mercoledì 16 febbraio 2011

Omicidio di Pierluigi Torregiani 16 Febbraio 1979


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Pierluigi Torregiani (1936 Milano, 16 febbraio 1979) è stato ungioielliere italiano, ucciso a Milano in un agguato punitivo da parte di membri del gruppo terroristico di sinistra Proletari Armati per il Comunismo (PAC).

L'antefatto e l'omicidio

La sera del 22 gennaio 1979, di ritorno da una esposizione di gioielli presso una TV privata, accompagnato da familiari e amici, Pierluigi Torregiani stava cenando in una pizzeria di viaMarcello Malpighi, quando entrarono dei malviventi che tentarono di rapinarlo dei gioielli che aveva con sé. Torregiani ed uno dei suoi accompagnatori, anch'esso armato, reagirono alle minacce: ne seguì una sparatoria che causò la morte di uno dei rapinatori, di un avventore, oltre ad alcuni feriti, tra i quali lo stesso Torregiani[1]. In seguito, il gioielliere subì diverse minacce.

Il 16 febbraio, mentre stava aprendo il negozio assieme alla figlia e al figlio, fu vittima di un agguato da parte di un gruppo di fuoco costituito di tre persone dei Proletari Armati per il Comunismo che volevano vendicare la morte del bandito morto nella precedente rapina al ristorante. Ancora una volta Torregiani tentò di reagire, ma venne colpito dalle pallottole del commando non appena estratta la pistola, dalla quale partì lo sparo che raggiunse il figlio quindicenne allacolonna vertebrale, rendendolo paraplegico[2]. Torregiani venne finito con un colpo alla testa.

Nello stesso giorno i Proletari Armati per il Comunismo assassinarono a Santa Maria di Sala (VE) il macellaio Lino Sabbadin.

Iter giudiziario

Gli assassini, membri del gruppo terroristico Proletari Armati per il Comunismo furono individuati e condannati. Alcuni di essi furono arrestati ma evasero prima della condanna e fuggirono all'estero dove vissero a lungo in clandestinità nonostante i mandati di cattura internazionali.[senza fonte...]

Come mandante dell'omicidio fu condannato Cesare Battisti che, detenuto nel carcere di Frosinone<..., riuscì ad evadere e fuggire aPuerto Escondido, riparando poi in Francia. Dopo molti anni passati in libertà, in parte come latitante, in parte a piede libero a causa delladottrina Mitterrand, nel 2007 Battisti viene arrestato in Brasile dove, il 13 gennaio 2009, gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato politico.

Interventi e appelli

La latitanza dei condannati, ed in particolare di Cesare Battisti, è stata ripetutamente oggetto di interesse dell'opinione pubblica e degli organi di informazione. Varie personalità del mondo della cultura hanno sottoscritto un appello contro l'estradizione di Cesare Battisti[3] , nel frattempo diventato un romanziere di successo. Viceversa, il figlio della vittima e l'Associazione Italiana vittime del terrorismo hanno stigmatizzato la lentezza della Stato Italiano nel rendere giustizia alle vittime.[4]

Note

  1. ^ Aldo Cazzullo, Corriere della Sera del 4 ottobre 2006

  2. ^ Marco Immarisio, Corriere della Sera del 5 marzo 2004

  3. ^ Articolo Corriere della Sera

  4. ^ Articolo su Cesare Battisti, a cura dell'Associazione Italiana Vittime del Terrorismo

Bibliografia

La vicenda è ricordata in un libro scritto dal figlio della vittima:

  • Alberto Torregiani e Stefano Rabozzi, Ero in guerra e non lo sapevo, Agar Edizioni. Prefazione di Toni Capuozzo.

Voci correlate

Collegamenti esterni

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