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domenica 3 marzo 2013

Crisi: Barcellona in fiamme, nuova manifestazione degli studenti


2 marzo 2013 - Spagna - Gli studenti universitari di Barcellona hanno manifesto contro la crisi che sta devastando il paese.La manifestazione in seguito e' degenerata con scontri con le forze dell'ordine, sono stati incendiati cassonetti lungo le strade.
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Fonte: http://terrarealtime.blogspot.it/2013/03/crisi-barcellona-in-fiamme-nuova.html

venerdì 10 agosto 2012

Spagna, sanità pubblica a pagamento per gli immigrati irregolari


Ospedale Vall d'Hebron di Barcellona

Il governo Rajoy garantisce l’assistenza solo agli stranieri senza documenti che potranno pagare da un minimo di 710, 40 euro l’anno fino a un massimo 1.864, 80. Esclusi i minori, le donne incinte e i casi di emergenza

di Cristina Artoni

In Spagna la sanità pubblica si prepara a essere un miraggio per gli immigrati irregolari. Il governo Rajoy ha infatti deciso di garantire l’assistenza agli stranieri senza documenti, con meno di 65 anni, che verseranno 710, 40 euro all’anno, pari a 52,20 al mese. Per chi supera i 65 anni il costo aumenta a 1.864, 80 euro per 12 mesi, cioè 155 ogni 30 giorni. Da questa misura vengono esclusi solo i casi di emergenza che verranno assistiti ai pronto soccorso.
Il governo spagnolo, preso dalla foga di  tagliare ha giustificato la misura: “Il Paese deve smettere di essere il paradiso dell’immigrazione illegale – ha dichiarato Rafael Hernando, portavoce aggiunto del partito popolare al Congresso – quindi chi si trova in situazione irregolare deve tornare al proprio paese. Qui si deve entrare legalmente. E’ una riflessione di carattere generale ma che deve concretizzarsi”. Il ministero della Sanità prevede di risparmiare circa 1.500 milioni di euro con questa nuova decisione.

Il decreto che riguarda i “sin papeles” è una proposta che si aggiunge alle decisioni assunte dal governo Rajoy lo scorso aprile. Non è possibile calcolare con certezza quante personea andrà a colpire dalla sua introduzione a partire da settembre. In Spagna secondo alcune inchieste sarebbero 150.000 i migranti in situazione irregolare, di cui circa il 15% minori. Per questi ultimi e per le donne incinte la sanità è comunque garantita. Per il resto dei migranti si apre un nuovo capitolo nell’odissea per ottenere i diritti base di qualsiasi cittadino.
Le comunità di Andalusia, Paesi Baschi e Catalogna hanno duramente criticato il decreto, dopo che si erano rifiutati all’inizio dell’estate di chiudere le porte dei centri di salute agli immigrati. Dal mondo politico le critiche dell’opposizione sono arrivate puntuali, ma non vi sono margini per fermare la misura, che già prevede che entro il 31 agosto vengano ritirate le tessere sanitarie ai “sin papeles”.
Il partito socialista, tramite il portavoce alla sanità, José Martinez Olmos ha messo in dubbio la legalità del decreto: “Prima di tutto non vedo come verranno versati i pagamenti per le convenzioni, da persone irregolari a degli enti ufficiali. Inoltre anche coloro che pagheranno, non verranno coperti per malattie come il diabete che richiedono dei lunghi trattamenti”.
Per il portavoce di Izquierda Unida nella commissione Sanità, Gaspar Llamazares “il prezzo imposto dal governo per i migranti rappresenta la concezione che ha il partito popolare degli stranieri, oltre a concretizzare il concetto che la sanità non è un diritto ma una fonte lucrativa”.
Proteste ancora più accese arrivano dai professionisti del settore, che hanno subissato il governo di critiche. Per il presidente della Società spagnola di medicina (Semfyc), Josep Basora la proposta è profondamente ingiusta: “Non me la spiego né dal punto di vista etico né sanitario. Queste persone non hanno i soldi per poter affrontare questi costi. Noi che li curiamo ogni giorno lo sappiamo molto bene. Stiamo parlando di esclusi, che non hanno ricorsi e che non hanno un permesso di residenza legale”.
Secondo molti medici il governo Rajoy punta con questa misura a far emergere l’economia sommersa. “Se così fosse aggiunge Basora – stiamo parlando di persone che cercano ogni giorno di sopravvivere, tra l’altro grazie anche al sostegno e agli aiuti delle organizzazioni umanitarie”. I medici e il resto dei lavoratori della sanità stanno respingendo il nuovo decreto del governo e in moltissimi si definisco obiettori. Per raccogliere le adesioni è stato aperto un sito web che sotto lo slogan “curiamo persone senza assicurazione” ha raccolto tra i medici fino ad ora oltre 900 adesioni.


fonte: Il Fatto Quotidiano

lunedì 6 agosto 2012

Assurdo: Gli aiuti dell’UE alla Spagna serviranno a pagare gli stipendi dei calciatori

Ecco che fine faranno parte dei 20 miliardi che l'Italia ha prestato alla Spagna per salvare le BANCHE spagnole: tra l'altro si tratta di un prestito a rimessa, visto che per ottenere quei soldi l'Italia emette titoli sui quali corrisponde un interesse del 6% mentre dalla Spagna riceve un interesse del 3%, mentre i tedeschi ci guadagnano visto che anche loro percepiscono dalla Spagna il 3% di interessi ma pagano un tasso dell'1% realizzando un guadagno netto del 2%

Di Germano Milite

Non è uno scherzo e nemmeno una semplificazione populista. Della vicenda, assurda, ne ha parlato anche Il Fatto Quotidiano con questo articolo. In sintesi, la Spagna ha 5 miliardi di debiti da dover onorare a causa delle spese folli di società come Real Madrid, Barcellona, Valencia e di altre compagini minori dalla Liga alla terza serie.

Prestiti, ricapitalizzazioni, coperture di ammanchi, crediti tossici di ogni tipo. 4 dei miliardi di debiti, sono infatti stati contratti con banche come la grande Bankia (fusione di sette diversi istituti di credito che da anni permette ai giocatori di ottenere compensi fuori da ogni logica). Al di la del facile scandalo e del sacrosanto senso di indignazione, c’è una domanda secca: come mai, per le società di calcio, non valgono le stesse regole vigenti per la maggioranza delle altre aziende? Un quotidiano, giusto per fare un esempio, potrebbe mai chiedere un prestito da 10.000 milioni di euro con interesse simbolico per poter pagare 6 milioni di euro l’anno l’onorario di Marco Travaglio? E potrebbe farlo per più anni di seguito?
E’ accettabile il “salvataggio” dello stipendio milionario di Cristiano Ronaldo affiancato ai tagli feroci imposti dalle politiche di austerity? Perché 100 famiglie possono “fallire” ed il Real Madrid no? Che poi non si chiede, in maniera forcaiola, di cancellare la storica compagine della capitale ma, semplicemente, in tempi di crisi ed in maniera non definitiva, di rivedere al ribasso stipendi esorbitanti ed a quanto pare insostenibili per chi li eroga. Semplicemente: il sistema non regge le follie delle società calcistiche. E’ un dato di fatto inconfutabile, non un’opinione o una lettura economica sulla quale discutere. Come mai un operaio può passare da 1500 euro a 1200 o essere licenziato e Xavi non può vedersi sospeso lo stipendio per 6 mesi insieme ai suoi compagni? Qualcuno, banalmente, dirà: “Perché l’operaio, nel mercato odierno, vale 1200 euro ed il calciatore 200.000”. Errore marchiano e frutto di un’ delirio d’autosufficienza tipico dei milionari prepotenti che si dimenticano perché sono diventati tali. Se quell’operaio non avrà soldi per andare allo Stadio o per comprare un abbonamento in pay per view, come verrà garantito l’esorbitante onorario di Cristiano Ronaldo e company? Chi accontenterà i capricci di Ibrahimovic?
Ergo, il rosicamento verso i ricchi, non c’entra nulla. E’ questione di buon senso e di decenza. Non si chiede ad Iniesta o a Pedro di devolvere in beneficenza i propri beni. Si chiede solo di non aiutare per l’ennesima volta i milionari, scaricando i sacrifici sempre e solo sulla base. E lo si chiede per una questione di logica e di sopravvivenza stesso del sistema che conosciamo. La corda è stata tirata troppo e, sebbene sia molto robusta, prima o poi si spezzerà. Quattro miliardi che andranno indirettamente anche a chi già vive di superfluo, sono intollerabili. Se gli Spagnoli non faranno nulla dopo questa notizia, allora probabilmente meriteranno il default.
Moriranno di fame e non avranno un futuro dignitoso, ma almeno potranno esultare ad una finta di Messi

fonte - tratto da terrarealtime

giovedì 7 giugno 2012

Se gli stipendi milionari di Messi, Ronaldo e Mourinho li paghiamo noi europei...


Bankia, la banca spagnola che finanzia i debiti della Liga e che rischiava di affondare, verrà salvata. Come? Con i soldi dei contribuenti dell'Eurozona

Cristiano Ronaldo

sabato 31 marzo 2012

Per fare affari con gli emiri il Real Madrid toglie la croce


Il club ha iniziato i lavori per un mega resort negli Emirati Arabi E per evitare malumori tra i musulmani cancella il simbolo cristiano

Non c’è più religione è una di quelle frasi comode che, nel football, non hanno più valore. Chiedete a quelli del Real Madrid, nella persona di Florentino Perez, il presidente padrone.
Lo stemma del Real senza croce
Lo stemma del Real senza croce
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Il club delle merengues ha avviato i lavori per un lussuoso resort a Ras Al Khaimah, una delle magnifiche sette isole che formano gli Emirati Arabi; l’inaugurazione della struttura, che comprenderà alberghi, ristoranti, campi di football aperti sul mare e altri impianti per discipline sportive, un museo calcistico del club, numerose sale cinematografiche, è prevista per il duemila e quindici, salvo contrattempi e casi diplomatici. La prima pietra, come si usa per cerimoniale, è stata già posta, presente, tra gli altri, Zinedine Zidane, di religione musulmana. Non è un dato marginale. Anzi.
La giunta direttiva del Real Madrid, ricevuta una relazione «storico-ambientale» ha già anticipato eventuali problemi: ha infatti deciso di togliere dallo stemma della società la croce che sovrasta la corona. L'autorizzazione ad aggiungere il simbolo religioso sull'insegna regale del club venne concessa nel millenovecentoventi dal re Alfonso XIII.
Ai cittadini dell'isola e dintorni il particolare storico non interessa, anzi risulta fastidioso, quasi provocatorio. La croce potrebbe creare malumori tra i fedeli musulmani, il simbolo degli infedeli deve restare fuori dai campo di calcio, i grandi club europei portano interesse e popolarità in un mondo ancora chiuso ma che sta cercando proprio nel football una visibilità anche sontuosa, gli investitori supermilionari del Qatar, nel campionato inglese, francese, spagnolo, sono la conferma più evidente del fenomeno che si sta allargando in ogni zona del vecchio continente, fatta eccezione per l’Italia, forse proprio per motivi religiosi.
Il progetto del Real Madrid, che conta oltre centocinquanta milioni di tifosi in tutto il mondo, prevede un investimento grandioso nella terra degli emiri con ritorni finanziari altrettanto consistenti, va da sé che qualunque dettaglio che possa disturbare i rapporti commerciali e politici tra il club e le autorità degli Emirati Arabi Uniti debba essere evitato e cancellato in partenza.
Anche il Barcellona, in occasione di una finale nel torneo di Abu Dhabi, ha dovuto togliere dallo scudo, che ne rappresenta lo stemma, la croce di San Jordi. Non so se anche ai calciatori e agli allenatori verrà proibito il segno della croce prima del fischio di inizio della partita, così come eventuali tatuaggi che ricordino Cristo e la sua Passione, collane, ciondoli e monili vari raffiguranti personaggi delle Sacre Scritture o, addirittura, chiedere a Cristiano Ronaldo di cambiare il nome in Musulman Ronaldo.
Di certo la scelta diplomatica del Real Madrid potrebbe provocare reazioni tra i tifosi madridisti, già scatenati sui social network, denunciando il declino occidentale, l’inchino alle imposizioni non di mercato ma di potere religioso.
Il Real Madrid è un club più vicino alla religione cattolica rispetto ai rivali del Barcellona. Secondo una indagine svolta da Metroscopia, infatti, il 30 per cento dei tifosi del Real si dichiara cattolico praticante contro il 14 dei catalani, mentre soltanto il 9 per cento dei madridisti si dice ateo o non credente contro il 26 per cento della popolazione "blaugrana". Ma gli affari sono affari, soprattutto se i dollari arrivano dagli emiri che hanno culto e riti diversi.
Il Real Madrid conserva la corona ma rinuncia alla croce. Un sacrificio che vale più di trenta denari.