mercoledì 4 luglio 2012

Brindisi, le ragazze ferite dalla bomba dovranno pagarsi le spese mediche



LA BEFFA

Le sopravvissute di Brindisi costrette a pagarsi le creme antiustioni

Il servizio sanitario della Regione puglia non copre le spese per i tubetti, che costano tra i 50 e i 100 euro l'uno


Il servizio sanitario della Regione Puglia non copre le spese necessarie alle cure delle cinque ragazze restate ferite il 19 maggio scorso nell’attentato davanti alla scuola Morvillo-Falcone di Brindisi. Tocca dunque interamente alle famiglie di Selena, Sabrina, Veronica, Vanessa e Azzurra il costo di parte delle creme medicinali necessarie a curare la pelle ustionata. Secondo il prontuario della sanità pubblica quelle creme non possono essere rimborsate né prescritte dal medico di base perché inserite nell’elenco dei trattamenti estetici e non sanitari. Quelle creme a dire il vero sono state prescritte dai medici  degli ospedali pubblici in cui sono state in cura le ragazze, e risulta davvero poco comprensibile che il servizio pubblico non se ne faccia più carico ora che la maggior parte di loro è a casa.
Le ragazze hanno tutte ustioni fra il 25% e il 60% del corpo, alcune anche in viso e senza quei trattamenti oltre a provare ancora oggi i dolori dell’inferno, hanno probabilità assai scarse di recupero. «Quei tubetti», sospira Giuseppe, lo zio di Azzurra Camarda che affianca la mamma restata sola con la figlia, «costano fra i 50 e i 100 euro, e durano anche poco perché il trattamento deve essere ripetuto tutti i giorni. Noi non abbiamo il reddito necessario per affrontare spese simili per molto tempo». Giuseppe e gli altri familiari delle ragazze ferite sono stati intervistati la scorsa settimana da Elisa Calessi. Il video del loro drammatico racconto è disponibile da questa mattina sulla home page del sito internet di Libero, all’indirizzo www.liberoquotidiano.it. Anche Francesca, la mamma di Selena Greco, la ragazzina che rifiuta di uscire per non fare vedere le ustioni e che fino a qualche ora fa si è opposta al ritorno a scuola da settembre, fa vedere tutte le pomate e i medicinali necessari che la famiglia si compra con le proprie risorse o grazie alla generosità di amici e parenti e all’unico aiuto pubblico fino a questo momento arrivato: i mille euro a ragazza ferita messi a disposizione dal comune di Mesagne. «Non ci hanno detto per quanto debbono proseguire le cure», sospira Francesca, «sappiamo solo cosa dobbiamo fare ora e quante medicine e pomate vanno applicate durante il giorno». 
Il dramma anche economico delle famiglie delle ragazze ferite è noto anche alle istituzioni e ai rari rappresentanti che non hanno voluto lasciare abbandonate le ragazze ferite una volta che si erano spenti i riflettori. «Vero che il servizio sanitario non copre i costi di quelle pomate, che sono anche care», ammette desolata il vicesindaco di Brindisi, Paola Baldassarre, che sta collaborando con Libero nella raccolta della generosità dei privati che come spesso accade si stanno sostituendo allo Stato. «C’è bisogno di aiuto di ogni genere, anche di quello che appare meno palpabile: un aiuto umano e psicologico che è fondamentale per superare lo choc e una ferita interna che rischia di non rimarginarsi per il resto della vita». 
Quello economico non è un aspetto di secondo piano, comunque. Tutte e cinque le famiglie delle ragazzine ferite sono di umili origini, e non hanno la disponibilità economica necessaria per le cure che dovranno essere proseguite nei prossimi anni. Come si può apprendere dal video della Calessi, che racconta la storia di tre ragazze, Azzurra è assistita da uno zio che ha già un’altra famiglia sulle spalle, dai nonni che possono contare su una doppia pensione di poco più di mille euro al mese e dalla mamma che quando può riesce a racimolare qualche entrata facendo le pulizie in case private. La mamma di Selena è casalinga, il papà fa il muratore e certo in quella casa non si naviga nell’oro. Ancora più grave la situazione economica nella famiglia di Sabrina Ribezzi: la mamma è casalinga, il papà è invalido all’85% per epilessia, e in casa entra una pensione inferiore ai 500 euro al mese.
È per questo che Libero da qualche giorno ha lanciato una sottoscrizione aprendo un conto corrente intitolato alla memoria di Melissa. Ci si appella alla generosità dei lettori, che non è mai mancata in occasioni simili, e ci si rivolge anche ai medici che vogliano prestare gratuitamente la propria opera professionale. Per chi volesse versare un contributo il riferimento è Editoriale Libero srl- Conto “MELISSA” IBAN: IT94R03069
09451100000000736 (gli zero alla fine sono otto).
Intanto ieri sono arrivate due buone notizie. Una arriva dall’ospedale universitario Cisanello di Pisa: Veronica Capodieci, la quindicenne ferita più gravemente nell’attentato del 19 maggio scorso, potrà tornare a casa fra il 15 e il 20 di luglio. Da una decina di giorni ha iniziato la riabilitazione motoria, e i segnali di recupero per i medici sono stati stupefacenti. Le cure potranno quindi questa estate essere continuate nella casa di Mesagne, anche se ci vorranno numerosi altri interventi e ancora mesi o anni di calvario per tornare la ragazza di prima. Veronica, che a Pisa è sempre stata affiancata dai genitori e dalla sorella Vanessa (anche lei ferita nell’attentato, ma in modo meno grave), ha avuto ustioni serie sul 60% del corpo, ma si stanno lentamente rimarginando le ferite profonde al torace e all’addome e si sono ricomposte le numerose fratture riscontrate. Dovrà subire altri interventi nei prossimi mesi, e poi avrà bisogno ancora più delle altre ragazze di successive ricostruzioni della cute da parte di chirurghi plastici.
La seconda buona notizia arriva invece dal tribunale del Riesame di Lecce, ed era attesa. Sono state respinte tutte le richieste presentate dalla difesa del folle attentatore, Giovanni Vantaggiato. Il suo legale, Franco Orlando, aveva chiesto l’attenuazione della misura di custodia cautelare in carcere, valutando quella domiciliare. E in secondo luogo chiedeva al riesame di escludere la finalità terroristica dell’attentato, insistendo su un particolare che sembra avere accertato la procura della Repubblica: il telecomando in mano a Vantaggiato era difettoso, lui aveva già provato a premerlo inutilmente quattro minuti prima dell’arrivo della povera Melissa e delle sue compagne. Entrambe le richieste sono state respinte in pochissimi minuti di udienza.
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