Antonio Paradiso è un imprenditore molto conosciuto nel suo paese, Palazzo San Gervasio, comune lucano in provincia di Potenza. E di quel comune è anche assessore all’immigrazione (oltre che alle attività produttive), eletto in una lista civica di emanazione del Pd.
Oggi i giornali parlano di lei, per la verità in maniera piuttosto blanda, perché è stato arrestato con l’accusa di aver torturato un romeno e rischia trent’anni di carcere.
Un reato piuttosto clamoroso, considerando anche la carica amministrativa che ricopre, e non osiamo pensare a cosa sarebbe accaduto se l’assessore in questione fosse stato eletto in quota Lega Nord o altri partiti considerati “razzisti”: probabilmente le prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali si sarebbero dimenticate per un giorno di Mario Monti, degli scandali regionali, delle elezioni che incombono tra crisi economica e spauracchio delle spread e avrebbero ospitato titoli ad otto colonne sul pericolo xenofobia portato dalla destra italiana.
Invece no: un assessore all’immigrazione, nientemeno, viene arrestato assieme a un complice per torture ad un immigrato ma nessun editorialista sente il dovere di condannare l’episodio.
La vittima si chiama Cornel Chiriac (omonimo del giornalista e speaker radiofonico morto nel 1975), romeno senza stabile occupazione ma residente da tempo a Palazzo San Gervasio e per un certo periodo dipendente dell’azienda gestita da Antonio Paradiso. Il fattaccio risale allo scorso 26 agosto, secondo la ricostruzione pubblicata sul quotidianodellabasilicata ”nel pomeriggio del 26 agosto il primo (Antonio Paradiso n.d.r.) si sarebbe attivato per cercare di capire che fine avesse fatto il suo trattore, un mezzo nemmeno troppo costoso comprato 7/8 anni fa per meno di 40mila euro. Per questo avrebbe chiamato il secondo (Franco Grieco n.d.r), (…), e assieme si sarebbero convinti che fosse stato il rumeno (…).
Per tendergli un tranello avrebbero convocato un suo amico e connazionale, costringendolo con schiaffi e pugni a chiamare la loro vittima predestina e a dargli appuntamento in un punto preciso. Lì si sarebbero fatti trovare in macchina tutti e tre: l’amico, Paradiso e Grieco, che non appena ha visto Chiriac l’ha afferrato per un braccio infilandolo nell’abitacolo. Poi sono ripartiti in fretta e furia e le portiere si sono chiuse.
Lungo il tragitto sarebbero iniziate le violenze. Paradiso che era al volante gli avrebbe dato almeno una gomitata mentre Grieco lo picchiava sulla testa dal sedile di dietro e gli chiedeva se avesse già dato «l’ultimo bacio» a sua moglie perché stavano per ammazzarlo e farlo sparire per sempre dalla circolazione. Da lui volevano la confessione del furto del trattore e non sembravano disposti a sentire le sue ragioni, quelle di uno che si diceva estraneo all’accaduto.
Una volta arrivati in contrada Castellani dove c’è l’azienda agricola di Paradiso l’orrore si sarebbe compiuto. L’assessore e il suo complice sono accusati di essersi accaniti su Chiriac con calci pugni e sprangate sulle gambe fin quando Paradiso, dopo avergli chiesto se aveva rivelato a qualcuno del trattore presente in azienda, gli avrebbe avvolto al collo una catena appesa alla carrucola sul soffitto e avrebbe tirato lui stesso sollevandolo di peso. (…)
Inutile chiedere pietà. Inutile chiedere persino un bicchiere d’acqua. A questa richiesta Paradiso gli avrebbe risposto di leccarsi il labbro spaccato e bersi il sangue come il vampiro suo connazionale.
L’amico che era rimasto con loro per tutto il tempo avrebbe cercato di intervenire ma sarebbe stato minacciato a sua volta. Tutto sarebbe andato avanti almeno per un’oretta, poi i due rumeni sarebbero stati accompagnati indietro. Non prima, però, di essere stati avvertiti che se avessero raccontato a qualcuno quello che era successo non sarebbero «spariti» loro soltanto. Ma anche i fratelli, le mogli, i genitori in Romania. Per non creare equivoci sulle sue intenzioni Paradiso quel giorno stesso sarebbe andato anche a casa di Chiriac, poco prima che arrivasse l’ambulanza del 118.
Il giorno dopo invece, una volta tornato in sé, l’assessore e stimato imprenditore di Palazzo si sarebbe presentato a denunciare il furto del trattore. I militari a quel punto già sapevano cosa poteva essere successo, ed erano già a caccia dei riscontri necessari per verificarlo. Proprio le indagini partite dalla denuncia di Paradiso avrebbero offerto l’occasione per trovare gli elementi necessari che inchiodarlo alle sue responsabilità, e a quel pomeriggio di ordinaria follia da incensurato”.
Che dire, un altro elemento da aggiungere nei fortunatissimi manifesti “Ti presento i miei” che hanno caratterizzato l’ultimo notevole tentativo di campagna elettorale del Pd.