il rispetto della volontà popolare sovrana.
C’è anche però chi decide di uscire dal coro, e lo fa con parole forti. Ferdinando Imposimato, magistrato, presidente onorario aggiunto della Corte suprema di Cassazione, in passato giudice istruttore di importanti casi di terrorismo come il rapimento Moro e l’attentato a Papa Giovanni Paolo II, sostiene che l’articolo 3 della Costituzione riguardi anche la figura del Capo dello Stato.
Imposimato, che si è occupato di mafia e camorra e per tre legislature è stato membro della Commissione Antimafia del Senato, ha scritto sul sito 19luglio1992 (dedicato a Paolo Borsellino) queste parole che riportiamo interamente
Il principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge sancito dall’art. 3 della costituzione riguarda anche il presidente della Repubblica.
La legge consentiva alla Procura di Palermo di disporre le intercettazioni telefoniche delle conversazioni che avvenivano sull’apparecchio di Nicola Mancino.Per Mancino c’è stata una legittima intercettazione diretta disposta dal Giudice con decreto motivato. Non esiste alcuna legge che imponga o permetta di distruggere al Pubblico Ministero le telefonate senza sentire le parti interessate nel processo e cioè il Pubblico Ministero, il difensore dell’imputato o indagato e il difensore della parte civile.
La ragione è semplice: Mancino potrebbe ricavare dal colloquio con il Presidente della Repubblica elementi a proprio favore,  per esempio se il Presidente Napolitano avesse detto:
“Sta tranquillo… so bene che tu non sei stato scelto come Ministro per favorire i mafiosi abrogando il 41 bis. Noi ti abbiamo voluto perché sei un combattente antimafia”.
Il Pubblico Ministero, a sua volta, potrebbe ricavare elementi a favore dell’esistenza di una trattativa tra lo Stato e la mafia ed elementi di colpevolezza a carico di Mancino in ordine al reato di falsa testimonianza se l’ex ministro, parlando con il Presidente Napolitano, avesse minacciato di tirare in ballo il Presidente Scalfaro o il Capo della Polizia o di rivelare cose importanti sul coinvolgimento di terze persone come uomini dei servizi del ROS o uomini di Governo.
Anche la parte civile e cioè i familiari di Paolo Borsellino hanno interesse a conoscere la verità da qualunque parte venga comprese le intercettazioni indirette che riguardano il Presidente della Repubblica.
Se fossi il difensore dei familiari di Paolo Borsellino mi opporrei con tutte le mie forze alla distruzione delle intercettazioni.Il principio di legalità e di sicurezza stabilito dalla costituzione art. 25 è un bene primario che prevale sul bene delle privacy e vincola anche il Presidente della Repubblica.Uno Stato può esistere senza benessere, non può esistere senza Legalità e Giustizia.Ferdinando Imposimato
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